L'unione poliamorosa: "È iniziata per caso e non ci siamo più separati. Condividiamo la nostra vita con amore, la società imparerà ad accettarci"

di LUDOVICA CRISCITIELLO
22 maggio 2021

Poliamore-Apertura

"Famiglia significa condividere la propria vita con le persone che ami, senza nessuno che ti dica che c'è un modo giusto per farlo. Non c'è nulla di strano o fenomenale. Viviamo tutto in maniera molto limpida". Simone Romano, Elena Bertoni e Davide Zanon hanno celebrato la loro unione 'poliamorosa' il 6 settembre del 2020 in una villa a Livorno. "Volevamo una bella festa per celebrare il nostro amore, ci hanno detto che era la prima volta in Toscana e quindi eravamo davvero emozionati, sono venuti in tanti, parenti e amici". Si sentono una famiglia a tutti gli effetti, insieme al figlio di Simone ed Elena, Nicolas, che oggi ha quindici anni e ai due chihuahua.

L'incontro con Davide e la convivenza

Simone ed Elena erano già sposati e con un figlio, prima di incontrare Davide. Simone è un designer ed Elena ha il suo studio come tatuatrice. "Abbiamo conosciuto ‘Dade’ (è così che lo chiamiamo) nel 2012, lui allora aveva 18 anni, e c'è stata un'intesa fin da subito – raccontano Simone ed Elena –, non cercavamo un'altra persona ed è iniziata un po' per caso. Ci siamo conosciuti sui social e abbiamo iniziato a scambiarci dei messaggi senza nessun secondo fine. La prima volta che lui è venuto a Livorno, dopo che abbiamo parlato tanto su whatsapp, l'ha fatto con la 'scusa' di farsi un tatuaggio". Un anno di frequentazione e poi Davide, che è di Padova, si trasferisce a Livorno. "È stato tutto molto naturale, all'inizio lui andava e veniva da Padova e rimaneva qui un po' di giorni. Si è inserito nella nostra relazione senza che ce ne rendessimo conto, e man mano che la cosa cresceva non ci siamo più separati. Amiamo definirci 'troppia' invece di coppia". Certo, come in ogni famiglia 'tradizionale ci sono momenti di litigi e momenti di armonia. Anzi in tre è a anche meglio perché ci si divide più facilmente i compiti e le faccende domestiche, poi ci sono cose che piace fare a uno e cose che non piace fare agli altri e viceversa. "Io non amo cucinare per esempio, quello lo fanno loro due. Però lavo il bagno", scherza Elena. E i litigi? "In tanti ci hanno detto scherzando: ma come fate a far funzionare tutto quando qui non si riesce con una relazione in due? Beh è davvero raro che si litighi in tre, però può succedere, e a volte c'è chi rimane neutro oppure prende le parti dell'altro".

Il cambiamento in positivo

L’arrivo di Davide è stata una ventata di aria fresca per Simone ed Elena. "È stato lui, con l’entusiasmo dei 18 anni, a spingerci a realizzare i progetti che avevamo nel cassetto – continuano Simone ed Elena – ma che avevamo accantonato perché con un mutuo, un figlio e tante spese non volevamo lasciare il lavoro fisso". "Io invece – aggiunge Davide – non lavoravo ancora e questo è stato un grande stimolo perché ho iniziato a proporre a Simone ed Elena di aprire una loro attività e a diventare imprenditori di loro stessi". "Alla fine il suo entusiasmo ci ha contagiati – raccontano i due – io prima lavoravo in un negozio, ho lasciato e mi sono dedicato a un'altra attività che è quella di acquistare appartamenti, ristrutturarli e poi affittarli come B&B, mentre Elena ha deciso di aprirsi un suo studio per i tatuaggi. Davide si è messo a cercare il modo in cui accedere ai fondi, ottenere prestiti e realizzare quello che avevamo in mente, aiutandoci a superare le nostre paure".

L’unione e la festa

Da qui, dopo otto anni, l’idea di dare una veste ufficiale alla loro convivenza. "Essendo già io ed Elena sposati – dice Simone –, era più complicato inquadrare la situazione dal punto di vista giuridico e quindi insieme ad un avvocato abbiamo agito per tutelare i diritti di tutti e tre dal punto di vista della salute". "Quando sono stato in ospedale a causa di alcuni problemi, Simone ed Elena non potevano entrare – racconta Davide – perché non ero unito a loro legalmente. Ecco perché ci siamo rivolti ad un avvocato, in modo tale che ognuno di noi potesse avere, nella vita dell’altro, un ruolo riconosciuto dalla legge in caso di problemi di questo tipo. Noi amiamo chiamarlo ‘patto del poliamore’, che è una cosa che non esiste nell’ordinamento giuridico italiano". Poi arriva il momento dei festeggiamenti. "Volevamo celebrare la nostra unione e allora abbiamo deciso di organizzare una festa in una villa qui a Livorno, che si affaccia sul mare. All'inizio eravamo un po' preoccupati per la reazione che poteva suscitare la nostra richiesta, invece il personale è stato super disponibile e alla fine è stata una bellissima giornata anche perché c'erano tutti, parenti e amici".

