Salario minimo, la battaglia infiamma il Parlamento e ora si sposterà nelle piazze…

Cartelli sopra le teste e accuse reciproche: il salario minimo riaccende le due anime della politica. Destra e sinistra si litigano il tema sociale, mentre il centro resta fuori dal ring

di ETTORE MARIA COLOMBO -
7 dicembre 2023
STOP AL SALARIO MINIMO, CAOS E CARTELLI IN AULA

STOP AL SALARIO MINIMO, CAOS E CARTELLI IN AULA

Sul salario minimo la sinistra è ringalluzzita, perché sente di aver colto, finalmente, un tema ‘popolare’ e non ‘elitario’, anche se la competizione tra Pd e M5s, anche su questo fronte, è forte e si fa sentire. Destra un po’ in ritirata, di certo in imbarazzo, perché non vuole farsi mettere in croce su un tema così ‘sociale’, ma che non può neppure darla vinta, alla sinistra.

Centro, sia quello di centrodestra (gli azzurri) sia quello di centrosinistra (renziani e calendiani) silente o balbettante perché battaglie di questo tipo non rientrano certo nelle proprie corde.

Elly Schlein segretaria Pd (Ansa)

Non è che l’inizio, dunque, anzi: continuerà a infuriare, la battaglia sul salario minimo. La segretaria del Pd, Elly Schlein, lo grida nell’aula di Montecitorio rivolgendosi alla destra: "Voi oggi vi illudete di vincere affossando la nostra proposta di legge, ma avete perso, la nostra forza sarà infinitamente più forte della vostra arroganza". I 9 euro (lordi) l’ora di salario minimo legale, infatti, nella giornata dello scorso mercoledì 6 dicembre, sono stati appena bocciati dalla coalizione di governo.

La destra va avanti per la sua strada e approva il testo del meloniano Walter Rizzetto (con 153 sì, 118 no e 3 astenuti), grazie a un maxi-emendamento a una legge che era stata proposta in ‘quota’ alle opposizioni, che delega il governo a varare, entro sei mesi, un ddl con un meccanismo alternativo per garantire “retribuzioni eque”.

Di salario minimo, così come lo volevano le opposizioni, non c’è più traccia, neppure il termine è rimasto nella nuova legge. Cancellato per la sinistra, migliorato per la destra.

Presto una legge di iniziativa popolare del Pd

La lotta però va avanti, garantisce la segretaria dem. Nelle piazze, con le mobilitazioni e soprattutto riaprendo la petizione per il salario minimo che aveva raggiunto, la scorsa estate, 500 mila firme e che potrebbe diventare presto la base di partenza per una legge di iniziativa popolare sui 9 euro l’ora.

E poi c’è il passaggio del Senato, dove ora il testo dell’ormai ‘fu’ salario minimo approda per il via libera definitivo e dove, però, verrà a sua volta bocciata, di fatto in copia carbone. Il Pd guarda a un calendario di iniziative da portare in giro per il Paese, ma soprattutto, Schlein insiste sul metodo: le opposizioni restino unite. Finora, almeno stavolta, ha funzionato.

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Protesta dell'opposizione all'interno dell'Aula della Camera dei deputati contro il governo Meloni (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

La battaglia in Aula sul salario minimo, a colpi di insulti e cartelli

Dem, M5S, Avs, +Europa e Azione (tutti, cioè, tranne Iv di Renzi) hanno concordato ogni mossa sul salario minimo, anche come condurre la protesta in Aula: una distesa di cartelli di protesta, sventolati dai deputati delle opposizioni. “Non nel nostro nome”; “Salario minimo negato”; “Lavoro sfruttato”. Cartelli ben visibili e un’onda di protesta - "Vergogna, vergogna" - che tracima dagli scranni di sinistra verso i banchi di governo.

Il grillino Marco Pellegrini e Salvatore Deidda di FdI arrivano quasi al punto di venire alle mani. Ci pensano il vice-presidente forzista, Giorgio Mulè, e i commessi a dividerli. Nel banco dell’esecutivo è presente, solitario, il sottosegretario leghista Claudio Durigon. Gli si affiancano, minacciosi, alcuni deputati di opposizione con i loro cartelli, tra cui il dem Matteo Mauri. Da destra si urla "Buffoni". L’aula diventa incontrollabile, il presidente di turno, Fabio Rampelli (FdI), sospende la seduta.

Meloni attacca la sinistra che replica indignata

La scintilla dello scontro sono le frasi con cui Rizzetto rivendica le scelte della maggioranza: "Faremo in sei mesi quello che voi non avete fatto in 12 anni". Parole che riecheggiano quelle pronunciate poche ore prima da Giorgia Meloni: "M5s e Pd ci dicono che il salario minimo è l’unica cosa che va fatta in Italia, ma in dieci anni al governo non l’hanno fatta". La premier attacca anche i sindacati che "vanno in piazza per rivendicare il salario minimo e quando vanno a trattare i contratti collettivi accettano poco più di cinque euro l’ora come nella sicurezza privata".

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Il deputato Fdi Walter Rizzetto

Schlein controbatte così: "Da Giorgia Meloni è arrivato un manrovescio ai lavoratori poveri". E poi, rivolta alla destra: "Avete scelto l’insulto al Parlamento e avrete la rabbia di milioni di italiani che vedono calpestata la loro dignità". Ma "il vero capo dell’opposizione è Maurizio Landini", dice beffardo Rizzetto, che ribatte all’accusa di sputare sui poveri: "Siete i lama della politica".

Sempre in Aula Nicola Fratoianni e i deputati di Avs voltano le spalle al governo dicendo "Come voi avete voltato le spalle ai lavoratori". Il leader M5s, Giuseppe Conte, molto soddisfatto e pieno di sé, a fine giornata tira le somme: "Vinceremo la battaglia. Tu, Meloni, non sei Rambo. Rambo sono i tantissimi lavoratori che, con i tuoi soci, hai condannato a un destino di precarietà. E smettiamola con le pose da Calimero". Applausi.

La proposta del governo: una legge delega…

Ma vediamo la proposta del governo nel merito. Il testo della destra sulle “retribuzioni eque” prevede l’estensione del trattamento economico complessivo minimo del contratto più applicato ai lavoratori che, nella stessa categoria o in quella più affine, non siano coperti da contrattazione collettiva. Durigon ipotizza i tempi dell’ok definitivo: "Ce la faremo il I Maggio 24". Insomma, sei mesi di tempo, promette il governo, e il salario ‘calmierato’, non ‘minimo’ sarà legge. Una legge delega, però, che abbisogna, di solito, di tempistiche, analisi e votazioni ben complesse.

E se è vero che proprio Durigon prova a lanciare un ramoscello d’ulivo alle minoranza, dicendo che “Nella legge delega si terrà conto delle proposte delle opposizioni”, la verità è che il meccanismo della destra sulle “retribuzioni eque” è tutt’altra cosa, rispetto al salario minimo, di cui, infatti, non resta in piedi neanche il nome: si delega al governo di estendere entro sei mesi il trattamento economico complessivo minimo del contratto più applicato a tutti i lavoratori che nella stessa categoria, o in quella più affine, non siano coperti dalla contrattazione collettiva.

Questo dice il testo della legge delega della maggioranza e, su questo, si è scatenata l’ira delle opposizioni. Cosa ne pensa il Paese, e i lavoratori, si vedrà…