Elisabetta Valentini: "Fotomodella? Prima. Oggi racconto il mio amore con Ugo"
Già autrice del romanzo rieditato dopo 35 anni, l'ex top model di fama internazionale, oggi fotografa e scrittrice, nel nuovo libro parla apertamente del suo rapporto con Tognazzi: "Ho scritto la storia come avevo promesso a lui"
Elisabetta Valentini è una giornalista, scrittrice, fotografa e filmaker: negli anni ‘80 è stata una top model di fama internazionale
Parte da Firenze l’avventura di Elisabetta Valentini, modella di successo, fotografa, giornalista, film-maker e scrittrice che ha (ri)dato alle stampe Fotomodella, romanzo pubblicato per la prima volta nel 1988 e portato nuovamente in libreria da Accento, la casa editrice di Alessandro Cattelan.
Elisabetta Valentini ha esordito nel mondo nella moda a 17 anni a Firenze, la sua città, quasi per caso (photo Giovani Gastel)
Elisabetta Valentini, modella dal volto androgino
E del libro si parlerà nella ’Piccola Atene’ della Toscana venerdì 4 agosto alle 19 (Lucifero design Roberta Patalani, via Nazario Sauro 50, Pietrasanta, Lucca) durante l’incontro con l’autrice organizzato in collaborazione conNina Libreria e condotto da Andrea Geloni. Una ‘creatura’ tornata alla vita inaspettatamente dopo 35 anni: com’è andata, Elisabetta? "Sono onorata di far parte dei ripescaggi della giovanissima casa editrice Accento. Rivolere il romanzo oggi, non significa solo apprezzarne la poetica, significa soprattutto rivolgere attenzione alle nuove generazioni. Fotomodella è una ragazza giovanissima, un underdog in cerca di autore che esprime la sua autenticità senza timore dei giudizi. Credo che la chiave della modernità del libro stia nella sua autenticità. Non si è mai totalmente consapevoli delle proprie opere. Il tempo, nel raggiungimento di questa consapevolezza, ci è amico".
Nel suo romanzo racconta il mondo delle passerelle e i suoi protagonisti in termini onesti, reali, mettendo in evidenza le sue luci e le sue ombre
In Fotomodella lei racconta il mondo delle passerelle e i suoi protagonisti in termini onesti, reali, mettendo in evidenza le sue luci e le sue ombre: un tema - quello della moda - che poi diventerà gettonatissimo: se lo aspettava? "No. Non potevo immaginare la grande evoluzione della moda in questo ultimo trentennio. Ma quello che lei afferma sul libro è vero, lo dimostrano gli anni. L’onestà, la realtà, le luci e le ombre di una professione ambita e ricca di rimandi è raccontata, in questa biografia romanzata, quasi in presa diretta con un’ autenticità che oggi mi sorprende. Per questo credo che - oltre ad essere una fotografia degli anni 80 - il romanzo offra anche una visione precisa dell’ attualità. La moda, l’abito, per essere e comunicare l’ essere, è protagonista e marginale. In diagonale il libro è attraversato da un mondo che oggi è definito queer, nel romanzo è soprattutto umanità. Anche in questo ha anticipato i tempi e offre una chiave di lettura meno stereotipata". La prima edizione era apparsa nella serie Mouse to Mouse curata da Pier Vittorio Tondelli: che ruolo ha avuto il grande scrittore scomparso nella sua evoluzione dalla passerella alla macchina da scrivere? "Pier Vittorio Tondelli aveva visto nella mia scrittura poesia e concretezza. Aveva visto allora quello che capisco solo adesso. Tutta la mia creatività che si esprime con vari mezzi : fotografia, video, scrittura è caratterizzata da questa poetica concreta. Questa