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Home » Attualità » #ILGIORNODOPO, la campagna di Luce! contro la violenza sulle donne. Le testimonianze di chi ha detto “Basta”

#ILGIORNODOPO, la campagna di Luce! contro la violenza sulle donne. Le testimonianze di chi ha detto “Basta”

È stata Eva Dal Canto a lanciare, come reazione al video in cui Beppe Grillo cercava di scagionare il figlio Ciro indagato per stupro, la campagna #ilgiornodopo, ripresa sulle colonne di “Luce!”. Fra le tante donne che si sono raccontate, ecco le storie più toccanti

Valentina Bertuccio D’Angelo
25 Novembre 2021
Il racconto di Anna Maria: anche lei ha rotto il muro del silenzio

Il racconto di Anna Maria: anche lei ha rotto il muro del silenzio

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LETIZIA MAGNANI

Non conoscevo il mio aggressore. Non l’ho nemmeno visto in faccia quando mi ha aggredita una sera mentre rincasavo, a Siena. Gli ho offerto i soldi che avevo appena prelevato, ma mi ha gettata per terra e mi si è buttato sopra. Le mie urla hanno attirato l’attenzione di alcuni ragazzi e lui è scappato urlando parole terribili. Ho chiamato la polizia e poi sono andata in ospedale. Il giorno dopo ho parlato e pianto tanto con mia madre, il mio compagno. Mi sono iscritta a un corso di autodifesa e ho chiamato “Linea Rosa” per mettermi a disposizione delle donne vittime di violenza. Quando ho fatto la denuncia mi sono sentita chiedere “Ma lei com’era vestita?”.

CLAUDIA ANTONINI

Non pensavo che mi sarebbe mai successo e invece sono finita in una relazione devastante. Il mio carnefice è l’uomo con cui ho avuto una relazione di sei anni. All’inizio era dolce, tenero, innamoratissimo: resistergli è stato difficile. Poi è emersa la sua vera natura: lunatico, con grossi sbalzi di umore. Giorno dopo giorno vivevo una realtà di urla, scenate di gelosia, mutismo punitivo, offese a me e alla mia famiglia. E io mano a mano mi annullavo. Gli ho chiesto di farsi aiutare ma non ha voluto e così mi sono fatta aiutare io. Ho capito che era un narcisista patologico overt. Il giorno dopo l’ennesima umiliazione ho detto basta e ho scelto me stessa.

VALENTINO BERTUCCIO D’ANGELO

Nella mia vita ho subito decine di micro aggressioni sessuali. Ma ci sono due episodi in particolare che ricordo con dolore, perché ero giovanissima e perché il giorno dopo non dissi nulla a nessuno, tanta era la vergogna che provavo. Quando avevo 12 anni, durante la sfilata di carnevale, venni circondata da coetanei e, mentre ero rannicchiata per terra per proteggermi, venni toccata ovunque. Poi il branco andò via ridendo e sbeffeggiandomi. A 14 anni, in metropolitana, un uomo di mezza età mi toccò la gamba per dieci lunghissimi minuti. Non feci nulla, ero paralizzata. Il giorno dopo non dissi nulla e andai a scuola come sempre.

LETIZIA CINI

Per tanti anni mi sono sentita in colpa per aver “invogliato” quell’uomo e per aver chiamato mio padre per raccontargli tutto: “Poteva finire in tragedia”. Avevo solo 15 anni. Ero sola in casa, il negoziante che consegnava la spesa lo sapeva. Quando aprii la porta mi disse “sei bella, alza il vestito” e mi diede un morso sul braccio. Aveva l’età di mio padre e un figlio poco più grande di me. Io scappai in terrazza, mi misi a cavalcioni sul cornicione e gli dissi che mi sarei buttata giù. Quando raccontai tutto a mia madre reagì con gli strumenti che aveva: “In fondo è colpa delle donne se gli uomini non resistono”. Il giorno dopo andai a scuola, ma non ero più la stessa.

