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Home » Attualità » “Formazione militare demandata dalle forze Nato ad agenzie private: ecco perché l’esercito afghano si è subito dissolto”

“Formazione militare demandata dalle forze Nato ad agenzie private: ecco perché l’esercito afghano si è subito dissolto”

Igor Pellicciari, docente all'Università di Urbino e alla Luiss spiega che fra Paesi Donatori e Beneficiari della sicurezza i soli a raggiungere l'obiettivo sono stati i contractor cui Usa e alleati hanno affidato l'addestramento delle truppe regolari di Kabul. "Un errore commesso nella lotta all'Isis e ripetuto ora"

Domenico Guarino
24 Agosto 2021
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Uno dei dati più discussi riguardo al ritorno dei talebani al potere, gira intorno al motivo per cui l’esercito regolare afghano, che è stato formato ed addestrato dalle potenze occidentali con investimenti di ingenti risorse, si sia di fatto sciolto come neve al sole di fronte all’avanzata degli Studenti Coranici.

Per capire come mai ciò sia stato possibile, Intervistiamo il professor Igor Pellicciari, docente di Relazioni internazionali all’università Carlo Bo di Urbino e alla Luiss di Milano.

 

Igor Pellicciari durante una conferenza all’Onu

Come si spiega il fatto che i talebani non abbiano praticamente incontrato resistenza nella loro avanzata su Kabul?

 

“E’ stata la conseguenza abbastanza scontata del rapporto fallimentare tra Stati Donatori e Beneficiari, che si è trasformato in un vero e proprio boomerang a vantaggio dei Taliban. In 20 anni di Aiuti all’Afghanistan, gli unici a trarne un bilancio in positivo non sono i Paesi donatori, ma solo i soggetti privati che ne hanno curato la realizzazione”.

 

In che senso?

 

“Va precisato che per formare l’esercito afghano regolare si sono investite ingenti risorse nel corso di questi venti anni. Solo che queste risorse non sono state gestite direttamente dagli eserciti ma il compito è stato affidato a Contractors esterni. Anche nei casi in cui, per la particolare delicatezza del compito, sarebbe servita l’azione diretta di un Soggetto istituzionale, i Paesi Donatori hanno preferito affidarsi ad attori esterni. Quindi di fatto alla realizzazione di questi Progetti sono stati messi attori privati, che hanno facilmente anteposto i loro interessi diretti al raggiungimento reale degli obiettivi affidati loro. Una cosa simile era già accaduta con l’Isis”.

 

A cosa si riferisce?

 

“Al fatto che anche in quell’occasione, il Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi poté contare su un cospicuo arsenale ed un esercito che in larga parte era stato formato da anni di interventi occidentali di assistenza in Iraq”.

 

Igor Pellicciari

Se il metodo aveva dunque già dato pessimi esiti, come mai si è preferito continuare invece di cambiare rotta?

 

“In parte perché i Paesi donatori non avevano la forza di seguire direttamente la realizzazione di tutte le iniziative da loro finanziate. Poi ci possono essere state anche delle distorsioni, come sempre accade quando si convoglia la gestione di ampie risorse verso il privato, cosa che può favorire lo sviluppo di clientele. E stiamo parlando di tanti tanti soldi. Gli interessi che si muovono sono enormi perché gli investimenti nel campo della difesa assommano a migliaia di miliardi, soprattutto intorno alla logistica. E non sempre si tratta di interessi legittimi. In tutto questo c’è da sfatare anche la retorica dell’ ‘aiutiamoli a casa loro’, che viene molto usata soprattutto da qualche parte politica: l’Afghanistan dimostra una volta di più che chi si lamenta dell’uso deviato dei fondi per l’accoglienza dei migranti, poi spesso propone un modello che in realtà favorisce e nasconde scandali e corruzioni anche maggiori . In questo però c’è poi anche una colpa specifica delle opinioni pubbliche”.

 

Perché?

 

“Perché solitamente si approccia la vicenda degli aiuti enfatizzando la questione della necessità, senza prestare attenzione al controllo di come le risorse destinate vengono concretamente utilizzate. Insomma, prevale una retorica basata sui valori morali che non tiene conto dell’aspetto degli interessi e delle finalità politiche perseguiti dal Donatore. I Donatori hanno interessi sempre maggiori dei Beneficiari: questo va detto e chiarito con forza. Prendiamo ad esempio, la questione dei vaccini o del materiale sanitario in tempo di covid: gli stati si muovono dietro precisi interessi nazionali. Non è beneficenza”.

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  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

#lucenews #lucelanazione #camihawke #tricodinia
  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran
Uno dei dati più discussi riguardo al ritorno dei talebani al potere, gira intorno al motivo per cui l’esercito regolare afghano, che è stato formato ed addestrato dalle potenze occidentali con investimenti di ingenti risorse, si sia di fatto sciolto come neve al sole di fronte all’avanzata degli Studenti Coranici. Per capire come mai ciò sia stato possibile, Intervistiamo il professor Igor Pellicciari, docente di Relazioni internazionali all’università Carlo Bo di Urbino e alla Luiss di Milano.  
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Igor Pellicciari
Se il metodo aveva dunque già dato pessimi esiti, come mai si è preferito continuare invece di cambiare rotta?   "In parte perché i Paesi donatori non avevano la forza di seguire direttamente la realizzazione di tutte le iniziative da loro finanziate. Poi ci possono essere state anche delle distorsioni, come sempre accade quando si convoglia la gestione di ampie risorse verso il privato, cosa che può favorire lo sviluppo di clientele. E stiamo parlando di tanti tanti soldi. Gli interessi che si muovono sono enormi perché gli investimenti nel campo della difesa assommano a migliaia di miliardi, soprattutto intorno alla logistica. E non sempre si tratta di interessi legittimi. In tutto questo c’è da sfatare anche la retorica dell’ ‘aiutiamoli a casa loro’, che viene molto usata soprattutto da qualche parte politica: l’Afghanistan dimostra una volta di più che chi si lamenta dell’uso deviato dei fondi per l’accoglienza dei migranti, poi spesso propone un modello che in realtà favorisce e nasconde scandali e corruzioni anche maggiori . In questo però c’è poi anche una colpa specifica delle opinioni pubbliche".   Perché?   "Perché solitamente si approccia la vicenda degli aiuti enfatizzando la questione della necessità, senza prestare attenzione al controllo di come le risorse destinate vengono concretamente utilizzate. Insomma, prevale una retorica basata sui valori morali che non tiene conto dell’aspetto degli interessi e delle finalità politiche perseguiti dal Donatore. I Donatori hanno interessi sempre maggiori dei Beneficiari: questo va detto e chiarito con forza. Prendiamo ad esempio, la questione dei vaccini o del materiale sanitario in tempo di covid: gli stati si muovono dietro precisi interessi nazionali. Non è beneficenza".
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