caratteristica, questa voce, questo sguardo è cresciuto con me. È lo sguardo adorante di mia madre su di me. È la voce interiore che da subito ho imparato ad ascoltare per difendermi dai giudizi degli altri, quella che mi ha aiutato ad affermare la mia diversità. Pier mi ha indicato gli argini per dare potenza alla mia voce, alle parole". Oltre ad essere un romanzo completamente diverso da quelli dell’epoca, per lanciarlo sceglieste di utilizzare un mezzo mai usato prima in editoria: un videoclip musicale in onda a rotazione su Videomusic (allora l’equivalente italiano di Mtv) e tutt’ora disponibile su YouTube. A chi venne l’idea? E... funzionò? "Anche in questo grande innovazione. Trattare il libro come un detersivo. Un profumo. Farci un videoclip. Fu deciso in cucina davanti ad un riso alla cantonese nell’ appartamento di Pier a Milano. Pier amava la musica, il cinema, la fotografia, fu naturale pensare ad un video clip per promuovere il libro. Mi dette carta bianca e il mio appartamento nei giorni seguenti divenne il set di un mondo fatto di artisti, registi, modelle, pubblicitari, tutti i creativi di quel periodo parteciparono con grande generosità e energia. Una piccola Factory all’opera sotto lo sguardo palesemente orgoglioso di Pier che partecipava arrivando di tanto in tanto con qualche amico scrittore. Quanta bella energia!". Il vostro rapporto proseguì anche dopo l’uscita del libro? "Pier Vittorio Tondelli per me non è stato solo colui che ha fortemente voluto che scrivessi il romanzo per la sua collana Mouse to Mouse edita da Mondadori. Mi è stato amico. Ci piacevano le stesse cose, sentivamo le stesse cose e questo era sorprendente. Avevamo un po' la stessa ritrosia nello stare nel mondo. Quella spia di ferite non ancora rimarginate che facilmente si scambia per timidezza. La ferita dell’abbandono. Questo ci ha fatto amici. Anche dopo la pubblicazione del libro e del suo ultimo Camere separate abbiamo continuato a vederci, fino alla sua morte. Avvenuta troppo presto. Inoltre Pier come me amava Firenze. Anche se ci siamo incontrati a Milano dove entrambi vivevamo, Firenze era un po’ come il nido. Ancora un idem sentire".
Del libro si parlerà nella ’Piccola Atene’ della Toscana venerdì 4 agosto alle 19 (Lucifero design Roberta Patalani, via Nazario Sauro 50, Pietrasanta Lucca)
Firenze… quale è la sua? "Firenze la mia, è quella di chi ci nasce. Quella di chi va via, per lavorare e vivere a Milano, Parigi, New York, Tokyo come nel mio caso. Quella di chi ci fa ritorno. Non quella delle guide. Quella più vicina ai resoconti di viaggio di Hermann Hesse. Quella segreta come me. Quella dei sentimenti, dei suoni, delle immagini legate al sentire. Quella da cui la mia vita ha avuto inizio. Il nido da cui ho spiccato il volo. Quella del mio primo lavoro con Emilio Pucci, quella dell’incontro con il mio primo grande amore. Quella del tempo che mi ha formato, il pozzo di tutta la mia creatività. La città del mio ritorno, dove dopotutto vivo". Filo conduttore del racconto, l’amore. La relazione con un attore (o meglio, l’Attore, come lo chiama nella prima edizione) che oggi scopriamo essere Ugo Tognazzi."L ‘Attore è il personaggio romanzato che da corpo e voce all’amato, all’amante, di cui non si fa mai il nome nemmeno nell’ ultima edizione. Ho preso ispirazione da Marguerite Duras e nel farlo sono rimasta fedele al nostro patto di riservatezza, di segretezza, quasi di sacralità".
