Ci sono
fotografi che, con i loro scatti, raccontano un mondo. Ci sono fotografi che riescono, con le loro immagini, ad emozionare, a creare consapevolezza, indignazione, a muovere gli animi, più di quanto riescano a fare un giornalista o uno scrittore.
Peter Magubane,
scomparso a 91 anni il primo giorno del 2024, era uno di questi uomini. Per anni, Magubane ha documentato con le sue foto la violenza del
regime razzista in Sudafrica. Ha raccontato le battaglie di Nelson Mandela, e la lotta della società civile sudafricana, compresa l’insurrezione studentesca a Soweto nel 1976.
Una bambina bianca seduta su una panchina in cui è scritto: "Solo per europei". Seduta dietro, in un'altra panchina, la sua tata nera
Una delle sue foto più celebri, scattata in un sobborgo di Johannesburg, ritrae una bambina bianca su una panchina con la scritta "Solo per europei", mentre la sua tata nera sta dall’altra parte della panchina. Per anni,
le persone nere sono state dall’altra parte della panchina. Non potevano usare gli stessi bagni pubblici, non potevano sedersi sugli stessi sedili negli autobus,
non avevano gli stessi diritti.
Le foto dell'opposizione al regime
E non era solo il problema di una panchina o di un posto a sedere sul bus. Le persone nere erano sempre nel mirino della polizia. Nel 1969, Magubane venne arrestato mentre fotografava persone che manifestavano davanti alla prigione dove era rinchiusa Winnie Mandela.
Documentare l’opposizione al regime dell’apartheid era considerato, di per sé,
un crimine.
Il cadavere di un uomo ucciso durante la rivolta di Soweto coperti dal giornale
Magubane fu tenuto per mesi in isolamento, in prigione. Al suo rilascio, fu condannato a cessare per 5 anni ogni attività fotografica. Disobbedì all’ordine, e nel 1971 fu nuovamente
arrestato e imprigionato per molti mesi. Tutti gli anni ’70 furono un continuo corpo a corpo fra lui e la polizia: riuscì a coprire con i suoi scatti la
rivolta di Soweto nel 1976, e quelle foto lo resero famoso in tutto il mondo. Celebre, fra le altre, la fotografia che mostra dei cadaveri di manifestanti coperti da un giornale. Il titolo del giornale dice: "Questo è ciò in cui credo, detto da un sudafricano". Quando
Nelson Mandela, leader del movimento anti-apartheid e futuro presidente del Sudafrica, uscì di prigione nel 1990, scelse proprio Magubane come suo
fotografo ufficiale. "Se vuoi una foto, devi portare a casa quella foto, in ogni modo" era il suo principio ispiratore.
I segreti del mestiere di Peter Magubane
Durante una mostra personale, allestita a Johannesburg nel 2015, raccontò alcuni segreti del suo lavoro. "L’unico modo per far sapere al mondo quello che accadeva in Sudafrica era
andare nei luoghi e utilizzare la fotocamera il più possibile. E l’unico modo per farlo era nasconderla.
Magubane fu scelto da Nelson Mandela come suo fotografo ufficiale
Per fortuna, la mia macchina fotografica Leica era piccola - rivela -. Di solito compravo del pane, e ce la nascondevo dentro. Poi facevo vedere che stavo mangiando, mentre in realtà scattavo delle foto". La prima volta che utilizzò questo metodo, era il 1956. C’era una marcia di migliaia di persone nella città di Zeerust e alla stampa era impedito l’accesso. Magubane andò nel negozio più vicino, comprò un filone di pane e tolse la mollica nel mezzo. "Feci un buco nel fiiloncino di pane e da lì mentre fingevo di mangiare scattavo fotografie". Dopo di che, documentò il
massacro di Sharpeville del 1960, quando 69 sudafricani vennero uccisi dalla polizia. Più volte, Magubane si è visto
sparare addosso dalla polizia. E in tutto, ha trascorso 600 giorni, quasi due anni, in prigione in una cella di isolamento. "Vedi il sole sorgere, vedi il sole tramontare. Vedi un uccellino sul davanzale della finestra. Lo vedi volare via e dici: vorrei essere quell’uccellino". Ma non perse la voglia di fotografare.
Il fotografo durante una rivolta
"Per salvare il Sudafrica il mondo doveva vedere"
"Volevo mostrare al mondo ciò che accadeva nel mio Paese.
Il mondo avrebbe potuto aiutare il Sudafrica soltanto se avesse visto ciò che stava accadendo". L’attuale presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, ha dichiarato su X: "Magubane ha documentato la nostra Nazione e i primi anni di libertà di Nelson Mandela con una passione immensa, spinto da quello che sentiva nel cuore così come da quello che vedeva attraverso il suo obiettivo. E ha creato la
memoria della lotta per la libertà e per la vita nel nostro paese". Con lui, il ministro della cultura del Sudafrica, Zizi Kodwa, che aggiunge: "Se il Sudafrica oggi è un Paese libero e democratico, lo si deve anche al lavoro di Magubane e di altri che, come lui, hanno lottato per la nostra libertà".