Quando si dice guardare al futuro. Alla cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi di Tokyo2020 come portabandiera l’Italia ha scelto Matteo Parenzan, 18 anni compiuti da pochi mesi e una partecipazione ai Giochi definita “promettente“, ovvero senza acuti e con un bagaglio di esperienze invidiabile. Se alla cerimonia di apertura il Comitato Italiano Paralimpico aveva scelto certezze (l’espertissimo nuotatore Federico Morlacchi e Bebe Vio), per la chiusura di oggi una scelta di saggezza.
Non un nuotatore del gruppo che ha incamerato da solo quasi il 50% delle medaglie azzurre, non il ciclismo, miniera di svariati metalli, non l’esperta e commovente Legnante né una delle regine dei cento metri che oggi saranno su tutte le prime pagine.
Meglio un giovanissimo uscito senza acuti, per dare a tutti la certezza che il Comitato paralimpico ha occhi non solo per chi stavolta è salito sul proscenio. E per non far piovere sul bagnato, ossia aggiungere visibilità a chi visibilità – a suon di medaglie e record – ne aveva avuta in quantità. Il segnale è: bravi e grazie a tutti, ma si lavora per Parigi2024. E si parte tutti alla pari.