Fra le pagine un viaggio tra l’anoressia, la ferocia della competizione, le invidie tra colleghe, la droga e l’amore nascosto e tormentato con Ugo Tognazzi
Tognazzi aveva letto il libro? Cosa ne pensava? "lo lesse con un interesse e un entusiasmo che mi sorpresero. Non si aspettava probabilmente questo da me. Ha amato quelle pagine al punto da volerne fare un film. E attraverso quel libro mi ha dimostrato un amore che non mi aspettavo. È stato un grande amore il nostro, complesso, complice, semplice e vero". Nel libro sono raccontate con grande oggettività rapporti gay, libertà sessuale femminile e anche poliamore. Il giorno prima della presentazione di Fotomodella uscì una stroncatura anonima sulla serie editoriale e su Pier Vittorio Tondelli. Pensa c’entri qualcosa il bigottismo di quegli anni? "La stroncatura puzzava di sessismo, attaccava me per colpire Pier Vittorio Tondelli e la collana Mouse to Mouse. Era il momento che in un certo giornalismo per emergere si cominciava a sputare veleno. Alcuni sputavano in aria. Ugo lesse la recensione. Per lui fu il segnale di un grande successo. Ha avuto ragione". Quando è iniziata la vostra storia lei aveva appena 17 anni, lui era un uomo fatto e famoso. Raccontare una relazione così sbilanciata da un punto di vista anagrafico oggi forse susciterebbe più polemiche di allora… "Si vive di scandali, addirittura si fingono scandali, accendono morbosità, nutrono, distraggono, nel bene e nel male emozionano. L’umanità è fatta di scandali, la storia stessa pullula di amori segreti. Non credo che ci sia rimasto molto spazio per scandalizzarsi ancora. C’è solo una cosa che ancora può dare adito a polemiche ed è il sentimento d’amore, quello che annulla le differenze. Oggi è il sentimento d’amore ad essere scandaloso. Certo, un uomo maturo con una ragazzina è qualcosa di indicibile, se poi i due si amano disperatamente allora questo è da considerarsi osceno. Il punto di vista è comunque sempre personale. La vita è uno specchio che ci rimanda i nostri pensieri. Nel mio ultimo libro racconto il sentimento d’amore che ci ha legato per 15 anni, con un punto di vista di gran lunga superiore a qualsiasi sdegno. E' un concetto che mi sta a cuore".
Elisabetta Valentini per GentryPortofino
Nella versione originale del 1988 aveva scelto di ricorrere a pseudonimi per indicare stilisti, agenti e operatori del suo ambiente, mentre nella nuova veste ha preferito chiamarli con i loro nomi autentici. Perché questa scelta? "Credo nel rispetto. Dal rispetto nasce tutto. Nella prima edizione omisi un paio di nomi, detti a personaggi facilmente riconoscibili degli pseudonimi, lo feci per rispetto. Nella seconda edizione li ho chiamati per nome, sempre per rispetto. Omaggio dovuto a personaggi che anche se, fuori dalle luci della ribalta, hanno contribuito a fare grande il pret a porter nel mondo". Il libro si conclude con l’addio alla passerella dopo 10 anni di successi, si è mai pentita? "Amo la moda. La moda è cultura, intuizione, bellezza. La moda è creazione. Espressione. Ricordo le mani di Emilio Pucci quando mi drappeggiavano addosso un tessuto o il tatto di Giorgio Armani nello scegliere un trucco con il Make up Artist. L’ energia possente di Kanzai Yamamoto prima di ogni sfilata.
