La mela non casca tanto lontano dall'albero. È proprio il caso di dirlo. Quanto accaduto a Pescara, dove un 30enne ha palpeggiato una 20enne per strada, è emblematico del fatto che la violenza sulle donne è un problema culturale, di educazione (di ineducazione a dirla tutta) e in quanto tale non appartiene solo agli uomini, ma ad un'intera società. È, quindi, un problema di tutti gli agenti che la influenzano. La cultura patriarcale, e con essa quella dello stupro, può crescere ovunque: in famiglia, a scuola, al lavoro. Senza differenze di genere o di ceto. È un'erbaccia, sempreverde e resistente, in questo senso per nulla discriminante. Ha radici profonde, sotto qualsiasi terreno. Che esso sia il giardino di una villa di lusso o un campo incolto. Cresce e germoglia indisturbata, fino a diventare infestante, se nessuno si preoccupa di sradicarla. Per liberarsene ci vuole cura e impegno costante.
La molestia in centro a Pescara
Stando alla ricostruzione è accaduto in pieno giorno, alla luce del sole e soprattutto sotto gli occhi di tutti. Anche quelli materni. Lui, 31enne, vede una ragazza in piazza, tutta sola, sta aspettando gli amici. È più piccola, ha 22 anni. Si avvicina alle spalle e pensa bene di toccarle il sedere, con una certa veemenza. Lei sarà rimasta sconvolta di fronte a quel gesto completamente inaspettato, lo avrà guardato con un un mix di spavento, rabbia e sconcerto negli occhi. Magari avrà anche provato a chiedergli spiegazioni di quell'assurdità. Perché poi lui, di tutta risposta, sminuisce l'accaduto.Le palpeggia il sedere e poi si giustifica: "Scherzo"
La giustificazione sarebbe stata delle più banali, quanto fastidiose. Era uno scherzo. Peccato, però, che non stesse ridendo nessuno. Neppure dopo che la madre del trentenne ha provato a "spiegare lo sketch", arrivando in aiuto del figlio e spalleggiandolo. Non soddisfatta, anzi evidentemente delusa dalla reazione della ventenne che, nel frattempo, prende il cellulare e inizia a fotografarli pensando forse già alla denuncia che avrebbe sporto, passa all'attacco. Con tono di sfida e una fallimentare strategia di psicologia inversa, la invita a denunciare tutto alla polizia e le consiglia un altro tipo di reazione. Da persona più grande, verso una ragazzina che per età poteva essere sua figlia, le regala quello che per lei doveva essere un prezioso insegnamento di vita, facendole notare che avrebbe dovuto essere contenta di ricevere attenzioni "da un bell'uomo" (ovvero suo figlio). Che quelle attenzioni non fossero assolutamente richieste, cercate, volute, apprezzate, ma bensì fastidiose, invadenti, violenti, imposte, è un dettaglio insignificante per la mamma del palpeggiatore, a quanto pare. La ragazza, secondo lei, avrebbe dovuto sorridere e sentirsi soddisfatta da quella dimostrazione di piacere, da quelle attenzioni. Dopotutto - avrà pensato la donna e a maggior ragione il figlio - che aspirazione potrà avere un oggetto del desiderio altrui, se non quella di essere desiderata? Entrambi, evidentemente, ignorano che non funziona proprio così. A nulla saranno valsi i tanti episodi denunciati e finiti, ultimamente e non solo, sotto i riflettori della cronaca, scatenando un'indignazione collettiva.Visualizza questo post su Instagram