Nel 2022 si sono dimesse più di 44.000 madri. Un dato allarmante, che però è in linea con un fenomeno ben noto nel nostro Paese:
lavorare e fare la mamma è un binomio tutto in divenire e ancora ben lontano dalla realizzazione. Per le più giovani, magari neo assunte, pensare alla maternità è quasi un sogno, un'utopia. Per quelle che invece un figlio già lo hanno tornare al proprio impiego è un tetris complicato tra asili, baby sitter e conti da far quadrare. E per le donne che invece stanno per diventare mamme la scelta tra posto di lavoro e cura dei bambini spesso ricade già in partenza per la seconda opzione. Perché sì, è evidentemente ancora
una scelta, almeno per la maggioranza.
Mamme lavoratrici: un binomio ancor a ben lontano dalla piena realizzazione
Dimissioni nel 2022: la maternità che penalizza
Prova ne è che mentre il tasso di
partecipazione femminile al mondo del lavoro è ancora distante dalla
media europea, decine di migliaia di donne si dimettono proprio a causa della difficoltà di conciliare carriera e famiglia. L'anno scorso 'gli addii' convalidati dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro, presentati nei primi 3 anni di vita del figli, sono aumentate del 17,1% rispetto a un anno prima, salendo a 61.391 unità. Il fenomeno riguarda soprattutto
le donne (
72,8% dei provvedimenti, ovvero 44.669 dimissioni convalidate) e nella maggior parte dei casi (63%) si tratta di neo mamme che mettono tra le motivazioni la
fatica nella contemporanea gestione dell'impiego e della cura dei figli, grandi o - più spesso - piccoli che siano.
Per i neo papà solo in minima parte c'è il problema della la fatica nella contemporanea gestione dell'impiego e della cura dei figli
Motivazione, questa, che riguarda invece solo il 7,1% dei padri. Per gli uomini la ragione principale delle dimissioni è, invece, il passaggio a un'altra azienda (78,9%), che a sua volta riguarda invece solo meno di un quarto delle donne. Anche perché, come abbiamo visto, più che passare ad un altro posto le mamme sono spesso costretta a lasciarlo per dedicarsi all'accudimento dei bambini.
Neo mamme le più colpite
"Come per gli anni precedenti, il maggior numero di provvedimenti dell'Inl, pari al 58% dei casi, si riferisce a
lavoratori/lavoratrici con un solo figlio (o in attesa del primo figlio) e questo conferma - spiega l'Ispettorato - che la fascia critica per restare nel mercato del lavoro è proprio quella immediatamente dopo la maternità". La difficoltà delle mamme lavoratrici si riscontra del resto anche nei dati diffusi oggi da Confcommercio, secondo cui in Italia il tasso di
lavoratrici tra i 15 e i 74 anni nel 2022 è stato pari al
48,2%, ben 11 punti percentuali in meno rispetto al 59,6% della media dell'Unione Europea. E il
gap è ancora più ampio al Sud, dove la percentuale di donne occupate è pari al 35,5%, indietro di oltre 24 punti rispetto alla media europea, contro il 55,4% del Nord. Secondo l'indagine dell'associazione dei commercianti sulle dinamiche del
lavoro femminile, se il livello di partecipazione delle donne da noi salisse al pari di quello europeo avremmo 2,3 milioni di occupate in più.
Il tasso di lavoratrici italiane è di 11 punti percentuali in meno rispetto alla media europea
In particolare, per Confcommercio, il settore che si rivela maggiormente attrattivo per le donne è il
terziario: nel mondo dei servizi l'occupazione femminile è pari al 47,5%, un valore decisamente superiore rispetto al totale delle attività economiche (39,6%). E a fronte di una componente femminile, dipendente e indipendente, che nel mercato del lavoro complessivo è cresciuta nel quadriennio 2019-2023 del 13,3%, nel solo terziario l'aumento delle donne è stato più accentuato, pari al 15,8%.