Lavorare si, ma senza stress: "Dicevano che ero sfaticato. E' vero, ma non è un difetto"

Luigi Nigro, dopo aver lavorato per anni come dipendente, ora fa il content creator da Las Palmas: "La vita slow non è per tutti, non è facile da raggiungere"

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI -
22 gennaio 2024
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Le statistiche parlano chiaro: sono sempre di più le persone disposte a mollare tutto pur di vivere una vita serena e libera da ansie e stress. Una fuga da una quotidianità fatta di orari, scadenze, traffico, impegni improrogabili e sempre meno momenti liberi. Chi è alla ricerca della formula magica per smettere di lavorare e vivere su una qualche remota spiaggia bianchissima del globo, però, si astenga dal proseguire nella lettura.

Per vivere bene non serve avere in banca centinaia di migliaia di euro e dedicarsi solo all’ozio. Al contrario, è sufficiente comprendere che la rivoluzione digitale è reale e, con essa, lo è anche la possibilità di lavorare distruggendo gli stereotipi del passato.

L'arte di saper rallentare per ridurre lo stress

L’idea secondo la quale lavorare di più equivale a lavorare meglio, letta con gli occhi del presente, appare grigia e appannata. Una narrazione tossica, portatrice insanissima di stress e malesseri che, accumulati nel tempo, possono contribuire alla comparsa di patologie più o meno gravi.

Una deriva a cui più di qualcuno ha deciso di fare fronte scommettendo sul rallentamento dei ritmi personali a dispetto della frenesia del consumismo e della globalizzazione (anche tecnologica). Tra questa manciata di illuminati c’è Luigi Nigro, giovane professionista del digitale e content creator, che, dopo aver lavorato per anni come dipendente, ha scelto di costruirsi una vita burnout-free e di raccontarla sui suoi canali social.

 
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La storia di un quotidiano in cui non vigono le regole tradizionali del lavoro ma quelle della “Slow life”. L’invito è a rallentare e capire che un’alternativa esiste, anche se non è proprio alla portata di tutte e tutti. C'è un processo dietro. Secondo Luigi Nigro, per vivere bene il lavoro deve essere davvero flessibile e basato sul raggiungimento di obiettivi e non su un cartellino da timbrare. Un modello che spiega online, approfondendo l’importanza di imparare a gestire al meglio il proprio tempo.

Per fare luce su questo punto di osservazione sul mondo (del lavoro e non solo) interessante e contemporaneo, ne abbiamo parlato direttamente con lui, Luigi Nigro.

La vita slow "non è per tutti"

Vivere slow, facile a dirsi, (forse) molto meno a farsi. Quando e perché hai deciso di mollare tutto?

"Chi l’ha detto che deve essere facile a farsi? Se fosse facile da raggiungere, una condizione del genere sarebbe lo standard. La difficoltà di renderla reale rende la “Slow life” una condizione ambita da molti ma vivibile da pochi. In realtà, non esiste un momento in cui ho deciso di “mollare tutto”, anche perché non ho mollato niente, ho semplicemente deciso di fare le cose in modo diverso. Poi, non è che un giorno mi sono svegliato e ho rallentato di botto. Ho iniziato a “frenare” in maniera graduale.

Il punto di svolta è arrivato quando mi sono reso conto che la mia pigrizia non era un difetto ma un punto di forza. Nella vita ho cercato di assecondare la mia natura e ho sempre cercato di fare le cose più faticose col minor sforzo possibile. Per questo, quando lavoravo come operaio, tante volte sono stato accusato di essere uno “sfaticato” da superiori e colleghi. Un atteggiamento giudicante che mi faceva sentire inadeguato tanto da iniziare a disprezzare quella parte di me.

Sfuggire alla mia natura, però, era impossibile. Quindi, dopo l’ennesima ramanzina, ho iniziato a chiedermi se avessero ragione loro. La risposta? Sì, avevano ragione. Ho accettato l’idea di essere uno sfaticato ma non nel senso che intendevano. Ho deciso di non volermi sforzare al solo scopo di essere lodato per la mia dedizione al lavoro. Il concetto è semplice: se esiste un modo più efficiente di fare qualcosa (che sia un lavoro o altro), è giusto approfittarne, si chiama progresso. Il mio è un modo attraverso cui ottenere i medesimi risultati (a volte anche migliori) con la metà dello sforzo.

Il lavoro che svolgo adesso mi porta a vivere periodi dell’anno in cui sono occupato quindici ore al giorno e periodi in cui mi cimento nelle attività professionali solo una. Se qualcuno, ancora oggi, vuole giudicarmi “sfaticato”, si accomodi. Io preferisco definirmi semplicemente “Slow”.

