“La marabbecca. Una donna fatta di buio, che dal buio emerge per trasformare in buio anche te”. Il titolo dell’ultimo romanzo di Viola Di Grado si rifà a una creatura della tradizione siciliana, un essere oscuro che si nasconde nei pozzi e nelle cisterne, una leggenda usata dalle madri per tenere lontani i bambini dai pericoli.
“Marabbecca” di Viola Di Grado (edito da La Nave di Teseo), in libreria dal 12 gennaio, è un romanzo potente che guida il lettore nelle trappole dei legami affettivi, attraverso le contraddizioni tra male e bene.
La storia d’amore, di dolore e sottomissione
“La morte di Igor mi rese felice” inizia a raccontare la voce narrante, Clotilde, reduce da un’incidente d’auto insieme al fidanzato che resta in coma. Lei si aggrappa a una nuova vita, eliminando l’ipotesi che lui possa risvegliarsi. I sensi di colpa consumano la poca lucidità che le rimane e per Clotilde chiudere definitivamente la storia con Igor diventa sempre più difficile. Il loro è un amore tossico e violento di cui non riesce ancora a liberarsi. A complicare tutto, l’arrivo Angelica nelle loro vite, “la ragazza dell'incidente”. Una presenza luminosa nella vita di Clotilde in grado di spingerla a voltare pagina, ma non del tutto. Ha davvero voglia di essere salvata?
“Ho detto che faccio l’insegnante di flauto traverso. Ho mentito. Mentire è come guidare la macchina, una volta appreso il gesto lo fai in automatico. Mentire ti porta dappertutto, a cento all’ora, finché sbatti contro un muro o spunta dal nulla una bionda in bikini glitterato. In verità la facevo prima, l’insegnante di flauto: prima di incontrare Igor. […] Ho mentito. Ho detto che mi trattennero in ospedale a causa del braccio. Non mi piace dire la verità. La verità è faticosa. Un sentiero lungo e impervio. La menzogna è una scorciatoia. Ti porta subito nel fulcro delle cose. Anche se ci sei andato barando. La verità è che mi hanno trattenuta in ospedale non per il braccio ma perché il primo giorno, quando mi dissero che Igor era in coma, avevo tentato di ficcarmi una penna verde in gola”.
Il ménage a trois
Attraverso menzogne e verità impronunciabili, l’autrice Viole Di Grado scioglie i nodi di un inconsueto ménage a trois che si instaura quando tra Clotilde e Angelica inizia una relazione complice e intensa: nel momento in cui Igor (manipolatore e violento) si sveglia, i ruoli si ribaltano. All’ombra dell’Etna, sarà difficile riconoscere i tratti del male che l’io nasconde, come il buio fa con la marabbecca.
In “Marabbecca” la scrittrice racconta una storia di amore, dolore e sottomissione. Come in “Fame blu” (del 2022, sempre per La nave di Teseo, ndr) si ha l’impressione di non essere semplicemente attratti da un’altra persona ma guidati dal potere dell’inconscio.
Cosa lega Clotilde e Igor, poi Angelica e Clotilde e, infine, i tre personaggi in un vorticoso ménage a trois?
“Sono diversi i motivi per cui ci si può legare. Clotilde quando vede Angelica è come se fosse una sorta di fata o strega, che le dà una sensazione o illusione di salvezza, come se in qualche modo potesse portarla in un posto più leggero, più facile da vivere. Con Igor, invece, si sentiva sprofondare nella sofferenza. Perché Angelica vuole stare con Clotilde? Chissà. Alcune motivazioni di Angelica rimangono misteriose. Sono tanti i motivi per cui ci si può innamorare, molte volte non lo sappiamo. Non comprendiamo perché ci innamoriamo. Si crea questa configurazione strana perché a volte ci sono sensi di colpa che fungono da collante, come nel caso di Clotilde. Ancora più dell’amore, c’è questo senso di colpa ipertrofico che lei prova: aveva lasciato Igor prima dell’incidente di cui si parla all’inizio del romanzo, si sente in dovere di accoglierlo nella sua vita. Lui è diverso a causa di questo incidente ed è come se Clotilde accogliesse una parte della vita di prima o della sua stessa vita di prima, come se non volesse scollarsi dal passato. È molto complicato, come lo è nei rapporti in cui c’è una violenza”.
Per alcune persone la sofferenza è rifugio, nel suo romanzo assume le forme di una gabbia. Angelica rappresenta la salvezza per Clotilde, mentre quella con Igor è una relazione violenta e tuttavia, nonostante tra loro sia finita, non riesce a staccarsi da lui. Perché?
“Clotilde non riesce a staccarsi dal ruolo che ha avuto nella vita di Igor. Non riesce a liberarsi da questo senso di colpa che è infondato, ma che lei prova. Non riesce a liberarsi dell’amore stesso che provava per lui. Nell’ultima parte in cui l’oscurità che è in lei emerge, lì è talmente arrabbiata, talmente è diventata un tutt’uno con il senso di ostilità che prova nei suoi confronti, dopo l’episodio di violenza con Angelica, che lei stessa ha un risentimento. Dopo quello che è successo vuole vederlo soffrire, effettivamente”.
Viola, nel suo romanzo lei scrive che la marabbecca è “una donna fatta di buio, che dal buio emerge per trasformare in buio anche te”. Perché ha scelto di dare al romanzo questo titolo? E chi, tra i tre personaggi, è una marabbecca?
“Il romanzo è un’indagine sul male. La mia idea è che tutti hanno dentro di sé una marabbecca. È chiaro che Igor è il male più assoluto, è facile identificarlo in lui. Però il male è anche in Clotilde e Angelica. Tutti possono essere una marabbecca, proprio perché è un’oscurità che può far visita a ognuno. Sono le zone d’ombra, quelle di cui parlava Jung, con cui a volte non ci si riconcilia, ma ci sono. È difficile comprendere chi sia vittima e chi carnefice.”
Oggi l’attenzione sociale e istituzionale si concentra sul costante numero di casi di violenza di genere. Su Repubblica ha scritto “Cronaca di una violenza non annunciata”, la testimonianza di una molestia subita, della vittimizzazione secondaria, delle altre forme con cui le donne devono fare i conti. È tutta la nostra società a essere violenta?
“La violenza di genere non sta solo nelle sue forme più ovvie e riconoscibili. Esiste anche la violenza, spesso inconsapevole, di tutt* coloro che si rendono complici nel restituire alle donne narrazioni distorte sul loro agire che sono radicate in una visione ancora patriarcale e sessista. Forse, se la letteratura e l’arte in generale avessero ancora un ruolo sociale, si avrebbe un cambiamento.”
Il suo precedente libro era ambientato a Shangai, stavolta ha scelto di ambientare questo romanzo in Sicilia e Clotilde la definisce una terra da cui si scappa. Lei che rapporti ha con essa?
“Scelgo sempre i luoghi che più si prestano a raccontare una storia. Shangai era un luogo alienante, un luogo che procede come un sogno. In questo caso ho scelto un luogo crudo estremo, violento, ma anche pieno di bellezza, di poesia, un luogo anche in questo senso sognante ma in modo diverso da Shangai. Questo è più un sogno lucido. Catania per me somiglia a questo tipo di sentimento che lega i personaggi”.