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Lo Zan? "Rimandato a settembre", ma con possibile ‘sorpresa’. Fra astuzie di Calderoli e mosse del cavallo

di ETTORE MARIA COLOMBO -
4 agosto 2021
Zan-Settembre

Zan-Settembre

La ‘non notizia’ è che il ddl Zan è stato ‘rimandato’ a settembre, con coda di accese polemiche tra Pd da un lato e Iv-destre dall’altro. Tutto è successo ieri, nell’aula di palazzo Madama, durante una conferenza dei capigruppo molto accesa, finita tra urla e accuse reciproche. La conferenza dei capigruppo si era riunita per decidere, come ogni settimana, il calendario dell’Aula. Allo Zan mancava, e manca, una ‘coda’: due ore di discussione generale che sono state ‘congelate’ dopo la bocciatura, per un soffio, di pregiudiziali di costituzionalità e sospensive, per poi dare la priorità ai decreti in scadenza. La verità è che l’assenza di un’intesa tra tutti i gruppi e i numeri risicatissimi al Senato non offrivano garanzie a Pd, M5s e Leu di un via libera definitivo senza modifiche. E così, a causa dell’incognita sull’esito del voto, tanto più di fronte al rischio di diversi scrutini segreti (sempre possibili in tema di voto su libertà individuali) nessuno – tantomeno il Pd, a dirla tutta - è tornato, nelle ultime settimane, a spingere per riportare il ddl in aula.

Davide Faraone, capogruppo Iv al Senato

Un’accesa e rissosa conferenza dei capigruppo

Le posizioni sono sempre le stesse. Da una parte ci sono i renziani di Italia Viva, dall’altra l’asse tra Pd, Movimento 5 stelle e LeU. Dai due fronti partono accuse reciproche di voler affossare il testo. La lite avviene sotto gli occhi di un centrodestra silente e, ovviamente, entusiasta. Lo scontro divampa quando il capogruppo di Iv, Davide Faraone, annuncia di voler riportare il testo nell’Aula di Palazzo Madama prima della pausa estiva. L’obiettivo - è la tesi del senatore - sarebbe prima quello di trovare un accordo che coinvolga anche il centrodestra, per poi accelerare sull’approvazione del testo. Uno schema che secondo Faraone avrebbe trovato l’opposizione del fronte dei partiti favorevoli all’approvazione del testo "così com’è" (copyright Enrico Letta). "Da oggi i diritti sono ufficialmente in vacanza: la proposta di Italia viva di cercare l’intesa e portare in Aula già mercoledì 4 agosto il ddl Zan non ha trovato adesioni", dice, rabbuiato e uscendo dalla riunione, Faraone. Parole che suscitano la reazione indignata di Pd, M5S e LeU che, con una dichiarazione congiunta firmata da Simona Malpezzi (capogruppo Pd) Loredana De Petris (LeU) e Vincenzo Santangelo (M5s) ribattono che "nel corso della capigruppo non c’è stata alcuna richiesta di inserimento in calendario da parte di Italia viva. Il calendario d’Aula è stato votato all’unanimità". In pratica, gli danno del bugiardo. Secondo i tre, Faraone si sarebbe limitato a chiedere una semplice riunione di maggioranza per trovare un’intesa sulle modifiche da apportare al testo. Modifiche che i partiti favorevoli hanno sempre rispedito al mittente, convinti che si tratti di solo una strategia che il centrodestra, con la sponda di Iv, vuole mettere in pratica per affossare la legge. "L’unica cosa che non va in vacanza è l’inaffidabilità di Italia viva", tuona Monica Cirinnà, senatrice e responsabile Diritti del Pd.  

