
La Consulta in Uganda rigetta il ricorso sulla legge anti-Lgbt
Un gruppo di 22 persone, tra attivisti e parlamentari, ha fatto ricorso alla Corte suprema dell'Uganda contro la controversa legge anti-gay adottata lo scorso anno: lo ha dichiarato il loro avvocato, Nicholas Opiyo.
Il 3 aprile, infatti, la Corte costituzionale ha respinto il ricorso dei firmatari contro la norma anti-gay considerata una delle leggi più severe al mondo, visto che impone pene fino all'ergastolo per i rapporti tra persone dello stesso sesso e contiene disposizioni che rendono l'"omosessualità aggravata" un reato punibile con la morte.
Il verdetto è stato condannato dalle organizzazioni per i diritti in patria e all'estero e dall’Occidente, tra cui gli Stati Uniti, che dopo la sentenza del 3 aprile hanno avvertito che continueranno a prendere "misure appropriate" dopo aver limitato i visti per i funzionari ugandesi e rimosso Kampala (capitale dell’Uganda) da un importante accordo commerciale, come risposta all'adozione della legge nel 2023.
I firmatari non vogliono fermarsi di fronte alla decisione del 3 aprile scorso. In particolare loro contestano la determinazione della Corte costituzionale secondo cui la legge non è stata adottata in violazione della Costituzione ugandese. I firmatari hanno inoltre accusato i giudici di "non aver valutato le prove agli atti del tribunale (e) di essersi basati su prove inammissibili sul reclutamento di bambini nell'omosessualità".