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Home » Paralimpiadi » Diario da Tokyo “Io non vi temo, voi dovete temere me”. Dal judo alle colonne sonore, ‘sfida totale’ di Carolina Costa ai giapponesi

Diario da Tokyo “Io non vi temo, voi dovete temere me”. Dal judo alle colonne sonore, ‘sfida totale’ di Carolina Costa ai giapponesi

Per onorare la memoria del padre cerca la vittoria nella patria del judo, disciplina che in famiglia è più che una tradizione. "Non temo nessuno, sono gli altri che devono temere me"

Piero Ceccatelli
29 Agosto 2021
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Nella cattedrale del judo, che in Giappone è nato e che quel paese ha esportato nel mondo prima e più del sushi e dei prodotti elettronici, Carolina Costa cercherà gloria nel nome del padre. Suo padre e sua madre le hanno trasmesso dalla nascita l’amore per l’arte marziale, coltivato nella palestra di famiglia a Messina, che lei, ipovedente ha frequentato fin da piccola, diventando campionessa. Ora che il padre se n’è andato, Carolina vorrebbe onorarlo con una medaglia  da conquistare nel Nippon Budokan, tempio riconosciuto della disciplina. Se ci riuscirà, avrà la gioia di aver realizzato il suo sogno nel luogo in cui concretizzarlo è assieme più facile e difficile. Più facile perché in Giappone tutto parla di judo, difficile perché tutti lo praticano e sono bravissimi, durissimi da battere. Ma a lei non fanno paura. “Non temo nessuno, semmai sono loro che devono temere me” è la frase con cui ha scelto di presentarsi alle Paralimpiadi. Per vincere, la judoka sicliana si concentrerà ascoltando la colonna sonora di Mulan, film della Disney, colosso concorrente dei giapponesi che anche in quel campo sono maestri. Manca solo che, nella patria del sushi, abbia portato con sé del pesce spada dallo Stretto.  Forza Carolina, il carattere non ti manca.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown

Nella cattedrale del judo, che in Giappone è nato e che quel paese ha esportato nel mondo prima e più del sushi e dei prodotti elettronici, Carolina Costa cercherà gloria nel nome del padre. Suo padre e sua madre le hanno trasmesso dalla nascita l’amore per l’arte marziale, coltivato nella palestra di famiglia a Messina, che lei, ipovedente ha frequentato fin da piccola, diventando campionessa. Ora che il padre se n’è andato, Carolina vorrebbe onorarlo con una medaglia  da conquistare nel Nippon Budokan, tempio riconosciuto della disciplina. Se ci riuscirà, avrà la gioia di aver realizzato il suo sogno nel luogo in cui concretizzarlo è assieme più facile e difficile. Più facile perché in Giappone tutto parla di judo, difficile perché tutti lo praticano e sono bravissimi, durissimi da battere. Ma a lei non fanno paura. “Non temo nessuno, semmai sono loro che devono temere me” è la frase con cui ha scelto di presentarsi alle Paralimpiadi. Per vincere, la judoka sicliana si concentrerà ascoltando la colonna sonora di Mulan, film della Disney, colosso concorrente dei giapponesi che anche in quel campo sono maestri. Manca solo che, nella patria del sushi, abbia portato con sé del pesce spada dallo Stretto.  Forza Carolina, il carattere non ti manca.

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