Monica Cirinnà al Senato con mascherina e braccialetto arcobaleno e maglietta Some people are gay

Fine dei giochi? No. In agguato, c’è l’ennesima ‘calderolata

La discussione riprenderà a settembre, dunque, dopo la pausa estiva. I senatori, infatti, si faranno un mese secco di ferie, dal 6 agosto al 6 settembre e, solo alla ripresa, lo Zan sarà rimesso di nuovo in calendario dalla conferenza dei capigruppo. A settembre, dunque, si ripeterà lo scontro? La logica vorrebbe così, ma… ecco il ‘barbatrucco’! Si parte – ragionano nel Pd, specie nell’area di Base riformista – dal dato di fatto che, senza i voti di Italia viva, i giallorossi non hanno i numeri per ‘blindare’ il testo ed evitare che venga modificato: lo Zan rischia di andare sotto nei voti segreti, che il leghista Roberto Calderoli ripresenterà a decine (ma ci sono pure quelli del gruppo Autonomie che vogliono cambiarlo), e cioè di vedersi approvare modifiche non volute, riportando il ddl alla Camera per un nuovo esame. Una sconfitta, o vittoria di Pirro, ad oggi sicura. Senza dire del fatto che è già pronto l’ennesimo colpo di teatro  di  Calderoli: la richiesta di ‘non passaggio agli articoli’, e cioè dell’attivazione dell’articolo 96 del Regolamento del Senato, che prevede di votare su una proposta, con tanto di possibile scrutino segreto, che consiste nel ‘non’ passaggio all’esame degli articoli. Proposta che potrebbe rispedire lo Zan dall’Aula, dove si troverà a settembre, dunque di fatto affossandolo.  

L’ordine del giorno del Pd: spiragli di dialogo

Una volta che venisse sventato questo tentativo, ecco che scatterebbe la ‘contro-offerta’ del Pd, una contro-proposta aperta a Iv e non solo a loro. Si tratta di un ordine del giorno ‘generale’ – perché commenta tutta la legge - del Pd, a prima firma del capogruppo Simona Malpezzi, e firmato anche da tutto l’Ufficio di Presidenza, ma politicamente di ispirazione della parte riformista del gruppo dem - che propone, «fatti salvi i principi generali della legge e dandone una corretta e precisa interpretazione», di ‘ribadire’ i punti cardine dello Zan, fornendo una "corretta interpretazione" della normativa.

Matteo Renzi ed Enrico Letta

La novità che l’odg di fatto lascia implicitamente intendere è, però, che quegli obiettivi non sono raggiungibili solo attraverso l’articolato previsto dallo Zan: apre cioè uno spazio politico di possibile trattativa su come raggiungerli, a prescindere dall’articolato. In pratica, però, trattandosi di ‘riscrittura’ del ddl, vuol dire, anche in questo caso, modificare lo Zan e, dunque, rimandarlo alla Camera per una seconda – e, a quel punto, ‘definitiva’ – lettura. L’escamotage dell’odg ha una sua forza creativa: dal punto di vista del Regolamento del Senato, va discusso e votato ‘prima’ che inizi il voto sugli articoli e gli emendamenti. E’ come se si dicesse: il Pd si siede a un tavolo e cerca una mediazione. Una volta discusso, e votato l’odg, se passerà, si andrebbe avanti comunque ad esaminare il ddl Zan, ma con il risultato politico non indifferente di aver trovato una nuova maggioranza sullo Zan, implicitamente pronta a una nuova mediazione e consentire di ‘portare a casa’ gli obiettivi del ddl. Solo che, dal punto di vista ‘politico’ generale, vuol dire ‘riscrivere’ lo Zan e allungare i tempi, contraddicendo la ‘linea’ del Pd (e di Letta), quella tenuta finora.  

La mossa del cavallo

Ma siamo proprio sicuri che il segretario del Pd non sia d’accordo e che non abbia già in tasca un accordo con Renzi? Non è detto che le cose vadano così, ma ove mai fosse, sarebbe un bel ‘change’, per il Pd. Una «mossa del cavallo» per dirla a la mode dell’odiato Renzi.