"I nostri cuori sono in Afghanistan". Il corpo e la mente sono a Tokyo, alla competizione più importante della loro carriera, ma vogliono comunque dimostrare la loro vicinanza al popolo afgano, a cui si sentono particolarmente legati. Sono già stati definiti "la squadra più coraggiosa al mondo" e domani saranno i primi a calcare la scena allo Stadio Olimpico di Tokyo durante la Cerimonia di apertura della XVI Paralimpiade, sotto la bandiera del Comitato Paralimpico Internazionale. È la squadra Paralimpica dei Rifugiati (Refugee Paralympic Team, RPT) che rappresenterà ai Giochi giapponesi oltre 82 milioni di persone in tutto il mondo, di cui 12 milioni con disabilità, costrette a fuggire da guerre, persecuzioni e violazioni dei diritti umani. Per questo è forte il legame con l'Afghanistan, dove da giorni, ormai, la popolazione sta cercando di scappare, per sfuggire al ritorno al potere dei Talebani.
Sei gli atleti della squadra, una donna e cinque uomini, hanno incontrato questa mattina i giornalisti in una conferenza stampa nel Main Press Centre di Tokyo, lanciando un messaggio di solidarietà al popolo afghano: "È molto triste quello che sta accadendo, i nostri cuori sono lì. Siamo qui per rappresentare tutti i rifugiati nel mondo e stiamo lavorando duramente per mandare un messaggio di speranza: sono sicura che i nostri atleti daranno il massimo affinché questo messaggio raggiunga i rifugiati e il popolo dell'Afghanistan", le parole della capo missione Ileana Rodriguez. Nell'occasione è stata diffusa anche una lettera inviata alla squadra dal calciatore canadese Alfonso Davies, terzino sinistro del Bayern Monaco e della nazionale nordamericana ed ex rifugiato: nato in un campo in Ghana, da genitori liberiani che erano fuggiti dalla guerra, nel marzo 2021 Davies è diventato il primo calciatore e il primo cittadino canadese a essere nominato Ambasciatore globale di buona volontà dell'Unhcr, l'agenzia dell'Onu per i rifugiati. "Io vi capisco, sono nato in un campo di rifugiati e so che oggi siete la squadra più coraggiosa del mondo. Lo sport ha il potere di cambiare le nostre vite e di ispirare quelle degli altri, quello che farete a Tokyo influenzerà le altre persone, cominceranno a fare sport, a condividere i vostri e i nostri valori - le parole del laterale del Bayern - Domani ci sarà la cerimonia di apertura e poi tutti faremo il tifo per voi: date il 100% e non pensate a nient'altro". Guidati da Rodriguez, rifugiata cubana e nuotatrice che nel 2012, alla Paralimpiade di Londra, gareggiò per gli Stati Uniti, i ragazzi dell'RPT parteciperanno alle gare di nuoto, atletica, canoa e taekwondo. La squadra, oltre che dalla capo missione, è composta da Ibrahim Al Hussein, nuotatore rifugiato siriano che vive ad Atene; dalla ventenne Alia Issa, la più giovane del team nonché prima atleta rifugiata di sempre a partecipare ai Giochi paralimpici, siriana da Atene, che gareggerà nel lancio della clava; Parfait Hakizimana, rifugiato del Burundi che vive nel campo profughi di Mahama, in Ruanda, specializzato nel para-taekwondo; Abbas Karimi, nuotatore rifugiato afghano che vive a Fort Lauderdale, negli Stati Uniti; Anas Al Khalifa, rifugiato siriano che vive a Halle, in Germania, e gareggerà nella paracanoa; Shahrad Nasajpour, rifugiato iraniano che vive a Phoenix, negli Stati Uniti, specializzato nel lancio del disco. Issa e Karimi saranno i portabandiera dell'RPT nella cerimonia di domani. "Sono davvero felice di essere riuscito a venire a Tokyo, ero molto nervoso ma sono contento di poter nuovamente incontrare amici che prima non potevo vedere a causa del Covid", ha detto Al Hussein. "Ho passato 48 ore in volo per arrivare qui, ma in aeroporto ho ricevuto lettere e regali dai ragazzi delle scuole giapponesi, e per me sono come una medaglia: li tengo vicino a me quando vado a dormire, mi danno forza". In merito ai compagni di squadra, "è come se fossimo amici da tantissimo tempo. Spero che l'RPT possa arrivare anche ai Giochi paralimpici di Parigi 2024". L'obiettivo del team, ha aggiunto, "è quello di aumentare la consapevolezza nei confronti degli 82 milioni di rifugiati presenti nel mondo, di cui 12 milioni con disabilità". Anche Issa si è detta "molto orgogliosa e felice, non avrei mai creduto di poter essere qui con l'RPT e di poter alzare la bandiera, né di poter partecipare ai Giochi come prima donna paralimpica rifugiata. È un grande onore per me, sono anche un po' nervosa". Il messaggio per le altre atlete rifugiate e per le donne con disabilità è "non state a casa, fate sport tutti i giorni e scoprite il mondo. Spero di essere solo la prima e di poter essere da esempio per tante altre donne".