Nel 2019 la percentuale di italiani che soffriva di
problemi di salute tali da non poter svolgere in autonomia le attività abituali era pari al il
5,2% (dati ISTAT). Una condizione che riguarda dunque
un italiano su 18 circa. Per una fetta certamente minoritaria ma non trascurabile dei cittadini italiani, il godimento dei normali diritti di cittadinanza, passa dunque attraverso le
politiche di sostegno, secondo il dettato del terzo articolo della Costituzione, in cui si sancisce l’obbligo, da parte della Repubblica, di mettere in campo tutte le misure necessarie a rendere effettive le condizioni di uguaglianza tra gli esseri umani.
Abbattere le barriere per la piena inclusione
Tra le misure necessarie per la piena inclusione c'è l'abbattimento delle barriere architettoniche
Nel 2006 le Nazioni unite hanno inoltre adottato la
Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, un documento basilare che contiene al suo interno diverse clausole legate al godimento dei diritti. Gli Stati che l’hanno ratificata si impegnano a “garantire e promuovere la
piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte le persone con disabilità senza discriminazioni di alcun tipo sulla base della disabilità”. Per rendere effettive queste disposizioni, così come quelle sancite dalla Costituzione italiana, sono necessarie tuttavia
politiche specifiche che rendano concreti i principi solennemente enunciati. Nel caso specifico, si va dalla riduzione delle
barriere architettoniche fisiche alla
formazione professionale e all’
inserimento lavorativo. Interventi che necessitano di un impegno finanziario da parte delle istituzioni. Ma quanto spende lo Stato italiano per sostenere le persone con disabilità?
Il welfare dei comuni
Nel 2018 i
comuni italiani hanno speso in tutto circa 7,5 miliardi di euro per la gestione del welfare nelle loro aree di competenza. I costi per gli interventi legati alla disabilità figurano al secondo posto tra i capitoli del bilancio -subito dopo la spesa per le famiglie e i minori (38%)- ed ammontano al il 26,8% delle uscite totali, ovvero circa a
2 miliardi di euro.
Nelle spese dei comuni e delle amministrazioni rientrano anche quelle per l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità
Secondo i calcoli forniti dalla fondazione Open Polis, “Sono i comuni sardi quelli in cui la spesa risulta più rilevante (45,7%), seguono quelli abruzzesi (35,7%) e quelli lombardi (31,8%)”. La percentuale si abbassa invece al nord: Emilia-Romagna (19,6%), provincia autonoma di Bolzano (18,3%), Valle d'Aosta (addirittura 0,4%). In nove regioni su venti il valore calcolato supera la media nazionale (oltre alla Sardegna, sono Sicilia, Campania, Basilicata, Abbruzzo, Marche, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia). Nel complesso i comuni italiani spendono in media
12,3 euro pro capite per l'inclusione sociale delle persone con disabilità. Anche in questa classifica primeggiano le amministrazioni sarde con 13,4 euro pro capite. Seguono quelle friulane (16,7) e quelle marchigiane (15,8). Fanalini di coda i comuni piemontesi (2,2 euro pro capite), quelli della Valle d'Aosta (0,9) e della provincia autonoma di Bolzano (0,4). D'altro canto, non è un caso che gli enti locali sardi siano quelli in cui in media l'incidenza delle spese per interventi per persone disabili è più ampia mentre quelli della provincia autonoma di Bolzano e della Valle d'Aosta siano quelli in cui è minore.
La spesa delle grandi città
Tra le città con più di 200mila abitanti,
Trieste è di gran lunga quella che
spende di più per l'ambito legato alla disabilità (113,43 euro pro capite), al punto tale che la seconda in classifica, il comune di Venezia, presenta un valore pari all'incirca alla metà di quello di Trieste (57,07 euro pro capite). Sempre considerando le città più popolose, le due amministrazioni che
spendono di meno sono Genova (6,6 euro pro capite) e
Bari (1,28). I primi cinque comuni considerati nell'analisi sono tutti situati nel nord, tre di questi sono capoluoghi veneti. Va detto tuttavia che non sono disponibili i dati di Napoli, Palermo, Catania e Messina perché alla data di pubblicazione dell’analisi fatta da Open Polis non risultano accessibili i rispettivi bilanci consuntivi 2020.
È necessaria anche la formazione professionale di questi soggetti
Il comune di Trieste ha dimostrato anche una certa solidità nella spesa per questo settore, oltre ad aver registrato molte più uscite rispetto alle altre città considerate. Padova, invece, è la città che ha segnato una variazione più ampia tra il 2016 e il 2020, con un aumento del 21,2%. Invece l'amministrazione che ha riportato per lo stesso periodo la diminuzione di spesa maggiore è Milano (-18,85%). Anche Venezia e Verona hanno registrato uscite inferiori, rispettivamente il 5,18% e il 16,52% in meno. Infine, più in generale, se si considerano tutte le amministrazioni italiane, il primato della spesa spetta indiscutibilmente alla
Sardegna: prendendo infatti in esame i primi 30 comuni, 27 sono per l'appunto sardi, così come si trovano sull'isola proprio i primi due, che riportano un valore superiore ai 1.000 euro pro capite, Villa Verde (Oristano, 1089,18 euro pro capite) e Villa San Pietro (Cagliari, 1020,5).