Aborto, oltre 10mila interruzioni clandestine ogni anno. “Tutto quello che non ci dicono”

I dati pubblici sugli obiettori di coscienza non danno una fotografia reale della situazione, che è più complicata di quanto si immagini. Emblematica l’invisibile epidemia di aborti clandestini in un Paese dove l’accesso all’Igv dovrebbe essere garantito. La tesi dello studente di medicina Davide Crippa fa riflettere

di ELEONORA ROSI -
11 marzo 2024
Davide Crippa al momento della discussione della tesi di laurea

Davide Crippa al momento della discussione della tesi di laurea

L’otto marzo si parla sempre molto di diritti della donna, di rivendicazioni e di ciò che manca, ma a volte ci si dimentica di ricordare che anche ciò che teoricamente esiste già, come il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, sancito nel 1978 dalla legge 194, nei fatti è lontano dall’essere garantito.

Ne abbiamo parlato con Davide Crippa, giovane dottore della provincia di Monza, già laureato in ostetricia all’Università Bicocca di Milano, e neolaureato in medicina all’Università di Siena con una tesi in medicina legale intitolata ‘L’obiezione di coscienza nell’interruzione volontaria di gravidanza: aspetti etici e medico legali’.

“L’argomento che mi aveva assegnato il professore non mi piaceva, così ho chiesto di fare una tesi sull’obiezione di coscienza, che avevamo trattato a lezione – ha raccontato Davide -. Ho scelto l’argomento perché a differenza di altre tesi che mi avevano proposto lo sentivo più nelle mie corde, ed anche estremamente attuale. Volevo fare qualcosa che fosse utile, così mi sono concentrato sulle difficoltà generate dall’obiezione di coscienza nell’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza”.

La verità sommersa: obiettori di coscienza e diritti negati

Davide ha iniziato così a scavare e quella che pensava essere una buca si è rivelata un pozzo che a sua volta si è rivelato la fossa delle Marianne, di cui ancora non abbiamo visto il fondo. “Sono passati più di 45 anni dalla promulgazione della legge 194, e l’applicazione trova tantissimi ostacoli, soprattutto in determinate regioni – ha detto il neo dottore in medicina -. Dalle relazioni del ministero alcuni dati non emergono, perché i dati da presentare annualmente per legge riportano una mezza verità: sono aggregati, nascosti sotto forma di medie e presentati in modo superficiale con delle conclusioni anche un po’ fuorvianti”.

Invece ad emergere nelle singole realtà sarebbero situazioni ben più critiche. “Dalle indagini di alcune organizzazioni indipendenti figurano dati che rimangono sommersi nei report del ministero – ha rivelato Davide -: ci sono tantissimi ospedali in cui c’è ancora un personale obiettore superiore all’80%, 90% o anche 100%, e questo si traduce inevitabilmente in una barriera di accesso, per un servizio sanitario che dovrebbe essere garantito per legge”

Analizzando dati, report del ministero, documenti e condanne emesse dall’Europa emerge un quadro preoccupante. “Gli ultimi dati che abbiamo a disposizione sono già vecchi di tre anni, anche se sono stati presentati nel 2023 – ha spiegato Davide -. Le zone con più criticità sono quelle del sud; in particolare la Sicilia, con una media dell’85% di ginecologi obiettori, poi Campania, Molise, Basilicata, Puglia. Il punto è che si tratta sempre di dati aggregati sotto medie regionali, i dati delle singole strutture non sono resi accessibili da parte del Ministero; quindi, non sappiamo quali sono le strutture con la maggior parte di obiettori. Ma da indagini indipendenti si arriva anche a stimare un 100% su alcune strutture, sul sito dell’associazione Luca Coscioni si trova una mappa parziale della situazione.”

La cruda realtà degli aborti clandestini, un fenomeno attuale

Il riconoscimento solo formale e non sostanziale del diritto all’aborto genera, anche a quarantacinque anni dall’approvazione della legge, realtà ancora molto complesse. “Il dato più eclatante - ha continuato Davide - riguarda il permanere del fenomeno degli aborti clandestini, si stima, secondo i dati del Ministero, un numero tra i dieci e i tredici mila aborti clandestini ogni anno. Una cifra altissima se pensiamo che dovremmo avere per diritto un accesso sicuro all’aborto”.

Fra i 27 e i 35 aborti clandestini ogni giorno, soprattutto, sembrerebbe, praticati in sud Italia. “Ho trattato anche le conseguenze di tutto questo sul personale sanitario non obiettore, che si trova a subire un carico di lavoro maggiore: in un ospedale di Campobasso su 29 ginecologi 27 sono obiettori, uno dei due non obiettori è part time – ha analizzato il neo dottore -. Questo si traduce in un’inevitabile specializzazione dell’unico ginecologo che si ritrova un carico di lavoro enorme, e questo va ad incentivare il ricorso all’obiezione di comodo”.

Insomma, siamo di fronte al classico cane che si morde la coda. “’E un circolo vizioso – ha detto Davide senza mezzi termini -, ed è causa del permanere dell’alto numero di obiettori di coscienza. I medici non decidono più in base alla sensibilità all’argomento, ma per comodità, sopravvivenza, per provare a fare carriera e avere possibilità di sviluppo, sono costretti a dichiararsi obiettori per non ritrovarsi sommersi da interruzioni volontarie di gravidanza”.

Quando la rabbia e l’indignazione sono necessarie

Con la sua tesi Davide ha portato alla luce ancora una volta ingiustizie diventate così strutturali da risultare praticamente invisibili, nascoste, eppure costanti, pericolose e lesive dei diritti e della dignità di tutte le donne.

‘È urgente e necessario indignarsi e pretendere di ribaltare lo status quo, adeguandolo fra l’altro, senza invocare azioni radicali, a quello che è lo stato del diritto in Italia.

“Il lato positivo è che sono rimasto colpito dal fatto che la tesi è piaciuta alla commissione e soprattutto all’aula – ha concluso Davide -. È stato uno dei pochi casi in cui la commissione per più di dieci minuti ha discusso, non mi hanno fatto neanche domande. Anche fuori dall’aula amici, genitori e parenti degli altri candidati sono venuti a complimentarsi con me, ed è nata una sana ed interessata discussione”.