Lavoro, settimana corta: Islanda leader, l'Italia arranca

Meno lavoro, stesso stipendio e stessi benefici. In alcuni paesi è possibile, in altri ancora no

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI -
30 ottobre 2023
jeshoots-com-LtNvQHdKkmw-unsplash

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Quello del rapporto tra tempo libero e tempo lavorato è uno dei temi contemporanei più dibattuti. Sono recenti le statistiche secondo le quali soprattutto i giovani non sono disposti a barattare la propria vita con un lavoro insoddisfacente o troppo “invadente”. Nel mondo  , in molte e molti sembrano aver acquisito una consapevolezza da cui sarà assai difficile tornare indietro: il tempo libero non è tempo perso e per essere felici serve, quando possibile, stare alla larga dai doveri lavorativi.

lavoro-settimana-cortaImpiego VS tempo libero

A prendere alla lettera questo (sanissimo) principio sono stati il Partito Socialista spagnolo guidato da Pedro Sanchez e il movimento politico di sinistra Sumar di Yolanda Diaz. Nell’accordo programmatico per un nuovo governo progressista per la Spagna siglato pochi giorni fa, i due esponenti politici, tra le leve che, nella loro opinione, consentiranno alla Spagna di continuare a crescere in modo sostenibile garantendo posti di lavoro di qualità, oltre a mettere al centro politiche basate sulla giustizia sociale e climatica, l’espansione dei diritti, delle conquiste femministe, delle libertà, hanno scommesso sulla riduzione dell'orario lavorativo senza riduzione del salario. Il concetto è semplice: secondo Sanchez e Diaz, le cittadine e i cittadini per vivere meglio hanno bisogno di guadagnare tempo per vivere.

Meno lavoro, stesso stipendio

Al centro della discussione la settimana lavorativa di quattro giorni, già sperimentata in vari Paesi d’Europa, che vede i dipendenti lavorare quattro giorni alla settimana, ricevere lo stesso stipendio e ottenere gli stessi benefit, rigorosamente a parità di carico di lavoro. Per comprimere le ore pare basti mettere in programma un minor numero di riunioni e lasciare spazio a un impiego più indipendente. I sostenitori della settimana lavorativa di quattro giorni spiegano che, una volta messa a punto, questa soluzione garantisce più produttività e soddisfazione dei lavoratori.

Cosa accade in Europa

lavoro-settimana-corta Ad aver sposato la proposta a oggi sono solo pochi Stati. Lo scorso anno, il Belgio è andato in questa direzione, consentendo ai dipendenti di decidere se lavorare quattro o cinque giorni alla settimana. L’auspicio del primo ministro belga è che questa decisione contribuisca a rendere più flessibile il mercato lavorativo e renda più facile per le persone conciliare vita privata e lavorativa. Su questa strada anche le aziende del Regno Unito che, dopo una prova di sei mesi della settimana lavorativa di quattro giorni, stanno lavorando per renderla permanente. Tra i favorevolissimi anche la Scozia e il Galles. Leader nella settimana lavorativa di quattro giorni è l’Islanda. Tra il 2015 e il 2019, proprio l'Islanda ha messo in atto il più grande progetto pilota al mondo di una settimana lavorativa da 35-36 ore (ridotta rispetto alle tradizionali 40 ore), senza riduzione di retribuzione. A detta dei ricercatori e dei sindacati islandesi si è trattato di un vero successo, tanto da consentire la negoziazione di una riduzione strutturale dell'orario di lavoro. In prima fila tra gli scettici la Svezia: nel 2015, è stata sperimentata una settimana lavorativa di quattro giorni con retribuzione piena e i risultati sembrano non essere stati troppo entusiasmanti. Le critiche, da sinistra a destra, erano relative al dispendio economico che una simile operazione su larga scala avrebbe portato con sé. Nulla di fatto pure in Finlandia. In Germania, la direzione è - timidamente - quella giusta ma la strada sembra ancora lunga.

La situazione nel mondo e in Italia

Oltre i confini europei le cose sembrano mettersi meglio. In Giappone, sono molte le aziende che si stanno avvicinando a grandi passi alla settimana lavorativa di quattro giorni. Forte interesse anche da parte di Nuova Zelanda, Canada e Stati Uniti. In Italia, tranne in rari casi aziendali come Lavazza e Intesa, di settimana lavorativa corta ancora se ne parla pochissimo anche se, principalmente da sinistra, stanno iniziando ad arrivare spinte in questo senso.

Il dopo Covid

Complice la pandemia, negli ultimi anni il concetto di lavoro dipendente è radicalmente mutato. I lockdown che si sono susseguiti hanno fatto capire al mondo intero che lavorare in maniera flessibile non solo è possibile ma è anche utile. lavoro-settimana-corta Non sono state poche, infatti, le realtà che hanno mantenuto la forma ibrida, consentendo ai dipendenti di lavorare anche da casa. Una flessibilità agevolata dalle nuove tecnologie che meno di un decennio fa era fantascienza. L’idea della settimana lavorativa di quattro giorni va in questa direzione e non c’è dubbio che sarebbe capace di portare con sé un notevole beneficio sul fronte dell’equilibrio tra lavoro e vita privata, oltre a una forte riduzione dello stress. Stando alle statistiche, pare addirittura che chi ha sperimentato questa formula registri un minor assenteismo e meno dimissioni. Che cosa stiamo aspettando, dunque? Forse, che il paradigma culturale capitalista secondo il quale le ore lavorate sono strumento di affermazione sociale si sgretoli al cospetto dell’evidenza che, invece, non sono null’altro che parte di un ingranaggio oleato da valori e stati d’animo che vanno ben oltre il “cottimo”.