“Hanno giocato un’altra partita sulla nostra pelle”. La denuncia di Zan “
Questo Paese ha bisogno di una classe dirigente migliore, per questo non dovete mollare: andate a votare”. Chi lo dice? Forse
Giorgia Meloni, leader di FdI e unico partito di opposizione al governo Draghi, che non chiede altro che “andare a votare al più presto” perché il governo ‘ruba’ le elezioni al ‘Popolo’? Macché. Lo ha detto, ieri pomeriggio,
Alessandro Zan, deputato del Pd e primo firmatario della
legge contro l'omotransfobia, nel corso di una diretta Instagram diretta ai suoi fan che oggi si chiamano, giustappunto, follower, dopo l’affossamento della sua legge al Senato, nel voto di ieri mattina sulla cd. ‘sospensiva’ (dopo, vedremo che cosa vuol dire e di cosa si tratta).
"Il Ddl venduto in cambio della compattezza con vista Quirinale"
Poi, però,
Zan allarga il discorso e se la prende un po’ con tutti i partiti: “Ho trovato veramente
vergognoso l'atteggiamento della presidente dei senatori di FI,
Anna Maria Bernini” che “si è sempre dichiarata pro-diritti”, ma “quando
Berlusconi l'ha chiamata a rapporto” ha dichiarato “che avrebbe votato convintamente a favore della tagliola” sul ddl. Berlusconi, prosegue Zan, “ha bisogno della compattezza del centrodestra per ottenere i voti del Quirinale”.
Alessandro Zan lascia la sede del Pd
Sul ddl Zan, dunque,
si sarebbe “giocata un'altra partita, quella del Quirinale, sulla pelle nostra”, attacca Zan, inviperito, e non esclude
manifestazioni in piazza dopo il voto del Senato: “Dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti che abbiamo. Questa è una prima sconfitta, ma noi non dobbiamo mai mollare. E’ una prima battuta d'arresto ma la battaglia per i diritti è ancora molto forte,
non possiamo permettere che l'Italia vada in mano ai sovranisti”. Curiosamente, Zan non attacca il
leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ieri assente, dal voto in Senato, perché ‘volato’ in Arabia Saudita per una delle sue conferenze strapagate e che ora
il Pd accusa di essere “come la Lega”. Ora, va bene tutto, anche la polemica sui social, ma se
Zan vuole, come giusto che sia, lamentarsi del fatto che il
ddl di cui è ‘padre’ e ‘madre’, tanto che ne porta il nome, è finito affossato (in teoria per sei mesi, ma, in pratica, per sempre), nelle paludi del Senato italiano (
senatores probi viri, Senatus mala bestia, recita il brocardo), dovrebbe prima di tutto guardare in casa sua.
40 franchi tiratori
Infatti, non è matematicamente possibile che lo Zan sia finito ‘rispedito’ all’indietro (cioè in commissione, come prevede
la cd. ‘sospensiva’ che, ieri, è passata, nell’aula di palazzo Madama) solo per quei ‘cattivoni’ del
centrodestra e, anche, per quei grandissimi ‘cattivoni’ di Italia Viva. Nel voto segreto, come ora dimostreremo, sono venuti a mancare molti voti (almeno 20, per un totale di circa
40 franchi tiratori) provenienti dalle fila del gruppo Misto, delle Autonomie, del M5s e, sì, anche
dalle fila del gruppo del Pd. Ma è ora di riannodare il filo della matassa e di spiegare, con esattezza, che cosa è successo ieri.
Lo Zan parce sepulto: cos’è e come funziona la ‘sospensiva’
L’aula del Senato, dunque, ieri ha archiviato, di fatto definitivamente, il
ddl Zan, con
154 voti favorevoli (alla sospensiva), 131 contrari e due astenuti che hanno messo fine a un percorso ad ostacoli fatto di ostruzionismo, rinvii, incontri, scontri, tentativi di mediazione tra favorevoli e contrari che ha tenuto banco a palazzo Madama dalla primavera scorsa all'autunno inoltrato. Affossa lo Zan, a un anno dall'approvazione della Camera (novembre 2020), la
tagliola’ chiesta da Lega e FdI. E’ la famosa ‘sospensiva’. Ma cos’è? E’ una trappola, o tagliola, regolamentare, ma perfettamente lecita,
a norma di Regolamento, che si vota per di più, se caso, a scrutinio segreto. In pratica, si chiede all’Aula di “sospendere” l’esame di una legge e rispedirlo in commissione.
