"La polizia ci ha cacciati per i nostri tatuaggi. Jacobs, campione tatuato, chiedi a Draghi di ridarci il posto di lavoro"

di CLAUDIO CAPANNI -
10 agosto 2021
PoliziotteTatuaggi

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Lamont Marcell Jacobs dopo la vittoria nel 100 metri alle Olimpiadi

“Se riesce ad essere un eroe nazionale, pur con tutti quei tatuaggi, significa una cosa sola”. Cosa? “Che siamo nel 2021 e un tatuaggio non può stabilire che uno sia un criminale, un talento dello sport o un bravo agente di polizia. Il suo caso ne è la dimostrazione”.

Il caso è quello di Marcell Jacobs, velocista olimpionico delle Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato, tornato da Tokyo con due medaglie d’oro in tasca. Tatuatissimo. La voce è quella di Sara Alberti, romana, 30 anni, esclusa e costretta a restituire, nel 2019, divisa e distintivo alla Polizia di Stato, a sette giorni dall’ammissione, per colpa di un piccolo tatuaggio fatto a 18 anni nell’incavo del polso. Tatuaggio che, proprio in vista dell’ammissione al concorso per 1.148 allievi poliziotti, si era fatta rimuovere con numerose sedute di laser terapia. Ma che, secondo la commissione medica, le aveva lasciato una piccola ombra, cioè una cicatrice sul polso. Tanto è bastato a farla sospendere, come già raccontato da Luce! (leggi l'articolo).  

Sara Alberti (a sinistra) durante la breve permnenza in Polizia

L’appello di Arianna: “Marcell, parla di me a Draghi”

Sara è stata collega al corso di Peschiera del Garda di Arianna Virgolino con cui ha condiviso lo stesso destino: tatuaggio rimosso prima del bando, ma piccola cicatrice che le è valsa la sospensione. Un verdetto confermato in appello dal Consiglio di Stato nel 2019. Arianna ha lanciato un sos al velocista via Facebook: “Visto che andrai da Draghi, buttagli lì la storia dei tuoi sei colleghi poliziotti, tra cui la sottoscritta, esclusi dalla polizia per un tatuaggio inesistente e che per la divisa avrebbero fatto di tutto”.  

"La burocrazia non tarpi le ali al talento"

  Gli altri colleghi sono quattro donne e un uomo. Tra loro c’è Sara, amica di Arianna. Che rilancia. “Arianna aveva già portato l’attenzione sul caso di Jacobs mesi fa, quando ancora l’atleta-poliziotto non aveva vinto a Tokyo. Per noi è un esempio importante: significa che si può eccellere a prescindere dai tatuaggi”. Certo, le regole per l’ammissione degli atleti alle Fiamme Oro, il team sportivo della polizia, sono diverse da quelle per entrare nelle forze dell’ordine. Ma per Sara e Arianna il punto non è questo. “Il nostro tatuaggio, tra l’altro, era stato rimosso. Il punto è che il caso di Jacobs dimostra come la burocrazia avrebbe potuto tarpare le ali a un vero talento nazionale. O ad agenti di polizia, come noi, che avevano superato il corso ed erano pronti a dare anima e corpo per la divisa”.  

La mano di un tatuatore

La petizione degli esclusi

 

Sara, Arianna e gli altri colleghi esclusi, hanno lanciato 48 ore fa una petizione su change.org che ha già superato quota 2mila adesioni. Il cuore del loro appello: abolire il decreto ministeriale 98/2003 che prevede come causa di esclusione la presenza di tatuaggi in zona non coperta da uniforme. Il motivo? “Durante gli accertamenti medici – si legge nel lungo testo della petizione - anche il personale sanitario della Polizia è sfornito di linee guida a livello centrale cosicché l’idoneità o meno è oggetto di interpretazione: a volte sono stati sospesi gli accertamenti in attesa della rimozione completa purché effettuata nei termini concorsuali, altre volte un residuo di rimozione di tatuaggio in zona scoperta non è stato oggetto di esclusione, mentre altre volte sì”.

 

"Un tabu solo italiano"

  Ma anche “perché il tatuaggio è ormai attualità e non più stigma di criminalità come veniva considerato tempo fa. L’Italia – prosegue la lettera appello - potrebbe abolire questa normativa obsoleta: è l’unico Paese al mondo a mantenere ancora questo tabù sulla base del quale priva del posto di lavoro vincitori di un concorso pubblico. Un Paese che desidera stare al passo con gli altri Paesi europei, dovrebbe quantomeno uniformarsi”. Il testimone di questa battaglia è stato affidato ora nelle mani del velocista, sperando che riesca a consegnare il messaggio al presidente del Consiglio, Mario Draghi.  

Mattarella passa il testimone al ministro

  Intanto a Sara, nei giorni scorsi, è arrivata la prima risposta dopo due anni di missive inviate al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per chiedere il suo interessamento al caso. Poche righe, ma almeno è un segnale. “La Presidenza della Repubblica non ha possibilità di intervento su questioni rimesse alle valutazione e alle determinazioni delle autorità amministrative e giurisdizionali competenti. I suoi scritti sono stati comunque trasmessi al ministero dell’Interno per le valutazioni del caso”. L’unica speranza ora è che Jacobs corra più veloce della burocrazia.