Trump, il nuovo discorso a Mar-a-Lago: dove muore l’etica politica. E tremano i diritti

Nel corso del suo ultimo intervento pubblico, il tycoon non ha escluso nuove invasioni militari

di MARCO PILI
8 gennaio 2025
Il neoeletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (ANSA)

Il neoeletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (ANSA)

Mala tempora currunt, avrebbero detto gli antichi. Donald Trump ha vinto le elezioni, diciamo oggi. Ancora una volta, infatti, il neo-eletto presidente degli Stati Uniti si è lasciato andare ad un discorso tanto imprevedibile quanto inverosimile. Una caratterizzazione, quest’ultima, che si spera non venga mai invertita, ma sulla quale si hanno sempre meno certezze.

È da settimane, infatti, che i tam-tam di guerra si susseguono da Washington a Mar-a-Lago, in Florida, luogo ormai arcinoto per ospitare una delle ville del tycoon, recentemente rieletto a vertice della stanza dei bottoni più potenti al mondo. Una posizione per la quale, auspicabilmente, il profilo dell’occupante dovrebbe essere di altissimo livello. Ma tra un vertice informale con Giorgia Meloni e un consiglio fuoriuscito direttamente dalla bocca di Elon Musk, non sembra essere proprio questo il caso.

Negli Stati Uniti, come sottolineato da Alan Friedman una volta consolidatosi il risultato elettorale, sta prendendo piede una vera e propria oligarchia, con Elon Musk figliol prodigo di un tandem elettorale che promette battaglia su tutti i fronti possibili e – non – immaginabili. È così che, dopo le stoccate ai Paesi Nato come, ad esempio, la Danimarca, nei confronti della quale il futuro Potus ha ipotizzato azioni militari al fine di ottenere il controllo della Groenlandia, non sono certo mancate le minacce nei confronti dei panamensi e dell’omonimo canale. Pretese di espansione imperiale alle quali hanno fatto eco la rinnovata intenzione di abbandonare l’Ucraina a combattere l’invasore russo, il rendere la striscia di Gaza “un inferno” dopo l’insediamento del 20 gennaio e il non rispettare l’attuazione dell’art.5 dello statuto Nato se gli stati membri non dovessero raggiungere l’allocazione del 5% del Pil per le spese militari.

Prospettive che potrebbero infiammare ancor più un contesto internazionale già a pezzi, macchiato da conflitti, stragi e migliaia di morti civili innocenti. E il rinnovato e rafforzato populismo d’oltreoceano rischia, così come nel 2016, di riservare conseguenze spiacevoli a tutti e tutte coloro che si districano nella società civile. Nelle stesse ore del discorso di Mar-a-Lago, non a caso, Mark Zuckerberg ha esplicitato la sua volontà di avversare le “restrittive”, si fa per dire, maglie del fact-checking imposte dall’amministrazione Biden e, in modo ben più consistente, dall’Unione Europea, sposando la linea della disinformazione.

È così che il Golfo del Messico è stato immediatamente “rinominato” Golfo d’America, per ordine impartito dallo stesso Trump, e che il suo braccio destro, Musk, ha ipotizzato un ulteriore intervento militare nel Regno Unito per “liberare il paese da un governo terrorista”. Ciò che è certo è che, nei prossimi anni, occorrerà lottare ancor più per diritti i quali, fino ad oggi, consideravamo assodati.