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Luigi Nigro, content creator

L'educazione alla carriera

I lettori di Luce! sono ormai abituati a ragionare sul concetto di "lavoro" stando alla larga da architetture che appartengono al passato. Là fuori, però, c'è un mondo che ancora fa difficoltà a capire che le cose sono cambiate e che non è detto che il lavoro debba essere un luogo né tantomeno un tempo. Quali sono le cause di questa resistenza culturale e quali potrebbero essere gli strumenti per scardinarla?

"Il discorso è complesso, essendo la questione culturalmente radicata. Penso che una delle cause principali di questa dinamica sia l’educazione. Al vertice del sistema di lavoro in cui siamo inseriti ci sono generazioni educate a pane e “lavorismo”, un meccanismo distorto, che promuove la trappola della carriera, del job title, della gavetta. Avete presente l’ormai logoro slogan “I giovani non hanno voglia di lavorare”? Ecco, sto parlando proprio di chi queste parole le pronuncia di frequente.

Una generazione traumatizzata dalla cultura industriale e capitalista che, invece di mettere in discussione il sistema, pretende che i giovani soffrano allo stesso modo. Una mentalità impossibile cambiare. Non ammetteranno mai di sbagliare, neanche a loro stessi. Finché queste generazioni rimarranno alla guida del Paese, le cose non cambieranno. Il ricambio generazionale è indubbiamente una soluzione ma molto può venire anche dai singoli.

Dovessi spiegarlo a un bambino, come descriveresti il tuo lavoro, l'attività che svolgi per vivere?

"È difficile rispondere a questa domanda, richiede uno sforzo creativo notevole. Mi farò aiutare: prenderò la sezione “Chi sono” del mio sito web e la darò in pasto a Chat GPT, chiedendogli di declinare tutto in chiave bambinesca. Ecco il risultato:

“Ciao, caro bambino! Sai, ci sono persone che lavorano nel mondo digitale proprio come faccio io. Mi chiamo Luigi e sono un professionista del digital marketing. Mi occupo di aiutare le aziende e le persone a essere visibili e avere successo su internet. Una delle cose a cui mi dedico è il web design. Creo siti web belli e funzionali per le aziende e i professionisti. Per capire nel concreto cosa faccio, prova a immaginare un sito web come una casa. Io sono l'architetto che lo progetta e lo costruisce per farlo diventare accogliente e interessante agli occhi di chi lo visita. Oltre al web design, mi occupo di content marketing".

Creo contenuti interessanti come articoli, immagini e video che aiutano le aziende a far conoscere i loro prodotti e servizi. E non è finita qua: mi occupo anche di insegnare ad altre persone quello che so fare. Ho tenuto lezioni sul web design e sul content marketing a studenti universitari e a persone interessate. Ho addirittura creato corsi online su argomenti come Instagram e la gestione delle finanze.”

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Luigi Nigro content creator

"Poco tempo per conoscere se stessi"

Affermazione, riconoscimento sociale, status symbol sono retaggi che, ormai da decenni, zavorrano le nostre esistenze. Quanta colpa hanno le istituzioni (a ogni livello) e cosa potrebbero fare per cambiare le cose?

"Potremmo discutere per giorni delle numerose colpe delle istituzioni, ma è bene tenere a mente che la responsabilità resta del singolo. Dare la colpa alle istituzioni non risolverà il problema. La responsabilità di aprire gli occhi, guardarsi dentro e capire che cosa realmente si vuole è in capo ai singoli. Conoscersi rende tutto molto più facile.

Il problema è che oggi nessuno ha davvero il tempo necessario per scoprirsi. Fin da bambini, veniamo educati a inseguire il mito della iper-produttività e dell’overachieving. Per dirla con una metafora particolarmente efficace, è un cane che si morde la coda".

L'Europa è un luogo per lavoratori slow?

"Certo, qualsiasi posto è un luogo per lavoratori slow. Io vivo a Las Palmas di Gran Canaria perché è un posto che mi sta aiutando a rallentare. Nonostante in Italia non me la passassi così male, sentivo ancora il fastidio del condizionamento ambientale e culturale. Ma conosco persone che abitano a Milano e vivono slow, che abitano a Londra e vivono slow, che fanno gli imprenditori e vivono slow, che sono dipendenti e vivono slow. Questo per dire che, anche se l’ambiente in cui vivi ti condiziona, una volta sviluppata la capacità di rallentare, la lentezza diventa parte di te".

Una filosofia, quella di Luigi Nigro, figlia della necessità di ritrovarsi e generatrice di buoni pensieri. Un modello di cui tutte e tutti dovrebbero fare tesoro. Di certo, non un invito a fare i bagagli e fuggire ma a comprendere l’importanza di lavorare meglio per vivere bene. Un tema estremamente politico di cui i decisori, prima o poi e nonostante la personalissima responsabilità degli individui, dovranno farsi carico.