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Home » Paralimpiadi » “Diario da Tokyo” I paralimpici non sono figli di un dio minore: premi uguali per tutti è l’ultima barriera da abbattere

“Diario da Tokyo” I paralimpici non sono figli di un dio minore: premi uguali per tutti è l’ultima barriera da abbattere

La notizia della differente entità dei premi fra olimpionici e paralimpionici diffusa da Qs e Luce! è stata raccolta da Vincenzo Zoccano, non vedente, già sottosegretario alla Famiglia e alla Disabilità nel governo Conte 1. "Non chiedo gratifiche maggiori per gli atleti con disabilità, per non creare discriminazioni. Ma chi me ha competenza riveda al più presto i criteri delle attribuzioni"

Piero Ceccatelli
31 Agosto 2021
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Jacobs batte Bebe Vio 180 mila a 75 mila. La batte non in gara, ma nel salary gap che vede gli olimpionici intascare 30mila euro più del doppio di quanto venga riconosciuto ai paralimpionici.  E via a calare: l’argento di  Tokyo un mese fa fruttava 90mila euro e ora ne consegna 40 mila sul conto corrente del medagliato. Il bronzo. che ai normodotati procura 60mila euro, ne frutta solo 25mila agli atleti con disabilità. I dati, annunciati da Qs e Luce! alcuni giorni fa, hanno suscitato lo sdegno di Vincenzo Zoccano, già sottosegretario a Famiglia e Disabilità del governo Conte I, che definisce i paralimpici “figli di un dio  minore“ in quanto ricompensati assai meno dei normodotati per sforzi e traguardi raggiunti. Sdegno, che ha un fondamento – rivela l’esponente del M5s: “Mi sono  consultato con alcuni amici che sono stati atleti con disabilità ad alti livelli, apprendendo che la famiglia dell’atleta paralimpico, è coinvolta tanto quanto l’atleta e deve sostenerlo in mille aspetti non secondari della vita  sportiva“. Il percorso che si conclude col podio, – spiega Zoccano – è irto di vari ostacoli e di barriere architettoniche, di cui l’atleta olimpionico quasi non si accorge.
“Come appartenente al mondo della disabilità“ Zoccano, che è non vedente,  non chiede “che vengano riconosciuti i maggiori sforzi che gli atleti paralimpici sostengono rispetto agli olimpici“, per non essere proprio lui a “stimolare una discriminazione“. Si limita ad auspicare che si diano segni tangibili di voler superare la discriminazione. Va tenuto conto che la differenza fra i premi è basata sul diverso appeal che per ora le due competizioni hanno rispetto a sponsor e tv. E al fatto che per ciascuna specialità  nel mondo paralimpico si assegnano più medaglie in base alla classificazione dei singoli atleti.

Zoccano conclude che  se non è corretto  immaginare i paralimpici come “supereroi capaci di indossare una protesi pur di realizzare un’impresa sportiva”. è altrettanto ingiusto diversificare i premi. Poi va oltre e sogna “un’unica Olimpiade”. Un po’ troppo, forse. Intanto, si potrebbe far sì che l’oro distribuito ai vincitori abbia gli stessi carati per tutti.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
Jacobs batte Bebe Vio 180 mila a 75 mila. La batte non in gara, ma nel salary gap che vede gli olimpionici intascare 30mila euro più del doppio di quanto venga riconosciuto ai paralimpionici.  E via a calare: l’argento di  Tokyo un mese fa fruttava 90mila euro e ora ne consegna 40 mila sul conto corrente del medagliato. Il bronzo. che ai normodotati procura 60mila euro, ne frutta solo 25mila agli atleti con disabilità. I dati, annunciati da Qs e Luce! alcuni giorni fa, hanno suscitato lo sdegno di Vincenzo Zoccano, già sottosegretario a Famiglia e Disabilità del governo Conte I, che definisce i paralimpici “figli di un dio  minore“ in quanto ricompensati assai meno dei normodotati per sforzi e traguardi raggiunti. Sdegno, che ha un fondamento - rivela l'esponente del M5s: "Mi sono  consultato con alcuni amici che sono stati atleti con disabilità ad alti livelli, apprendendo che la famiglia dell’atleta paralimpico, è coinvolta tanto quanto l’atleta e deve sostenerlo in mille aspetti non secondari della vita  sportiva“. Il percorso che si conclude col podio, - spiega Zoccano - è irto di vari ostacoli e di barriere architettoniche, di cui l’atleta olimpionico quasi non si accorge. “Come appartenente al mondo della disabilità“ Zoccano, che è non vedente,  non chiede “che vengano riconosciuti i maggiori sforzi che gli atleti paralimpici sostengono rispetto agli olimpici“, per non essere proprio lui a “stimolare una discriminazione“. Si limita ad auspicare che si diano segni tangibili di voler superare la discriminazione. Va tenuto conto che la differenza fra i premi è basata sul diverso appeal che per ora le due competizioni hanno rispetto a sponsor e tv. E al fatto che per ciascuna specialità  nel mondo paralimpico si assegnano più medaglie in base alla classificazione dei singoli atleti.
Zoccano conclude che  se non è corretto  immaginare i paralimpici come "supereroi capaci di indossare una protesi pur di realizzare un'impresa sportiva". è altrettanto ingiusto diversificare i premi. Poi va oltre e sogna "un'unica Olimpiade". Un po' troppo, forse. Intanto, si potrebbe far sì che l'oro distribuito ai vincitori abbia gli stessi carati per tutti.
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