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Home » Lifestyle » “Basta con le etichette su chi amo, il colore della mia pelle, il mio passaporto. Io sono libera”

“Basta con le etichette su chi amo, il colore della mia pelle, il mio passaporto. Io sono libera”

La campionessa di pallavolo Paola Egonu, 22 anni, di Cittadella, ha indossato i panni di presentatrice, per una sera, del programma le Iene. E da lì ha voluto lanciare un messaggio in merito alla pressione mediatica che vive quotidianamente

Marianna Grazi
28 Ottobre 2021
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Dal campo di volley al palco della tv, Paola Egonu si prende la scena in ogni sua uscita, anche quando invece delle scarpe da ginnastica e dei pantaloncini indossa uno scintillante vestito nero e dei tacchi vertiginosi (che, per la cronaca, ha tolto in favore di un paio di mocassini). L’abito non fa il monaco, e certo a lei non serve un abito per farsi notare. La campionessa di pallavolo ha condotto insieme a Nicola Savino la puntata del 26 ottobre de “Le Iene”, prendendo il posto che in precedenza avevano occupato Elodie, Rocio Munoz Morales ed Elisabetta Canalis. Per la prima volta nei panni di presentatrice di un programma televisivo, l’atleta non sì è fatta sfuggire l’occasione per raccontarsi e parlare di qualcosa che proprio non tollera: le etichette.

La 22enne di Cittadella (Padova), nata da genitori di nazionalità nigeriana e particolarmente legata al suo paese di origine, ha sempre dimostrato di avere una personalità travolgente, gioiosa e aperta. Fortissima in campo, la schiacciatrice della nazionale italiana campionessa d’Europa e opposto dell’Imoco Volley, anche in un ambiente diverso, è apparsa a suo agio, padrona della situazione e consapevole di avere la possibilità di lanciare un messaggio importante. Per Egonu la conduzione è stata un’altra sfida da accettare e l’ha affrontata con il sorriso che da sempre la contraddistingue.

“Farlo mi piace perché mi permette di farmi conoscere e di trasmettere ciò che sento di essere, i miei valori. Non vedo l’ora di condividere ciò che sono” ha detto Paola poco prima dell’inizio del programma. E così è stato.

“Sono un’atleta e su di me ci sono un sacco di aspettative. In alcuni momenti la pressione può schiacciarti, perché tutti si aspettano tanto da te. Ovviamente questo fa parte del gioco e lavoro tutti i giorni per trasformare la pressione in coraggio, la difesa in attacco. Questo mi piace. Quello che invece non mi piace sono le etichette che la gente mi appiccica addosso. Chi preferisce giudicarmi per chi amo, per il colore della mia pelle, per il mio passaporto. Io questa cosa non la sopporto. E se davvero volete mettermi addosso un’etichetta ce n’è solo una che posso indossare: libera“.

 

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Un post condiviso da Le Iene (@redazioneiene)

Un messaggio che deve arrivare forte e chiaro agli spettatori, ai suoi fan, ma soprattutto a chi, costantemente, le “appiccica addosso” quelle etichette. Paola Egonu è una persona libera. Libera di fare le proprie scelte in amore, libera dagli stereotipi legati al colore della sua pelle e da quelli legati alla sua origine (che, ricordiamo, è l’Italia, sono i suoi genitori ad essere nigeriani). Ma pur essendo libera la pressione mediatica, a volte, è insopportabile. Soprattutto quando non si basa sulla sua attività, sulla sua identità di atleta, ma sulla persona, sull’apparenza. Per questo il suo discorso deve essere un esempio per tutti. E con la sua schiacciata, Paola, ha battuto ancora una volta i pregiudizi.

 

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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Dal campo di volley al palco della tv, Paola Egonu si prende la scena in ogni sua uscita, anche quando invece delle scarpe da ginnastica e dei pantaloncini indossa uno scintillante vestito nero e dei tacchi vertiginosi (che, per la cronaca, ha tolto in favore di un paio di mocassini). L'abito non fa il monaco, e certo a lei non serve un abito per farsi notare. La campionessa di pallavolo ha condotto insieme a Nicola Savino la puntata del 26 ottobre de "Le Iene", prendendo il posto che in precedenza avevano occupato Elodie, Rocio Munoz Morales ed Elisabetta Canalis. Per la prima volta nei panni di presentatrice di un programma televisivo, l'atleta non sì è fatta sfuggire l'occasione per raccontarsi e parlare di qualcosa che proprio non tollera: le etichette. La 22enne di Cittadella (Padova), nata da genitori di nazionalità nigeriana e particolarmente legata al suo paese di origine, ha sempre dimostrato di avere una personalità travolgente, gioiosa e aperta. Fortissima in campo, la schiacciatrice della nazionale italiana campionessa d'Europa e opposto dell'Imoco Volley, anche in un ambiente diverso, è apparsa a suo agio, padrona della situazione e consapevole di avere la possibilità di lanciare un messaggio importante. Per Egonu la conduzione è stata un'altra sfida da accettare e l'ha affrontata con il sorriso che da sempre la contraddistingue. "Farlo mi piace perché mi permette di farmi conoscere e di trasmettere ciò che sento di essere, i miei valori. Non vedo l’ora di condividere ciò che sono" ha detto Paola poco prima dell'inizio del programma. E così è stato. "Sono un'atleta e su di me ci sono un sacco di aspettative. In alcuni momenti la pressione può schiacciarti, perché tutti si aspettano tanto da te. Ovviamente questo fa parte del gioco e lavoro tutti i giorni per trasformare la pressione in coraggio, la difesa in attacco. Questo mi piace. Quello che invece non mi piace sono le etichette che la gente mi appiccica addosso. Chi preferisce giudicarmi per chi amo, per il colore della mia pelle, per il mio passaporto. Io questa cosa non la sopporto. E se davvero volete mettermi addosso un'etichetta ce n'è solo una che posso indossare: libera".
 
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Un post condiviso da Le Iene (@redazioneiene)

Un messaggio che deve arrivare forte e chiaro agli spettatori, ai suoi fan, ma soprattutto a chi, costantemente, le "appiccica addosso" quelle etichette. Paola Egonu è una persona libera. Libera di fare le proprie scelte in amore, libera dagli stereotipi legati al colore della sua pelle e da quelli legati alla sua origine (che, ricordiamo, è l'Italia, sono i suoi genitori ad essere nigeriani). Ma pur essendo libera la pressione mediatica, a volte, è insopportabile. Soprattutto quando non si basa sulla sua attività, sulla sua identità di atleta, ma sulla persona, sull'apparenza. Per questo il suo discorso deve essere un esempio per tutti. E con la sua schiacciata, Paola, ha battuto ancora una volta i pregiudizi.  
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