Si può essere
arrabbiati anche se, al collo, c’è un
bell’argento. In realtà, Martina Caironi, trentunenne di Alzano Lombardo (Bergamo) che da alcune stagioni si allena e studia a Bologna, usa un termine più colorito. "Sono incazzata, scusate. Ma devo dirlo". Eppure Martina nel lungo vince l’argento con la misura di 5,14 metri che rappresenta il suo
personale. Di più: in attesa della gara dei 100 metri, si tratta per lei della
quarta medaglia paralimpica: due d’oro e altrettante d’argento. Un palmarès che la rende una delle regine dell’atletica paralimpica azzurra. Nella
rabbia di Martina, ci sono i lunghi mesi di allenamento e di preparazione. C’è lo
stop per doping, qualcosa che lei non ha mai digerito. Qualcosa che le ha impedito di prendere parte ai Mondiali, nel 2019, ma non ai Giochi. La parola doping è sempre da maneggiare con molta attenzione: a maggior ragione quando la questione riguarda Martina,
squalificata per quattro mesi. Il motivo? La presenza di un
metabolita che si trova in una pomata che non solo Martina ha sempre
usato, ma ha
dichiarato.
L'assurdo stop per doping
Ecco perché, per renderle giustizia, bisogna ricostruire la storia: il medicinale che Martina usa serve per le
ulcere che si formano nel moncone della gamba, quando la Caironi
indossa la protesi e spinge per andare più forte o per saltare più in lungo.
Non le dà sprint, semplicemente
evita la comparsa di dolorose piaghe. La buonafede di Martina è stata dimostrata, diversamente, anziché lo stop di quattro mesi,
ci sarebbe stata una squalifica molto più lunga per l’atleta che, a
Rio, era la
portabandiera azzurra. Detto questo, l’argento che fa arrabbiare Martina potrebbe essere solo l’inizio. Perché dopo l’amato salto in lungo, ci sono i
100 metri, all’alba italiana di domani. Ma, quel che più conta, pensando al sorriso, al talento e allo spirito di sacrificio di questa ragazza, c’è l’obiettivo spostato più avanti, a Parigi 2024. Paralimpiade tutt’altro che scontata, ascoltando le parole dell’azzurra. "
Ambivo al gradino più alto del podio – racconta – Il lavoro che abbiamo fatto in questo anno è stato così intenso che non riuscire a centrare il salto giusto...".
"Ora lo sprint, poi le Paralimpiadi 2024"
Delusa, arrabbiata, ma pure orgogliosa del suo cammino. Nessuno le ha regalato nulla. "Volevo il salto buono e e non l’ho fatto, ma sono comunque soddisfatta perché 5,14 è il mio personale. E’ una medaglia bellissima e sofferta. Avevo pensato di
smettere a Tokyo, ma ora non sono pronta per terminare qua. Credo che mi preparerò anche per Parigi. Ora mi riposo e poi penso ai 100 metri".
Portavoce dei diritti delle donne
Sorride Martina, perché sa di dover essere un esempio per tante ragazze. "Tra i molti ruoli che ho c’è anche quello di
portavoce dei diritti delle donne: a loro dico di non chiudersi e di uscire, perché ci sono persone che possono aiutarle. Io in più ho anche la
disabilità che
potrebbe sembrare una debolezza ma non lo è: guardatemi, vi sembro debole?".