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Home » Paralimpiadi » Matteo Betti, vittima del “var” della scherma, perde la medaglia di bronzo. “Ora mi concentro sulla gara a squadre”

Matteo Betti, vittima del “var” della scherma, perde la medaglia di bronzo. “Ora mi concentro sulla gara a squadre”

Sull'11-11 tocca per primo l'avversario, ma i giudici non sentono ragioni. La delusione dei genitori e della moglie a Siena.

Giovanna Romano
28 Agosto 2021
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Matteo Betti

Arrivato alla semifinale individuale di fioretto grazie alla vittoria contro il polacco Nalewajek per 15-12, perdendo poi l’assalto per la finale con il cinese Sun Gang (4 medaglie a Rio 2016), nella corsa al bronzo contro il russo Nagaev, il senese ha recuperato punto su punto partendo da un parziale di 6-0 fino a rimettersi in gara con l’11-11. Il punto del 11-12, dove l’ anticipo di Betti era netto, è stato invece assegnato al russo dopo la review (la VAR della scherma): una scelta insindacabile ma che ha compromesso il resto dell’assalto.

Matteo ha nascosto la rabbia sotto la maschera e il distacco con il russo è aumentato ancora. La dinamica del punto decisivo era chiara, ma non per i giudici che hanno assegnato la stoccata della vittoria al russo che ha chiuso 15-11.

Tanta amarezza nelle parole dei genitori Eva Kunz  e Marino Betti che hanno visto la gara in tv insieme alla moglie di Matteo, Giada, e al piccolo Gregorio. Non vogliono commentare perché sanno che Matteo, in silenzio olimpico dal suo arrivo a Tokyo, non vuole mai parlare di responsabilità dell’avversario o tanto meno dei giudici. Con fair play olimpico affida un laconico commento ai social: “La delusione è tanta. Vi ringrazio tutti, vi risponderò uno per uno ma non adesso, abbiamo bisogno di concentrarci sul prossimo obiettivo”.

Adesso l’appuntamento è per la gara a squadre con Marco Cima e Emanuele Lambertini, puntando a replicare il bronzo di Londra 2012 e a riscattare la delusione di Rio 2016.

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Instagram

  • Passa anche da un semplice tasto la possibilità per una donna, vittima di stalking, di salvarsi da chi vuole farle del male. Il tasto di uno smartwatch che, una volta premuto, lancia un’immediata richiesta di aiuto alle forze di polizia. E grazie a questo orologio, Marta (il nome è di fantasia) potrà ora vedere la sua vita cambiata in meglio. La donna aveva smesso di vivere, a causa della relazione asfissiante e malata con il suo ex marito violento che aveva promesso di sfregiarla con l’acido e poi ucciderla e seppelire il suo corpo in un terreno. Ma venerdì scorso a Marta è stato consegnato il primo di 45 smartwatch che saranno distribuiti ad altrettante vittime. L’orologio è collegato con la centrale operativa del comando provinciale dei carabinieri di Napoli: appena arriva l’Sos, la vittima viene geolocalizzata e arrivano i soccorsi.

E così Marta ha ripreso la sua vita interrotta per paura dell’ex e delle sue minacce. «Posso uscire più serena e tranquilla dopo mesi e mesi trascorsi rintanata in casa. Grazie a questo orologio mi sento protetta. È vero, devo rinunciare alla mia privacy, ma è un prezzo che sono disposta a pagare.»

Lo scorso 30 novembre i carabinieri del Comando provinciale di Napoli, la sezione fasce deboli della Procura partenopea coordinata dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, la Fondazione Vodafone Italia e la Soroptimist international club Napoli hanno annunciato l’avvio del progetto pilota "Mobile Angel", che prevede, appunto, la consegna di questo orologio salvavita alle vittime di maltrattamenti. Il progetto è stato esteso anche alle città di Milano e Torino. Lo smartwatch affidato a Marta è il primo nel Sud Italia. Il mobile angel, spiegano i Carabinieri, rientra in un progetto ad ampio respiro che ha come punto focale le vittime di violenza. Un contesto di tutela all’interno del quale è stata istituita anche la "stanza tutta per sé", un ambiente dove chi ha subìto vessazioni può sentirsi a suo agio nel raccontare il proprio vissuto. 

#lucenews #lucelanazione #mobileangel #napoli
  • Se nei giorni scorsi l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, papà single di Alba, bambina affetta da Sindrome di Down, aveva ri-scritto pubblicamente alla premier Giorgia Meloni per avere un confronto sull’idea di famiglia e sul tema delle adozioni, stavolta commenta quanto sta accadendo in Italia in relazione ai diritti dei figli delle famiglie arcobaleno. 

Ricordiamo, infatti, che lo scorso 12 marzo il Governo ha ordinato, in merito ad una richiesta pervenuta al Comune di Milano di una coppia dello stesso sesso, lo stop a procedere alla registrazione del loro figlio appena nato e impedendo, di fatto, la creazione di una famiglia omogenitoriale. Il veto della destra compatta boccia il certificato europeo di filiazione che propone agli Stati membri di garantire ai genitori residenti in Unione Europea il diritto ad essere riconosciuti come madri e padri dei propri figli nello stesso modo in tutti i Paesi Ue.