EVA DAL CANTO

Ho subito violenza a 12 anni e il giorno dopo sono andata a scuola. Non mi sono resa conto di quello che era successo e non l’ho mai denunciato. L’ho capito solo anni dopo, elaborando la vicenda in terapia. Lì ho capito che stavo molto male. A volte serve tempo per metabolizzare il fatto di aver subito una violenza perché può capitare a tutti e da parte di tutti. Ho lanciato la campagna #ilgiornodopo perché vorrei che fosse per i sopravvissuti e le sopravvissute un cammino di rinascita e riappropriazione della felicità che ci è stata negata. E spero che le generazioni future abbiano una consapevolezza maggiore di cosa sia il consenso nei rapporti sessuali.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia

LETIZIA MAGNANI

Non conoscevo il mio aggressore. Non l’ho nemmeno visto in faccia quando mi ha aggredita una sera mentre rincasavo, a Siena. Gli ho offerto i soldi che avevo appena prelevato, ma mi ha gettata per terra e mi si è buttato sopra. Le mie urla hanno attirato l’attenzione di alcuni ragazzi e lui è scappato urlando parole terribili. Ho chiamato la polizia e poi sono andata in ospedale. Il giorno dopo ho parlato e pianto tanto con mia madre, il mio compagno. Mi sono iscritta a un corso di autodifesa e ho chiamato “Linea Rosa” per mettermi a disposizione delle donne vittime di violenza. Quando ho fatto la denuncia mi sono sentita chiedere “Ma lei com’era vestita?”.

CLAUDIA ANTONINI

Non pensavo che mi sarebbe mai successo e invece sono finita in una relazione devastante. Il mio carnefice è l’uomo con cui ho avuto una relazione di sei anni. All’inizio era dolce, tenero, innamoratissimo: resistergli è stato difficile. Poi è emersa la sua vera natura: lunatico, con grossi sbalzi di umore. Giorno dopo giorno vivevo una realtà di urla, scenate di gelosia, mutismo punitivo, offese a me e alla mia famiglia. E io mano a mano mi annullavo. Gli ho chiesto di farsi aiutare ma non ha voluto e così mi sono fatta aiutare io. Ho capito che era un narcisista patologico overt. Il giorno dopo l’ennesima umiliazione ho detto basta e ho scelto me stessa.

VALENTINO BERTUCCIO D’ANGELO

Nella mia vita ho subito decine di micro aggressioni sessuali. Ma ci sono due episodi in particolare che ricordo con dolore, perché ero giovanissima e perché il giorno dopo non dissi nulla a nessuno, tanta era la vergogna che provavo. Quando avevo 12 anni, durante la sfilata di carnevale, venni circondata da coetanei e, mentre ero rannicchiata per terra per proteggermi, venni toccata ovunque. Poi il branco andò via ridendo e sbeffeggiandomi. A 14 anni, in metropolitana, un uomo di mezza età mi toccò la gamba per dieci lunghissimi minuti. Non feci nulla, ero paralizzata. Il giorno dopo non dissi nulla e andai a scuola come sempre.

LETIZIA CINI

Per tanti anni mi sono sentita in colpa per aver “invogliato” quell’uomo e per aver chiamato mio padre per raccontargli tutto: “Poteva finire in tragedia”. Avevo solo 15 anni. Ero sola in casa, il negoziante che consegnava la spesa lo sapeva. Quando aprii la porta mi disse “sei bella, alza il vestito” e mi diede un morso sul braccio. Aveva l’età di mio padre e un figlio poco più grande di me. Io scappai in terrazza, mi misi a cavalcioni sul cornicione e gli dissi che mi sarei buttata giù. Quando raccontai tutto a mia madre reagì con gli strumenti che aveva: “In fondo è colpa delle donne se gli uomini non resistono”. Il giorno dopo andai a scuola, ma non ero più la stessa.

EVA DAL CANTO

Ho subito violenza a 12 anni e il giorno dopo sono andata a scuola. Non mi sono resa conto di quello che era successo e non l’ho mai denunciato. L’ho capito solo anni dopo, elaborando la vicenda in terapia. Lì ho capito che stavo molto male. A volte serve tempo per metabolizzare il fatto di aver subito una violenza perché può capitare a tutti e da parte di tutti. Ho lanciato la campagna #ilgiornodopo perché vorrei che fosse per i sopravvissuti e le sopravvissute un cammino di rinascita e riappropriazione della felicità che ci è stata negata. E spero che le generazioni future abbiano una consapevolezza maggiore di cosa sia il consenso nei rapporti sessuali.

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