Alla Scala "Viva l'Italia antifascista", molto rumore per nulla

Alla Prima della Scala di Milano vanno in scena due spettacoli: quello sul palco e il fuori programma

di TERESA SCARCELLA -
8 dicembre 2023
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Il giorno dopo la grande serata di gala alla Prima della Scala di Milano non si fa altro che parlare di lui, Marco Vizzardelli, che dopo l'inno di Mameli e il conseguente doveroso applauso, ha urlato dal Loggione: "Viva l’Italia antifascista!”. Una frase che di questi tempi, a quanto pare, fa rizzare le antenne, sobbalzare in piedi e sgranare gli occhi. Tranne a chi fa orecchie da mercante, che rimane impassibile e plastico.

"Viva l'Italia antifascista"

Ed è così che il nome di Vizzardelli, giornalista di 65 anni esperto di cavalli ed equitazione, appassionato di musica e opera, oggi è schizzato in cima alle classifiche dei temi in tendenza, con tanto di hashtag vari. Questa popolarità la deve soprattutto alle reazioni che la sua frase ha suscitato: dall'immediato scatto degli agenti della Digos, che hanno provveduto a raggiungerlo e a identificarlo come avviene nelle situazioni di rischio, ai commenti fatti dai presenti impettiti, fino alle reaction sui social tra battute satiriche (di quelle che non piacciono proprio tanto ad alcuni esponenti del governo) e rivendicazioni costituzionali. L'antifascismo è nella nostra Costituzione, eppure quando viene espresso e palesato ad alta voce suona strano evidentemente. Tanto che alcuni politici fanno ancora fatica a pronunciare il termine.

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"Lo rifarei”

"Sono un po’ sbalordito che abbia una risonanza mediatica una frase lapalissiana. Siamo in un Paese antifascista, la frase è costituzionale”, ha commentato Vizzardelli a freddo - “Perché l'ho fatto? Proprio molto spontaneamente, un segnale mio che mi sono sentito dentro di dire davanti a queste persone: "Viva l'Italia antifascista". Basta, tutto qui. Me lo sono sentito dentro. Direi che lo rifarei, senza dubbio. Qualcuna delle reazioni me lo conferma”. È divertito, il diretto interessato, di tutto questo eco che la sua frase ha scatenato. Anche se - non fosse per i risvolti comici della vicenda - ci sarebbe da riflettere. “A metà del primo atto – ha raccontato Vizzardelli a proposito della serata alla Scala – si è avvicinato un individuo e ho capito che si trattava di un agente in borghese. Mi sono un po’ spaventato e mi ha fatto un gesto di stare tranquillo. Alla fine dell'atto mi ha mostrato il tesserino e mi ha detto che voleva identificarmi ma gli ho risposto che non avevo fatto nulla di male e che non aveva nessun senso dato che siamo in un paese democratico”. Il giornalista ha spiegato poi che “Nel corso dell'intervallo sono andato nel foyer e lì mi hanno fermato in quattro: mi hanno detto che erano della Digos e che dovevano identificarmi. Ho ribadito che non aveva senso e poi l'ho buttata sul ridere, spiegando che avrebbero dovuto legarmi e arrestarmi se avessi detto ‘Viva l'Italia fascista’. Si sono messi a ridere anche loro ma mi han detto che dovevano fare così. E quindi mi hanno fotografato la carta d’identità”.

La spiegazione della Questura

Dalla Questura di Milano hanno fatto sapere che “L'identificazione è stata effettuata quale ordinaria modalità di controllo preventivo per garantire la sicurezza della rappresentazione. L'iniziativa non è stata assolutamente determinata dal contenuto della frase pronunciata, ma dalle particolari circostanze, considerate le manifestazioni di dissenso poste in essere nel pomeriggio in città e la diretta televisiva dell'evento che avrebbe potuto essere di stimolo per iniziative finalizzate a turbarne il regolare svolgimento. La conoscenza dell'identità delle persone ha consentito, infatti, di poter ritenere con certezza l'assenza di alcun rischio per l'evento”. La prima della Scala, infatti, è stata preceduta da una lunga serie di polemiche proprio sui temi del fascismo e, in particolare, sul passato politico del presidente del Senato Ignazio La Russa, seduto in prima fila nel Palco Reale. Il nervosismo era tangibile quando, all'ingresso, il presidente ha allontanato bruscamente un uomo della sicurezza, facendosi largo da solo nella calca di giornalisti e fotografi.
@corrieredellasera Il presidente del Senato Ignazio La Russa è arrivato al Teatro alla Scala a Milano accolto dal sindaco Giuseppe Sala e dal presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. Un arrivo movimentato. La Russa, incalzato da Enrico Lucci, ha rifiutato l'aiuto di un agente di sicurezza, dicendogli: «Ti devi levare, ci penso io» (🎥 Video di Nino Luca) 👉 Sul Corriere vi raccontiamo la Prima della Scala del 2023 #primadellascala #scala #scaladimilano #milano #teatroallascala #ignaziolarussa #corrieredellasera ♬ suono originale - Corriere della Sera

Le reazioni

La frase gridata da Vizzardelli è stata accolta con disapprovazione dal vicepremier Matteo Salvini che, da esperto di buone maniere, ha "bacchettato" il giornalista ricordando che: “Alla Scala si viene per ascoltare, non per urlare”. La Russa, invece, non l'ha neppure sentita la parola "antifascista". Dall'altra parte, invece, si sono schierati alcuni intellettuali e politici di sinistra, rilanciando gli hashtag del calibro #identificatecitutti. Che poi non sono altro che la traduzione sociali degli slogan. Quelli che, oggi più che mai, fanno peso sugli ideali, tanto da appiattirli, assottigliarli, fino a renderli inconsistenti.