In passerella per Claude Montana
La sfida che mi lanciò Valentino prima di darmi un ruolo importante nella sua sfilata di alta moda a Parigi. La capacità di Yohji Yamamoto, di cui sono stata musa, nel vestire la mia anima. Ma ricordo anche le acconciature che schizzavo a 5 anni sulla mia lavagnetta o il grande quaderno dove disegnavo abiti che io stessa inventavo. Non me ne separavo mai, lo portavo a scuola insieme agli altri libri. Anche dopo, anche oggi, nello scegliere un abito da indossare, lo scelgo per me, non per piacere a qualcun altro, questo atteggiamento mi ha fatto essere spesso avanti con i tempi. Ho per la moda un amore viscerale. Lo stesso che mi fa ancora essere testimonial per qualche brand. Oggi nello showbiz, i 60 anni sono i nuovi 30, si dice. In qualche modo sono ancora una top model!". Come affronta i suoi 60 anni? "Accettare il cambiamento del corpo negli anni che avanzano non è facile. Significa rimettersi a fuoco, riconsiderarsi con un altro sguardo fuori dai cliché. Attraverso l’accettazione anche le rughe assumono fascino. Io per altro ho sempre guardato negli altri, nelle persone amate, le rughe e tutte le altre espressioni del tempo come parte della bellezza di ognuno. Da un po’ ho smesso di guardarmi, mi lascio guardare per come sono, non temo lo sguardo altrui. La chiamo libertà. Il vero dono del tempo che passa".
L'ex top model, oggi fotografa e scrittrice, in uno scatto di Massimo Badolato
Le nuove generazioni stanno cercando di abbattere le barriere della diversità, di abolire definizioni di genere. I tempi sono finalmente maturi? "Le nuove generazioni hanno compiti importanti in una società sempre più veloce, che tende ad emarginare, omologare e a renderci orfani di senso. In questo momento storico, di cambiamenti repentini, che ha bruciato ogni idea preconcetta sulla vita e sulla morte, sulla tenuta del pianeta, sui modi in cui si affronta o non si affronta il fatto che la vita può cambiare da un momento all’altro. I ragazzi e le ragazze sono chiamati a seguire la propria voce interiore, a dire la loro, a correre il rischio anche dell’ impopolarità per non farsi gregge. Lottare per essere ciò che sono: individui unici, bellissimi, fedeli a se stessi, originali. Questo coraggio è la vera sfida, la grande ricchezza". Dopo Fotomodella ha deciso di riporre la macchina da scrivere e sfoderato quella fotografica: perché? "Dopo il romanzo c’è stata la morte di Ugo (Tognazzi, ndr) e subito dopo quella di Pier (Vittorio Tondelli, ndr). Ci sono modi diversi di affrontare il lutto. Ci sono in ballo cose importanti come l’accettazione della morte dell’altro, il suo non esserci. Io tendo a negare la morte, ciò che mi separa da chi non c’è più è una pellicola sottile, trasparente e anche elastica. Può essere una grande intuizione o solo un espediente della mente per riempire il vuoto. Dopo questo grande lutto ho fatto il mio bagaglio, ho lasciato tutto, ho preso la mia macchina fotografica, il taccuino, il miniregistratore e sono partita. Ho viaggiato nel mondo scrivendo e fotografando, mi sono guadagnata da vivere per 10 anni vendendo i miei articoli. La scrittura e la fotografia non mi danno tregua sono sempre con me. Sono ciò che da un senso alla mia vita ed hanno un forte legame con la morte. Mi sono dedicata alle periferie, alla fotografia fine art, ho scritto libri rimasti inediti per mia volontà. Ho continuato a lavorare, per crescere ho scelto i margini, non il centro". In concomitanza con il ritorno in libreria del suo primo romanzo sta per dare alle stampe il secondo. Qualche anticipazione, Elisabetta? "Mi faccio sempre molte domande sulla scrittura, sull’autenticità della voce, sulla necessità di un racconto, sull’importanza di fare luce su qualcosa rimasto non detto. Ora ho l’età che mi avvicina a Ugo (Tognazzi, ndr), ho aspettato questo tempo per capirlo meglio, per poter scrivere di noi come voleva, come gli ho promesso. Per esserne all’altezza. Da questa distanza tutto prende una dimensione particolare. Questa storia finalmente scritta ha dato luce a zone d’ombra, mi ha aiutata a guarire. Ho smesso anche l’ atteggiamento 'inedito'. Sono in cerca di un editore".