il tabellone annuncia l'esito del voto in Senato
La sospensiva, prevista dal Regolamento (art. 93), va votata, se
richiesta da almeno 20 senatori (art. 113), ed è
preclusiva del voto sugli articoli. Può essere votata, sempre grazie all’appoggio di venti senatori, come minimo, a scrutinio segreto. Inoltre, quella stessa proposta di legge ‘non’ può più essere esaminata dall’aula per
altri sei mesi. In pratica, per lo Zan, se ne riparla
a maggio del… 2022. Ma chissà cosa sarà successo, allora, nel Parlamento, senza dire del fatto che l’iter della legge ‘deve’ ripartire dalla commissione, quella Giustizia, presidente il leghista
Ostellari, noto antipatizzante del disegno di legge Zan. Presentata dal ‘mago’ di Regolamenti
Roberto Calderoli (Lega), la ‘sospensiva’ è un treno che non si può fermare, a meno che i partiti che la presentano (Lega e FdI) non la ritirino. Zan aveva posto come “preclusivo” proprio il suo ritiro, ma Lega e FdI non hanno tolto la pistola dal tavolo e
la mediazione in corner tentata da Iv (il rinvio di una settimana dell’esame
del ddl), mediazione che Iv ha avanzato l’altra sera, in sede di conferenza dei capigruppo,
è fallita.
Diversi, e compositi, i "colpevoli", ma stanno pure nel Pd
Ma cosa e come e perché si era così arroventata la discussione tra accuse e controaccuse reciproche?
Il Senato durante il voto sul Ddl Zan
Il segretario Letta per mesi aveva detto “lo Zan va bene così com’è”, ma domenica scorsa, dagli studi tv di
Fabio Fazio, ha chiesto di aprire una trattativa, consapevole che, appunto, “non ci sono i numeri”. A quel punto Zan aveva aperto un tavolo di mediazione ‘politico’, con gli altri partiti per cercare ‘un compromesso’.
Zan, la mediazione impossibile
Il primo guaio è che
Zan è il padre della legge, poco propenso, dunque, a mediazioni di sorta. Inoltre,
fa il deputato, mica il senatore, e la mediazione, invece, andava fatta dentro il Senato.
Zan si è subito ‘installato’ negli
uffici dem del Senato e, in modo del tutto irrituale, ha iniziato a ‘ricevere’ gli esponenti degli altri gruppi politici cercando, appunto, l’impossibile mediazione. Nel
gruppo dem al Senato, non a caso, però, l’aver affidato
la mediazione a Zan, non l’hanno presa bene: si sono sentiti, quantomeno, scavalcati (da Letta, oltre che da Zan) e la stessa capogruppo,
Simona Malpezzi, si è ‘irritata’.
Dialogo mai partito
Anche
Ostellari (Lega), nella sua commissione, ha aperto un tavolo ‘tecnico’, tavolo che, almeno, aveva i crismi dell’ufficialità.
Risultati di entrambi i tavoli, però, pari a zero, o quasi. M5s e LeU si son rifiutati di partecipare al tavolo di Ostellari e il centrodestra al tavolo di Zan. Il
dialogo tra Pd-M5s e destra non è mai partito. La mediazione ha ballato per soli due giorni: era sugli articoli 1 (
identità di genere), 4 (
libertà di espressione) e 7 (giornata dei diritti nelle s
cuole). Centrodestra e Iv volevano ripartire dal
ddl Scalfarotto (
Ivan, di Iv, oggi sottosegretario agli Interni, padre del ddl omonimo: votato alla Camera e, pure lui, mai preso in esame al Senato) perché non prevede l’attuale definizione di identità di genere (a tutela anche delle persone trans), come è, invece, nello Zan, né la giornata ‘anti-transomofoba’ a scuola, ma il fronte Pd-M5s-LeU ha risposto tanti sonori ‘no’ a tutto.
