Lo smart working è un’opzione particolarmente attraente per diverse categorie di lavoratori che hanno difficoltà a spostarsi da casa durante la giornata, per esempio neo genitori, caregiver che devono prendersi cura di un parente o di una persona con grave disabilità, liberi professionisti che non possono permettersi di affittare un ufficio.
Ma non solo: lavorare da casa permette la riduzione dei tempi e dei costi di trasferimento, il miglioramento del work-life balance, in alcuni casi (a detta degli esperti) l’aumento della motivazione e della soddisfazione.
A rimetterci però, indubbiamente, è il contatto umano, il senso di cameratismo, le famose quattro chiacchiere davanti alla macchinetta del caffè che ci permettono di svagarci un poco e di guardare negli occhi i nostri colleghi.
Pro e contro, insomma, di cui si è spesso parlato in questi ultimi quattro anni, da quando il Covid ha sconvolto le vite di tutti e portato buona parte della popolazione mondiale ad imparare a lavorare da casa, pur di portare avanti la propria attività professionale mantenendo la dovuta condizione di isolamento.
Nel 2024 lo smartworking non è più un obbligo, come il Covid 19 non è più quella minaccia letale da cui dovevamo per forza difenderci. Eppure, come si diceva, ora che abbiamo imparato a conoscere i vantaggi del lavoro da casa, sono in molti i professionisti che non hanno voglia di rinunciarvi, così pure le amministrazioni aziendali.
Ma quali sono le norme che regolano lo smart working in Italia? Lo abbiamo chiesto a Francesco La Badessa, avvocato giuslavorista dello Studio Ichino Brugnatelli: “Attualmente, lo smart working è regolato da diverse normative. La principale è la Legge n. 81 del 2017, che ha introdotto il concetto di ‘lavoro agile’. Durante la pandemia, il Decreto Legge n. 34 del 2020 ha semplificato le procedure per l’adozione dello smartworking. Da ultimo, la Legge n. 61 del 2023, ha prorogato temporaneamente alcune misure emergenziali. Inoltre, molti accordi aziendali e collettivi hanno definito ulteriormente le modalità di applicazione del lavoro agile”.
Quali sono a suo parere le criticità e i benefici dello smartworking nel rapporto fiduciario tra azienda e dipendente, specialmente in Italia? “Le criticità derivano principalmente da una cultura del controllo e dalla difficoltà di comunicazione a distanza, che possono minare la fiducia. Tuttavia, lo smartworking offre anche benefici significativi, come maggiore autonomia, flessibilità e innovazione nelle pratiche manageriali, che possono rafforzare il rapporto fiduciario. In Italia, dove le relazioni personali sono fondamentali, bilanciare queste dinamiche è cruciale.”
Qual è invece la situazione nel resto d’Europa? “Diciamo che l’adozione dello smartworking varia da Paese a Paese. Germania e Paesi Bassi, per esempio, hanno normative più consolidate e flessibili, mentre altri hanno introdotto regolamentazioni più di recente. Le criticità e i benefici sono simili a quelli italiani, ma le diverse culture lavorative influenzano il modo in cui lo smartworking viene percepito e applicato.”
A quattro anni dalla pandemia, come si è evoluto lo smartworking in Italia? “Diciamo che ha subito una notevole trasformazione, peraltro tutt’ora in atto. Inizialmente adottato come misura emergenziale è poi diventato, nel biennio 22-23, pratica consolidata in molte aziende. Si è passati improvvisamente da una situazione in cui era limitato a poche realtà, a una sua diffusione massiccia, con molti datori di lavoro che hanno integrato modelli di ibridi alternando giorni in ufficio e giorni di lavoro da remoto. Poi, nel 2024, qualcosa è cambiato di nuovo…”
In che senso? Quali esigenze specifiche avete recentemente osservato nelle aziende che assistete e nei loro dipendenti? “Le aziende richiedono più presenza fisica, nel rispetto comunque di una flessibilità operativa, digitalizzazione sicura e nuovi metodi di gestione e monitoraggio delle performance. Al contempo, cercano anche di mantenere la cultura aziendale e di promuovere il coinvolgimento dei dipendenti. D’altra parte, i lavoratori chiedono flessibilità, supporto tecnologico adeguato, chiarezza nelle aspettative e un appropriato work/life balance, inclusa la salvaguardia del diritto alla disconnessione.”
È quindi auspicabile un aggiornamento normativo per lo smartworking? “Assolutamente sì. Le modalità di lavoro si sono evolute rapidamente e le normative devono riflettere questi cambiamenti, garantendo flessibilità e tutela dei diritti dei lavoratori. Un aggiornamento normativo è necessario per garantire ancora più spazio di manovra alle parti sociali e, soprattutto, alla contrattazione aziendale, unico strumento effettivamente in grado di recepire correttamente le esigenze di entrambe le parti contraenti di un rapporto di lavoro.”