Il lavoro dei migranti è una risorsa. Non solo. È necessaria per il mantenimento del sistema economico e pensionistico del Paese. Da qui l’importanza di un’integrazione che sia degna di essere chiamata tale. Questo in estrema sintesi il concetto emerso durante l’ultima giornata della, molto partecipata, terza edizione del Festival di Oxfam a Firenze, quando il dibattito si è spostato sui temi dell’immigrazione in un confronto che ha coinvolto Lucia Aleotti, vice-presidente del Centro Studi di Confindustria e l’economista Tito Boeri, che hanno riflettuto sul contributo del lavoro migrante all’economia e al welfare del nostro paese.
“Il fabbisogno delle imprese, insoddisfatto, si lega a due temi - spiega Aleotti - al livello qualitativo di personale formato su cui Confindustria sta spingendo, attraverso partnership ad esempio in Africa, per permettere ai giovani di frequentare corsi professionalizzanti, conoscere l’italiano e trovare poi collocazione nelle nostre imprese. L’altro elemento è la crescita del Pil. Che si fa con la mobilitazione dei giovani, delle donne, dei lavoratori comunitari e con la flessibilità degli ingressi fuori quota, previsti dal decreto Cutro, per semplificare l’ingresso a lavoratori formati all’estero. Per invertire l’attuale difficoltà di reperimento di lavoratori, dobbiamo riuscire a coinvolgere una parte di lavoratori inattivi, che oggi non cercano, e ricevere lavoratori stranieri con qualifiche. Questo aspetto - continua Aleotti - si scontra spesso col tema degli affitti. Se l’affitto supera il 25-30% della retribuzione non è più sostenibile e oggi ci sono aree, molto industrializzate e/o turistiche, in cui siamo arrivati al 60-70%”.
Una questione che soprattutto i giovani conoscono molto bene. Come risolverla? “Nel breve termine - sempre Aleotti - chiediamo che il benefit che l’azienda decide di dare al lavoratore per sostenerlo con l’affitto, non sia tassato. Nel medio termine, veicolare fondi specializzati alla riqualificazione di una parte immobiliare inutilizzata, per poter creare delle case utili proprio a questo scopo”. Quindi regolarizzare e incentivare il lavoro migrante qualificato, che vada ad accontentare un mercato evidentemente insoddisfatto.
Dopotutto, che i migranti rubino il lavoro è, si spera, uno stereotipo ormai superato. Permangono, tuttavia, quelli legati alla criminalità e al pagamento delle tasse. Come prima cosa, secondo Boeri, andrebbe migliorata questa percezione. “Bisogna che nell’opinione pubblica si rafforzino alcune consapevolezze. La prima riguarda l’andamento demografico: il calo della natalità è appurato, ma si pensa che sia un processo reversibile con le politiche adatte. In realtà non è così, se diminuisce la popolazione diminuiscono anche le donne in età fertile. Altra consapevolezza è che se diminuiscono i giovani, si riduce la forza lavoro, quindi la ricchezza e il reddito. Ci impoveriamo. In ultimo – conclude l’ex presidente dell’Inps – è necessario capire come funziona il nostro sistema pensionistico. Sono gli attuali lavoratori che pagano le pensioni ai pensionati, con l’idea che in futuro avranno lo stesso trattamento. Ma se diminuiscono i primi e aumentano i secondi, il sistema non regge. E il problema non è la longevità, ma la forza lavoro che manca. Ecco, se cominciamo a spiegare bene questi concetti, sono convinto che anche la percezione dell’immigrazione cambierà. Permettendoci di invertire il declino demografico e finanziare il nostro sistema pensionistico”.