La senatrice di Forza Italia, Barbara Masini (D) con la compagna
Certo, c’era stata qualche timida apertura dentro FI: la senatrice
Barbara Masini, gay dichiarata, si era detta “fiduciosa” di arrivare a una mediazione e anche la capogruppo,
Annamaria Bernini, era disponibile a trovare dei punti d’incontro su alcuni punti, ma la ‘pasionaria’ dei diritti Lgbt+
Monica Cirinnà, senatrice dem, ha detto no (e Zan, ovviamente, pure). Morale, accordo saltato. E si arriva alla giornata di ieri, al
voto in aula. Lo Zan lo sapevano tutti che sarebbe andato ‘sotto’. Nel
Pd, certo, erano convinti che, con il
voto segreto, alcuni azzurri avrebbero votato ‘con’ loro (‘no’ alla sospensiva). Inoltre, chiedevano una ‘prova d’amore’ al
gruppo di Iv. Partito da cui assicuravano che “noi voteremo con il Pd, contro la sospensiva”, ma ammonivano: “è il Pd che vuole affossare lo Zan per incolpare noi”.
Elena Bonetti, ministra per la famiglia
La capogruppo di Iv alla Camera,
Maria Elena Boschi, lo aveva detto molto chiaramente: “Se domani (oggi,
ndr.) si vota lo Zan, rischia di essere affossato per sempre. Noi facciamo un appello al buon senso e chiediamo di fare modifiche condivise. Chi vuole affossare la legge si dovrà prendere le proprie responsabilità”. Un timore, quello di Boschi, che di fatto paventava quello che, per dire, dicevano in chiaro dalle parti del
ministro alla Famiglia, Elena Bonetti (Iv): “vogliono andare a ‘cercar la bella morte’, sapendo che non hanno i numeri, per incolpare Iv e per tagliarci fuori dalle alleanze politiche future e far contento Conte e i 5S che non ci vogliono, come alleati. E’ un bieco calcolo politico di Letta che si gioca sulla pelle dei diritti delle persone”. E così, dopo un paio di ore
di discussione generale e dopo il tentativo – avanzato da
Dario Parrini (Pd, presidente della commissione Affari costituzionali) di chiedere alla presidente d’aula, nonché presidente del Senato,
Maria Elisabetta Casellati, di ‘non’ votare la sospensiva in quanto – sosteneva
Parrini – “è un voto procedurale che, in realtà, uccide la legge nel suo complesso”, si è arrivati al voto dell’aula, col risultato già detto. Solo che, subito, si scatena
la bagarre, in Aula.
I conti sui franchi tiratori: accuse e contro-accuse tra Pd-M5s e Iv
La votazione, avvenuta a scrutinio segreto, è accolta da un lungo applauso del
centrodestra trionfante che si dice pronto a “ripartire da zero”.
Il senatore della Lega Simone Pillon esulta con i suoi colleghi di partito dopo la votazione sulla cosiddetta 'tagliola' al Senato
Anche perché, come si diceva, il disegno di legge, che reca misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per sesso, genere o disabilità, non potrà più essere riproposto e lo Zan o un
nuovo ddl con un tema analogo dovrà aspettare
sei mesi per essere
trattato in Senato. Queste sono le regole. Le stesse che hanno portato il presidente
Elisabetta Casellati a dare il via libera al voto segreto. “La mia decisione, per quanto legittimo contestare, perché si tratta di interpretazione, ha delle solide fondamenta di carattere giuridico”, chiarisce
Casellati, mettendo un punto alle accese contestazioni che si levano dai banchi di Pd e M5s. Poi, appunto, ci sono – come sempre, quando si vota a scrutinio segreto – i ‘franchi tiratori’, croce e delizia del Parlamento.
Sono 288 i senatori presenti in Aula per il voto e
287 i votanti e sono ben
23 i voti di scarto che decretano la sconfitta del fronte Pd, M5s e Leu. Eppure, in
casa dem, fino al giorno prima, si contava su almeno su
140 voti a favore, “ne
mancano all'appello almeno 16”, spiegano fonti Pd al Senato. I parlamentari democratici puntano l'indice di accusa su
Italia viva, anche se qualcuno non esclude sabotatori interni di area riformista (si fanno i nomi delle ‘femministe’ dem, cioè le senatrici Fedeli, Valente, De Giorgi).
Goffredo Bettini è convinto che siano state le “giravolte di sovranisti e riformisti ad affossarlo”. Ma la dura risposta arriva da
Matteo Renzi che parla di
ben 40 franchi tiratori e invita a non pensare alle assenze. “La responsabilità di oggi è chiara - dice il leader di Iv - Non importava conoscere la politica, bastava conoscere l'aritmetica”. I renziani, che ora accusano Pd, M5s e Leu,
alla Camera avevano votato compatti in favore del
ddl Zan, poi in Senato si sono presi il ruolo di mediatori tra le due fazioni, puntando a una rivisitazione del testo e proponendo come testo base il ddl Scalfarotto.
