“Non respiro”. Due parola pronunciate con un filo di voce, nell’ultimo respiro prima di morire. È successo ancora: a Canton, in Ohio, un afroamericano è stato ucciso dalla polizia in modo brutale, tenuto schiacciato a terra con il ginocchio del poliziotto sul collo fino a farlo soffocare.
Un copione che si ripete, tragicamente, nonostante gli appelli, le mobilitazioni, lo sdegno internazionale: i neri continuano a morire negli Stati Uniti per un eccesso di violenza da parte della polizia. Le modalità solo sempre le stesse, come dimostra l’ultimo episodio avvenuto al 53enne Frank Tyson, fermato dagli agenti e morto pronunciando la stessa drammatica frase (I can’t breathe) di George Floyd nel maggio 2020 ed Eric Garner nel 2014, diventata poi lo slogan del movimento di protesta Black Lives Matter.
L’uccisione ripresa dalla bodycam
In un video shock di 36 minuti, che risale allo scorso 18 aprile ed è stato preso dalla bodycam di uno dei poliziotti, si vede l’agente che lo blocca a terra, gli preme il ginocchio sulla schiena per oltre 30 secondi e alle sue implorazioni risponde di “darsi una calmata”. Solo cinque minuti dopo lo stesso poliziotto, vedendo che l’uomo non si muoveva più, gli controlla il polso constatando l'assenza di battito ma passa ancora altro tempo prima che gli venga praticata la rianimazione cardiopolmonare. Ormai troppo tardi. Poi arriva un'ambulanza e l'uomo viene portato in ospedale: qui i dottori non possono far altro che constatarne la morte. In attesa dell'esito delle indagini, gli agenti coinvolti sono stati sospesi.
[ATTENZIONE IMMAGINI FORTI]
La vittima, Tyson, aveva precedenti penali: era stato scarcerato il 6 aprile dopo aver scontato 24 anni di progione per sequestro di persona e furto e subito dopo aveva violato i termini della libertà condizionata. Il 18 aprile era andato a sbattere contro un palo elettrico mentre era alla guida della sua auto e poi era scappato. In seguito ad una segnalazione, la polizia lo ha trovato in un locale frequentato da veterani nella cittadina di Canton. Quando gli agenti hanno cercato di ammanettarlo, lui ha opposto resistenza e si è messo a gridare "Mi vogliono uccidere”, “Chiamate lo sceriffo”. Da qui la dura reazione che ha portato al tragico epilogo.
L’ultimo di una lunga serie
Si tratta purtroppo dell’ultimo di una lunga serie di tragici episodi ai danni della comunità nera negli Stati Uniti che si susseguono ad un ritmo spaventoso. Lo scorso 10 aprile agenti in borghese hanno trucidato l'afroamericano 26enne Dezter Reed con 96 colpi in 42 secondi durante un controllo stradale a Chicago. Un mese prima, un ragazzo autistico di 15 anni è stato ucciso dalla polizia alle porte di Los Angeles perché brandiva una zappa. Secondo i dati delle organizzazioni per i diritti dei neri, il 10% delle uccisioni di afroamericani da parte della polizia americana inizia con un fermo per un incidente o un'infrazione stradale e un afroamericano rischia due volte e mezzo più di un bianco di essere ammazzato da agenti.