Francia, a Grenoble si può indossare il burkini. Si riapre il dibattito sulla laicità dello Stato

di MARIANNA GRAZI
17 maggio 2022

Burkini piscine Grenoble

Non si placa, in Francia, la questione del velo islamico e degli altri abiti tradizionali indossati dalle donne musulmane, ma soprattutto del rapporto tra libertà personale e laicità dello Stato. Questa volta a far discutere è la decisione dell'amministrazione di Grenoble di consentire l'uso del burkini, ossia il costume intero pensato che lascia scoperti solo il volto, le mani e i piedi, nelle piscine pubbliche. Questo indumento, infatti, è proibito in quasi tutti gli impianti nazionali ma lunedì scorso il consiglio comunale della città nel sud-est del Paese ha approvato, se pur con una maggioranza risicata, il provvedimento che ne permette l'utilizzo nelle piscine locali. Una notizia che ha riaperto un dibattito mai sopito sulla questione.

La decisione a Grenoble

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Dopo gli attentati a Nizza, nel 2016, una trentina di comuni francesi hanno vietato alle donne musulmane di indossare il burkini nei luoghi pubblici, comprese le spiagge e le piscine

Se ne discute anche sul giornali nazionali, con molte persone che accusano il Comune di Grenoble di aver tradito l'idea di laicità su cui si basa lo Stato stesso. Tuttavia non esiste - ancora - una legge nazionale che lo vieti, anche se in molte amministrazioni locali (almeno una trentina) era stato vietato a seguito dell'attentato terroristico del 2016 a Nizza. Ma il discorso sul burkini si inserisce in un contesto più generale di norme contro l'utilizzo di simboli che richiamano la fede religiosa, in particolare quella islamica. Nel comune della regione dell’Alvernia-Rodano-Alpi l’iniziativa per permettere di usare questo particolare costume nelle piscine pubbliche è stata presentata da un’associazione di cittadine musulmane che, tre anni fa, ha organizzato manifestazioni e "gesti di disobbedienza civile" contro un divieto definito "discriminatorio nei confronti delle donne musulmane". In seguito anche il sindaco dei Verdi Éric Piolle, a capo di un'ampia coalizione di sinistra, ha appoggiato questa campagna, sostenendo che la proposta non riguardasse specificamente il burqini, bensì quelle che ha definito "restrizioni assurde", come la regola che impone agli uomini di indossare costumi a pantaloncino corti e aderenti. Per questo, con il nuovo provvedimento, passato con appena 29 voti a favore, 27 contro e due astensioni, chi frequenta le piscine pubbliche di Grenoble potrà "indossare ciò che vuole", ha detto Piolle a RMC, ma anche non indossare: alle donne sarà consentito infatti sia indossare il burkini che fare il bagno in topless. Una misura che però lascia scontenti in molti, anche tra gli stessi esponenti del partito dei Verdi.

Le polemiche

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Il consiglio comunale di Grenoble, sud-est della Francia, ha approvato una misura che consente alle donne di indossare il burkini nelle piscine pubbliche della città

Dopo che il Consiglio di Stato ha bocciato i divieti dei circa 30 comuni che nel 2016 avevano vietato l'utilizzo del burkini in spiaggia e nelle piscine, per paura di potenziali nuovi attacchi terroristici di matrice islamica, nel 2019 la città di Rennes, capoluogo della Bretagna, è stata la prima in Francia ad autorizzarne invece l'utilizzo ufficialmente, come quello di qualunque tipo di costume da bagno nelle piscine pubbliche. Il provvedimento che a Grenoble consente, d'ora in poi, alle donne musulmane di indossarlo negli impianti della città è stato però ampiamente contestato: l’ex primo cittadino, Alain Carignon, di centrodestra, ha proposto di organizzare un referendum popolare per rivedere la decisione perché, secondo lui, il consiglio comunale non può 'forzare' un provvedimento su un tema così delicato, mentre il presidente del governo dell’Alvernia-Rodano-Alpi, il conservatore Laurent Wauquiez, ha minacciato di tagliare i fondi alla città, accusando il Comune di violare i principi di laicità dello stato per guadagnare i voti della comunità musulmana. Ma le critiche sono arrivate persino dall'ufficio presidenziale di Emmanuel Macron: una sua portavoce, a Radio J, ha infatti dichiarato che Piolle "non sembra rendersi conto dei danni che sta facendo ai nostri valori repubblicani" e che con questo provvedimento sta "assecondando idee politiche basate sulla religione".

Ragioni di sicurezza e ideologiche

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In Francia una serie di leggi vietano di esporre simboli religiosi pubblicamente. In particolare è molto acceso il dibattito sul velo islamico indossato dalle donne

La Francia, come detto, è un Paese fortemente laico e negli anni sono state adottate tutta una serie di leggi per 'limitare' l'uso di particolari indumenti indossati per motivi religiosi. Alcuni di essi, come l'hijab o il burqa, sono stati oggetto di moltissime discussioni in merito in particolare alle questioni di sicurezza legate agli attentati terroristici di ispirazione islamista che hanno colpito in più occasioni la nazione transalpina. Dal 2010, ad esempio, il governo ha vietato l’uso in pubblico di veli che coprano il viso, come per esempio il niqab, che lascia scoperti sono gli occhi, mentre di recente anche l'hijab sarebbe vietato alle ragazze minorenni in tutti i luoghi pubblici, compresi i centri sportivi. Tuttavia non esiste uno specifico divieto riguardo al burqini, anche se molti francesi lo considerano come un indumento che non rispetta i diritti delle donne, vedendolo esclusivamente come un simbolo religioso anziché come un costume da bagno. E non esiste nemmeno una definizione univoca, tanto che in passato alcune donne sono state allontanate dalle spiagge di Cannes solo perché sotto al classico costume intero indossavano magliette e pantaloni e avevano una cuffia in testa. Quella che professano i puristi francesi è una visione lontana da quella 'sacra' alla repubblica francese delle "Liberté, Égalité, Fraternité", della donna emancipata e libera dalle costrizioni tradizionaliste della fede, che però non tiene conto della cosa più importante: la volontà della donna stessa.