Le critiche

Simone, Elena e Davide non hanno mai nascosto la loro unione a nessuno fin dall’inizio. "Sapevamo e sappiamo che è una cosa del tutto nuova. Io dico sempre che siamo stati fortunati a trovarci a Livorno, perché non abbiamo mai avuto grandi problemi di pregiudizi. C'è stato solo una volta un commento davvero brutto, ma siamo stati difesi da chi ci era intorno. Le persone qui ci conoscono e quindi vanno oltre tutto il resto. Andando fuori le situazioni spiacevoli non sono mancate. Più che altro, in realtà, la prima cosa che viene notata è la quantità di tatuaggi che abbiamo. Forse perché le persone si fermano all’estetica inizialmente e anche perché non siamo i tipi da grandi smancerie in pubblico". "La società di oggi – dice Elena – però comincia a essere pronta ad accettare ciò che inizialmente può essere considerato diverso. Con tatuaggi e piercing è successo così, se all’inizio era strano vederli, oggi sono diventati comuni e nessuno ci fa più caso. Tra una decina o quindicina di anni succederà anche per altre cose".

Il rapporto con il figlio Nicolas

Spiegare la situazione a Nicolas, il figlio di Simone ed Elena, che oggi ha quindici anni ed è da sempre affezionato a Davide, è stata la parte meno difficile. "Con Nicolas ho un bellissimo rapporto, semplice basato sulla confidenza, aveva sei anni quando sono arrivato, ora è al primo anno delle superiori, l’ho visto crescere, sono come un secondo papà – racconta Davide. "Anzi a volte sembra più figlio suo – scherza Elena –, ormai Nicolas ha acquisito anche il modo di scherzare di Davide". "È cresciuto sapendo che potrà essere chi vuole a prescindere da tutto, anche dalla nostra unione e questo lo ha reso una persona felice – continua Simone –. Quando aveva otto anni, un giorno eravamo in auto e mi ha detto che a scuola avevano preso Davide per suo padre e quando gli ho chiesto 'per te chi è Davide?' lui ha risposto 'visto che è il vostro fidanzato, che vi volete bene e che state insieme per me è un po' babbo anche lui'".

Il poliamore e il contesto italiano

Il termine 'poliamore', coniato per la prima volta da Morning Glory Zell-Ravenheart che affrontò l’argomento nell’articolo 'A Bouquet of Lovers' nel 1990, indica una relazione amorosa non monogama, in cui i partner hanno più relazioni affettive e sessuali in contemporanea con altre persone e in maniera del tutto consensuale. La stessa che coinvolge Simone, Elena e Davide. Da non confondere con 'poligamia' che riguarda esclusivamente la possibilità o per l’uomo o per la donna di avere più di una moglie o più di un marito, tutt'ora vigente in alcuni Paesi. O con 'coppia aperta' che implica l’intrattenimento di altre relazioni solo e unicamente all’esterno della coppia. Nel poliamore l’altra o le altre persone diventano parte del rapporto, perché ogni partner condivide con gli altri la propria vita e i propri sentimenti. Non è il sesso ad avere un ruolo centrale, semmai è uno degli aspetti che caratterizza la relazione. Nonostante il fenomeno sia spesso tenuto ai margini, non ha smesso di crescere negli ultimi anni, anche in seguito al fatto che la comunità italiana si sta evolvendo e ha iniziato a contemplare altre realtà che vanno al di là dei modelli culturali predominanti. Ovviamente il poliamore non esiste nell’ordinamento giuridico italiano. Ed è vero anche che, quando si parla di famiglia, relazioni e della loro regolamentazione da un punto di vista legale, si alza sempre un gran polverone. "Questo perché si tende a confondere il piano civile e giuridico con quello sociale, culturale e politico – come ci spiega Monica Esposito avvocato civilista e familiarista a Livorno, (che lavora insieme a una psicologa e un’amministratrice di beni come si legge sul loro sito www.nearteam.it) che ha assistito Simone, Elena e Davide –. Per la legge italiana esistono tre forme comunemente chiamate di 'famiglia', anche se la Costituzione riconosce come famiglia solo quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Abbiamo appunto il matrimonio, le unioni civili che sono quelle tra persone dello stesso sesso e i patti di convivenza che vengono stipulati tra persone che hanno deciso di non sposarsi, ma semplicemente di convivere e che però hanno voluto regolare alcuni aspetti come ad esempio quelli della salute, la casa, il mantenimento in caso di separazione. Si possono fare anche tra amici che vivono nello stesso appartamento. Ne ho fatti diversi, però è possibile quando non c’è di mezzo già un matrimonio, perché l’ipotesi in cui una coppia sposata voglia allargare la propria famiglia ad un’altra persona nell’ordinamento giuridico italiano non esiste. Ecco perché in una situazione come quella di Simone, Elena e Davide, l’unica cosa che si può fare, che poi è anche quella che loro mi hanno chiesto, sono le disposizioni anticipate di trattamento (dat). Ovvero, ognuno di loro ha delegato gli altri due a prendere decisioni, ad esempio su eventuali trattamenti sanitari, in caso di perdita di capacità di intendere e volere perché è legittimato a farlo. Di decidere insomma sulla salute, che è poi la cosa più importante".