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Poteva sembrare
una manifestazione come tante, sempre più diffuse in tutto il mondo, ma si è trattato di
un baluardo di resistenza che non ha eguali in tutta Europa. Durante il weekend
Budapest si è tinta di arcobaleno. In occasione del
Pride infatti, migliaia di persone hanno sfilato lungo le strade della capitale magiara
contro l'escalation omofoba del governo di Viktor Orban, che poco più di un mese fa ha introdotto una legge che vieta la diffusione di informazioni riguardanti i temi Lgbtq+ ai minori di 18 anni.
Oltre 30mila persone, ottomila in più rispetto a due anni fa, quando si era celebrato l'ultima volta, sono scese per strada in modo pacifico, tra musica, bandiere e ombrellini rainbow per difendersi anche dal caldo. L'obiettivo non era solo quello di
rivendicare la propria libertà di esistere, ma anche
opporsi in modo deciso ma non violento ad un regime che delle politiche anti lgbtq+ sta facendo un fiore all'occhiello della propria politica. Soprattutto dopo la recente decisione approvata da Fidesz, partito di Orban, di quella che a molti appare come una
legge oblio, che vorrebbe
'cancellare' l'esistenza dell'omosessualità e della diversa identità di genere agli occhi delle nuove generazioni. In merito, pochi giorni fa la
Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione contro l'Ungheria, definendo la legge discriminatoria e contraria ai valori europei della tolleranza e delle libertà individuali, e al rispetto della dignità umana sanciti dai Trattati europei. In tutta risposta il premier nazionalista ha annunciato
un referendum sul controverso provvedimento "per fermare Bruxelles come avvenne cinque anni fa sulla questione dei migranti". Il leader, che guarda già alle elezioni del prossimo anno, è convinto di poggiare su un consenso popolare molto solido, ma secondo un sondaggio Ipsos,
il 46% degli ungheresi è favorevole alle nozze gay e secondo una ricerca del Globsec
il 55% non è d'accordo con la "demonizzazione della comunità".
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"Invece di proteggere le minoranze,
il governo sta usando le leggi per emarginare gli Lgbtq nel proprio Paese", hanno denunciato gli organizzatori del Pride, mostrando, con il successo dell'evento "ai politici assetati di potere che la comunità non si farà intimidire". "Quella legge è
un oltraggio. Viviamo nel ventunesimo secolo e cose del genere non dovrebbero accadere. Non siamo più in epoca comunista, siamo in Ue e tutti dovrebbero poter vivere liberamente", ha detto invece
Istvan, 27 anni, che ha partecipato alla marcia nel centro di Budapest con il suo ragazzo. Alla marcia di protesta e di orgoglio magiara ha preso parte una
delegazione di politici italiani, tra cui Brando Benifei e
Alessandro Zan del Pd, Vladimir Luxuria ed esponenti di Più Europa che hanno sfilato assieme al
sindaco della capitale, Gergely Karácsony, esponente di punta dell'opposizione. "Siamo qui a Budapest per dimostrare che
le persone Lgbt ungheresi non sono sole di fronte all'attacco da parte del governo di Orban", ha affermato in diretta Facebook
Yuri Guaiana, membro della direzione di Più Europa. "In Ungheria si gioca
la partita dello stato di diritto, della democrazia, della libertà e dei diritti in tutta l'Unione europea - ha aggiunto
Benedetto Della Vedova, segretario del partito e sottosegretario agli Esteri -. I Paesi che hanno scelto di stare in Ue hanno sottoscritto il trattato di Lisbona che contiene la carta dei diritti fondamentali di Nizza. E quindi i Paesi membri hanno un obbligo: non si può rimanere in Europa se si hanno leggi che
violano palesemente i diritti di libertà fondamentali, come è il caso dei diritti delle persone Lgbt, che invece sono colpiti e violati in Ungheria".
Quaranta ambasciate e istituzioni culturali presenti in Ungheria, hanno pubblicato
un comunicato di sostegno al Budapest Pride. "Incoraggiamo iniziative in ogni Paese per
garantire l'uguaglianza e la dignità di tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro orientamento sessuale o identità di genere", si legge nella nota firmata, tra gli altri, dalle ambasciate italiana, britannica, tedesca e americana. Nel frattempo, però, come ha dimostrato il
silenzio indifferente del premier ungherese durante la protesta, vivere in Ungheria significa resistere e ogni
atto di resistenza è un atto politico. Ogni bacio, ogni bandiera, ogni cartello mostrato con orgoglio al Pride di Budapest allora, assumono una nobiltà politica in riposta (pacifica) a quel
diktat di democrazia illiberale - termine coniato dallo stesso Orban - che vede nel diverso, in ciò che è marginale, uno sfogo per politiche discriminatorie e violente.