Quanti assenti nel centrosinistra...
Sempre
tabulati alla mano, gli assenti nel centrosinistra sono
almeno 10, mentre nel centrodestra 5. Gli assenti di Italia viva sono 4, tra cui Renzi. Tutti presenti i senatori di FdI. Sulla carta il Pd, insieme al M5s, Iv, Leu e Autonomie, poteva contare
su 141 voti mentre il centrodestra su
135. Eppure, la votazione al Senato
sulla 'tagliola' del ddl Zan è finita a favore di questi per ben 23 voti di differenza. I favorevoli sono stati 154, i contrari ‘solo’ 131, gli astenuti 2. Entrambi gli schieramenti hanno
registrato assenze: 11 nel centrosinistra-M5s-Iv-
Autonomie-Leu (tra cui Renzi), 5 tra le fila di Lega e Forza Italia (FdI nessuno). Entrambi, quindi, partivano da una base di 130 votanti.
Il centrodestra, dunque, al netto degli assenti, ha
guadagnato 24 voti (130 i presenti, 154 i sì raggiunti). Una parte di questi possono essere rintracciati nella componente del Misto “
Idea e Cambiamo”, che secondo quanto riferito in aula in dichiarazione di voto da
Gaetano Quagliariello ha votato a favore della ‘tagliola’: 6 voti, un senatore della componente era assente, che si aggiungono a quelli del centrodestra. Si arriva così a
18 voti irrintracciabili. Per il Pd sono stati i 16 di Iv, da Iv giurano che, al massimo, di voti ne hanno persi quattro o cinque, ne restano un totale di dieci/dodici voti che vanno ‘cercati’ tra i
senatori dem (almeno tre/quattro) e tra i
senatori del M5s (almeno altri sei/otto) più, forse, un paio del Misto e/o delle Autonomie. Ma, appunto,
il voto era – e resterà – ‘segreto’. Quindi, amen, il ddl Zan, appunto,
parce sepulto.
Il ‘rumore di fondo’ dei leader tutti ‘indignati’
Il resto, cioè le
dichiarazioni indignate dei vari leader di sinistra come di M5s e pure di destra è puro rumore di fondo. “Meglio lo stop di una porcata”, chiosa il leghista
Roberto Calderoli, gongolante per la vittoria di cui si intesta la paternità per aver puntato sulla ‘tagliola’. “Sconfitta l'arroganza di Letta e dei 5Stelle”, esulta il leader leghista
Matteo Salvini, mentre
Enrico Letta scandisce “hanno fermato il futuro e riportato l'Italia indietro con i loro inguacchi”. “Chi oggi gioisce per questo sabotaggio dovrebbe rendere conto al Paese” sono le parole del presidente del M5s
, Giuseppe Conte, mentre per il ministro degli Esteri
Lugi Di Maio è “vergognoso” che il ddl
Zan sia stato “spazzato via, nel segreto dell'urna”. Secondo la leader di FdI,
Giorgia Meloni, “i primi ad aver affossato la legge sono i suoi stessi firmatari,
Zan in testa” e definisce “patetiche le accuse di Letta, Conte e della sinistra”. La capogruppo di Fi in Senato,
Anna Maria Bernini, accusa la Sinistra di aver voluto solo “prevaricare” senza un reale interesse per una trattativa.
“Prove generali per la corsa al Colle”
Ma poi
volano gli stracci anche tra i (presunti) alleati del futuro centrosinistra: “Il M5s si è fidato dell'esperienza del Pd, questo è il risultato”, commenta
Alessandra Maiorino (M5s) mentre la
Fedeli chiede le dimissioni di chi ha gestito la partita, in Aula e in commissione (cioè della Malpezzi e di Mirabelli, gruppo dem). Insomma, tutti contro tutti. Ma
Loredana De Petris, navigata senatrice di LeU, le definisce “
Prove generali per il Quirinale”, lasciando intendere, ai giornalisti davanti alla
buvette, che il problema dei franchi tiratori si ripresenterà molto presto e cioè nella corsa al
Colle. Il che, peraltro, rischia pure di essere vero. In fondo, almeno su questo, il
povero Zan aveva ragione.