È un fenomeno in costante espansione e riguarda un’ampia categoria di persone, dai 30 ai 60 anni. Stiamo parlando dei cosiddetti “adult babies”, persone che interessate da atteggiamenti parafiliaci (per parafilie si intendono le preferenze sessuali non patologiche, ndr) che organizzano incontri online e fisici in cui sfogare tutta la loro voglia di essere e rimanere bambini, almeno per qualche ora. Per questo esistono da tempo un po’ in tutta Italia veri e propri asili per adulti, in cui queste persone possono liberamente regredire all’età infantile con i tipici comportamenti dei più piccoli e in qualche caso dei neonati.
Sono uomini e donne che trovano piacevole indossare il pannolino, mettere il ciuccio in bocca e succhiare il latte da un biberon. Ma anche abbandonarsi a canzoncine, a giochi e a scherzi tipici della più tenera età. Secondo gli studi più recenti, comparsi in America già nel lontano ’64, nessuna di queste persone è affetta da alcuna patologia e il loro desiderio di tornare ad essere piccoli non sarebbe da mettere in connessione con alcun feticismo di tipo sessuale. Tutto resta, alla stregua di un gioco di ruolo, limitato a determinati momenti della giornata e coinvolge soggetti che nella vita hanno famiglia, un lavoro regolare e spesso occupano posti di responsabilità.
Gli AB, insomma, non fanno male a nessuno, non compiono nessun genere di reato ma si limitano soltanto a dare vita a fantasie che possono esprimere liberamente e in modo consapevole ritrovandosi sulle piattaforme social per condividere i propri gusti. Proteggersi con l’anonimato a causa degli inevitabili strali della pubblica opinione si rivela necessario, anche perché i numeri sono in crescita: basti pensare che solo il gruppo “AB Nursery” ha superato su Facebook i 3000 iscritti. A occuparsi da anni di questo fenomeno sociale è la streamer e content creator Anna Manna, una giovane donna di origini salernitane che dopo aver conseguito la laurea in filosofia alla Federico II si è trasferita a Roma dove attualmente vive e lavora.
“Mi sono interessata con tutto il rispetto possibile al caso degli ‘adult babies’ perché il mio obiettivo principale è la sensibilizzazione e la divulgazione anche delle più delicate tematiche sociali, in nome di una corretta informazione e della massima chiarezza, cosa che ho fatto anche attraverso un canale mediatico che ho chiamato ‘We Matter’ – spiega –. Questo è frutto della mia passione per gli studi socio politici con i quali ho integrato il mio percorso accademico e della naturale empatia che nutro nei confronti di tutte le categorie emarginate, troppo spesso ridicolizzate e oppresse”.
Manna, chi sono gli adult babies?
“Persone che per soddisfare la loro parafilia si radunano anche in alcune community per incontrarsi, ma sempre nel massimo rispetto dei membri che per una serie di ragioni decidono di prenderne parte”.
Per quale motivo si è interessata a questi argomenti? “Personalmente, anche per via di una precisa formazione universitaria, mi sento vicina a tutto ciò che è oggetto di pregiudizio a livello sociale: quindi amo dar voce a quelle che sono le categorie marginalizzate, ostracizzate e discriminate, tra cui rientra anche questa casistica in esame. La mia tesi di laurea, che verteva sulla politica dei senza parte fino all'estetica del disaccordo teorizzata dal filosofo francese Jacques Rancière, ha contribuito a tracciare un percorso preciso e fondamentale per me di studio e di vita”.
Com’è che si scopre di essere eterni bambini?
“In realtà penso che ogni esperienza sia personalissima e individuale, perciò credo che a queste persone andrebbe data voce e possibilità di esprimersi liberamente e senza pregiudizi. Lo stigma su chi, nel suo privato, conduce una vita da adult baby è molto pesante e questo lo induce ad esporsi molto poco. Non a caso, il mio studio su questo mondo è stato sempre condotto rispettando il completo anonimato, proprio per evitare di sottoporre questi soggetti a una facile gogna con possibili conseguenze anche sul piano lavorativo. Va sottolineato che gli adult babies non si comportano così se non in determinate circostanze, alla stregua di qualsiasi momento intimo, come può esserlo quello di natura erotica”.
Possiamo parlare di atteggiamenti feticisti?
“Un conto è l'adult baby e un altro è il diaper lover, cioè l'amante dei pannolini: una forma di parafilia che comunque resta qualcosa di estremamente controllabile. Ogni persona può, in fin dei conti, aver sperimento nel corso della sua esistenza piccoli episodi di feticismo, per esempio riguardanti alcuni aspetti del corpo. Eppure questi sono molto meno censurati rispetto alla parafilia del genere trattato, per il semplice fatto che l’atteggiamento parafiliaco confligge con la bigotta mentalità sociale prevalente, che dovrebbe accettare serenamente tutto questo se fatto in maniera consenziente e rispettosa. A Roma, per esempio, credo che esista ancora una nursery per adult baby assolutamente alla luce del sole, fatta per coloro che intendono aderire all’iniziativa in modo del tutto consapevole e responsabile”.
Come fanno i soggetti interessati a riconoscersi e ritrovarsi?
“Esistono delle community online, sul web, su Facebook, Telegram; realtà fatte per dar vita, a mio avviso, a un’ attività rispettabilissima: tuttavia quando tutto questo si trasforma in dipendenza e va a limitare la vita quotidiana della persona può essere pericoloso e sarebbe consigliabile seguire una terapia. Soltanto allora si può parlare di parafilia vera e propria, rivelando così una forma di vero e proprio disagio psichico”.
Possiamo parlare di ricerca di una personale comfort zone?
“Sì, certo. Però va precisato che il disturbo parafiliaco non va confuso con la parafilia in senso stretto. Per questo ci sono professionisti ben preparati che se ne occupano: sono scelte che spesso implicano un preciso modo di esprimere la propria sessualità, che fa parte dell’universo erotico, romantico o poetico tipico del privato di ognuno. E’ più difficile parlare con una persona adult baby piuttosto che una persona che pratica puppy play, gioco erotico appartenente alla categoria BDSM (acronimo che indica una predilezione per il dominio e la sottomissione ndr). In questo gioco di ruolo, c’è ad esempio chi finge di essere un cucciolo di animale, di cane, e come tale vuole essere trattato”.
Quindi la componente ‘sessuale’ fa parte dell’esperienza dell’adult baby…
“Sì, sicuramente c'è la simulazione sessuale che, attenzione, non implica il tocco diretto delle zone erogene o delle parti intime, perché in realtà è più spesso di natura mentale, tipica dei giochi di ruolo. Quindi sesso, ma non come si pensa con la stimolazione fisica, che spesso è assente a favore di una eccitazione di tipo mentale”.
Cosa vi aspettate dal mondo che vi circonda, quali traguardi pensate di raggiungere?
“Partiamo intanto dal presupposto che stiamo parlano di persone, secondo me, normalissime, intanto perché loro stessi si percepiscono tali anche se non capite da una società decisamente ipocrita. Di sicuro ci aspettiamo una corretta informazione finalizzata a distruggere l'ignoranza dilagante su queste come su tante altre tematiche sensibili arrivando a formare coscienze nuove in un contesto sociale ancora piuttosto arretrato sul quale è assolutamente necessario non smettere mai di lavorare”.