“In tutta Europa i figli di coppie gay avranno il riconoscimento degli stessi diritti degli altri bambini. In Italia il Senato, trascinato da Fratelli d’Italia, fortemente contrario, ha appena bocciato la proposta – dice Trapanese in un lungo post sulla sua pagina Instagram -. Quindi, i figli delle coppie omosessuali non sono, per il nostro Paese, figli come gli altri. Questo hanno deciso e detto chiaramente”. Così facendo, “resteranno bambini privi di tutele complete, i cui genitori dovranno affrontare battaglie giudiziarie, sfiniti da tempi lunghissimi, solo perché il loro bimbo venga considerato semplicemente un figlio”. 

Trapanese attacca chiaramente questa decisione: “L’Italia è l’unico paese europeo con un governo che lavora per togliere diritti invece che per aggiungerli. Se la prende con bambini che esistono e vivono la loro quotidianità serenamente in famiglie piene d’amore, desiderati sopra ogni cosa, ma considerati in Italia figli di un dio minore”. Per Trapanese “stiamo continuando a parlare di ciò che dovrebbe essere semplicemente attuato. I diritti non si discutono, si riconoscono e basta. Ma come fate a non rendervene conto?”.

#lucenews #diritti #coppieomogenitoriali
  • Il nuovo progetto presentato dal governatore Viktor Laiskodat a Kupang, in Indonesia, prevede l’entrata degli alunni a scuola alle 5.30 del mattino. Secondo l’alto funzionario il provvedimento servirebbe per rafforzare la disciplina dei bambini.

Solitamente nelle scuole del Paese le lezioni iniziavano tra le 7 e le 8 del mattino: anticipando l’orario d’ingresso i bambini sono apparsi esausti quando tornano a casa. La madre di una 16enne, infatti, è molto preoccupata da questa nuova iniziativa: “È estremamente difficile, ora devono uscire di casa mentre è ancora buio pesto. Non posso accettarlo. La loro sicurezza non è garantita quando è ancora notte. Inoltre mia figlia, ogni volta che arriva a casa, è esausta e si addormenta immediatamente.”

Sulla vicenda è intervenuto anche Marsel Robot, esperto di istruzione dell’Università di Nusa Cendana, che ha spiegato come a lungo termine la privazione del sonno potrebbe mettere in pericolo la salute degli studenti e causare un cambiamento nei loro comportamenti: “Non c’è alcuna correlazione con lo sforzo per migliorare la qualità dell’istruzione. Gli studenti dormiranno solo per poche ore e questo è un grave rischio per la loro salute. Inoltre, questo causerà loro stress e sfogheranno la loro tensione in attività magari incontrollabili”. Anche il Ministero per l’emancipazione delle donne e la Commissione indonesiana per la protezione dei minori hanno espresso richieste di revisione della politica. Il cambiamento delle regole di Kupang è stato anche contestato dai legislatori locali, che hanno chiesto al governo di annullare quella che hanno definito una politica infondata.

Tuttavia il governo centrale ha mantenuto il suo esperimento rincarando la dose ed estendendolo anche all’agenzia di istruzione locale, dove anche i dipendenti pubblici ora inizieranno la loro giornata alle 5.30 del mattino.

#lucenews #lucelanazione #indonesia #scuola
  • Quante ore dormi? È difficile addormentarsi? Ti svegli al minimo rumore o al mattino rimandi tutte le sveglie per dormire un po’ di più? Soffri d’insonnia?

Sono circa 13,4 milioni gli italiani che soffrono di insonnia, secondo le ultime rilevazioni di Aims - l
Matteo Betti

Arrivato alla semifinale individuale di fioretto grazie alla vittoria contro il polacco Nalewajek per 15-12, perdendo poi l’assalto per la finale con il cinese Sun Gang (4 medaglie a Rio 2016), nella corsa al bronzo contro il russo Nagaev, il senese ha recuperato punto su punto partendo da un parziale di 6-0 fino a rimettersi in gara con l’11-11. Il punto del 11-12, dove l’ anticipo di Betti era netto, è stato invece assegnato al russo dopo la review (la VAR della scherma): una scelta insindacabile ma che ha compromesso il resto dell’assalto.

Matteo ha nascosto la rabbia sotto la maschera e il distacco con il russo è aumentato ancora. La dinamica del punto decisivo era chiara, ma non per i giudici che hanno assegnato la stoccata della vittoria al russo che ha chiuso 15-11. Tanta amarezza nelle parole dei genitori Eva Kunz  e Marino Betti che hanno visto la gara in tv insieme alla moglie di Matteo, Giada, e al piccolo Gregorio. Non vogliono commentare perché sanno che Matteo, in silenzio olimpico dal suo arrivo a Tokyo, non vuole mai parlare di responsabilità dell’avversario o tanto meno dei giudici. Con fair play olimpico affida un laconico commento ai social: “La delusione è tanta. Vi ringrazio tutti, vi risponderò uno per uno ma non adesso, abbiamo bisogno di concentrarci sul prossimo obiettivo”. Adesso l’appuntamento è per la gara a squadre con Marco Cima e Emanuele Lambertini, puntando a replicare il bronzo di Londra 2012 e a riscattare la delusione di Rio 2016.
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