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Home » HP Trio » Dopo 2 anni di pandemia, come è cambiato l’uso degli smartphone da parte dei bambini?

Dopo 2 anni di pandemia, come è cambiato l’uso degli smartphone da parte dei bambini?

Uno studio condotto dal Pew Research Center su un campione di quasi 1700 genitori negli Stati Uniti ha confrontato le abitudini di bambini minori di 11 anni a marzo 2020 e ad aprile 2021: quasi tutti i bimbi con meno di 5 anni usano abitualmente il tablet

Edoardo Martini
25 Maggio 2022
bambini smartphone

bambini smartphone

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Il primo anno della pandemia di Covid-19 ha portato una serie di interrogativi per i genitori, dall’aiutare i loro figli a gestire la tecnologia, all’aumento del tempo davanti allo schermo. I genitori che hanno bambini piccoli hanno lottato contro la mancanza di assistenza all’infanzia e sono preoccupati per la socialità dei loro figli: preoccupazioni che sono tutt’oggi ancora rilevanti.

Con la pandemia è stato registrato un aumento significativo dell’uso dei dispositivi elettronici
Il lockdown ha causato un aumento significativo dell’uso dei dispositivi elettronici

Quasi tutti i bambini con meno di 5 anni usano abitualmente il tablet

Che sia il risultato della pandemia o di altri eventi, l’anno successivo al sondaggio nel marzo del 2020 ha visto una quota crescente di genitori che ha affermato che il loro bambino aveva utilizzato social media e dispositivi digitali.  

Tra i bambini americani minori di 11 anni è aumentato l’uso dei social, in particolare di TikTok, utilizzato dal 21% degli intervistati nel 2021 contro il 13% del 2020, ma anche videogiochi e tablet, utilizzati rispettivamente dall’81% dei bambini (contro il 68% del 2020) e dal 51% (contro il 45% del 2020). Ci sono stati piccoli cambiamenti nella percentuale affermando che il loro bambino ha utilizzato Instagram o Facebook, mentre l’uso di Snapchat è rimasto praticamente lo stesso. E la percentuale di chi ha affermato che il loro bambino ha utilizzato un sito di social media diverso da TikTok, Snapchat, Facebook e Instagram è quasi raddoppiata tra il 2020 e il 2021, dall’8% al 17%.

Da mettere in evidenza è soprattutto un dato che riguarda i piccolissimi: nel 2021 quasi 7 bambini minori di cinque anni su 10 utilizzavano abitualmente il tablet, mentre 3 su 10 giocavano ai videogiochi. Esiste però anche la tendenza opposta: il 14% dei minori di 11 anni che nel 2020 utilizzava uno smartphone, non lo utilizzava più nel 2021; allo stesso modo il 19% di quelli che passavano del tempo ai videogiochi nel 2020, non lo faceva più nel 2021.

Il grafico mostra le percentuali dei genitori statunitensi che credono come i loro figli passino il loro tempo sui videogiochi e sugli smartphone (Fonte Pew Research Center / Statista)

Di conseguenza aumenta tra i genitori la preoccupazione per le troppe ore passate alla schermo. I dati sono impietosi: se nel 2020 il 31% dei genitori dichiarava che il proprio figlio passava troppo tempo ai videogiochi, nel 2021 la percentuale è salita al 51%; la stessa cosa vale per lo smartphone, il cui uso nel 2021 era eccessivo per 4 genitori su 10, contro i 3 su dieci del 2020.

L'(ab)uso della tecnologia fa male

L’abitudine di passare troppo tempo davanti allo schermo non è sano: secondo uno studio canadese l’uso eccessivo di tablet e smartphone rallenterebbe l’apprendimento cognitivo dei piccoli. La tendenza a esagerare, effettivamente, non è da imputare soltanto alla pandemia: secondo una ricerca che ha analizzato le abitudini  di 4000 bambini tra il 2008 e il 2010, nei primi anni di vita il tempo passato davanti allo schermo crescerebbe in maniera esponenziale, da meno di un’ora a due ore e mezza al giorno.

Come cambia la gestione del tempo davanti allo schermo da parte dei genitori verso i propri figli

La maggior parte dei genitori il cui figlio aveva tra i 5 e gli 11 anni all’inizio della pandemia ha confessato di aver controllato i siti Web e le app mobili che visitavano, ne ha limitato le ore al giorno o il periodo di tempo in cui il bambino può stare davanti allo schermo e per finire per punizione gli ha tolto il privilegio di Internet. Al contrario circa il 16% dei genitori con un bambino di questa età ha affermato di non aver limitato il tempo davanti allo schermo nel 2021, nonostante lo avesse fatto nel 2020.

I cambiamenti negli approcci genitoriali si sono estesi anche alle ore del giorno in cui i bambini potrebbero usare maggiormente lo schermo. Per esempio, circa la metà dei genitori di un bambino (48%) ha dichiarato che nel 2021 avrebbe concesso la possibilità di usare il dispositivo mobile prima di andare a letto. Dall’altra parte invece, una bassa percentuale (8%) ha inasprito le proprie restrizioni: non dava più la possibilità al proprio figlio di utilizzare lo smartphone prima di andare a letto.

Nonostante questo studio non è possibile stabilire con certezza quanti e quali dispositivi vengono utilizzati e nemmeno quanto tempo i bambini trascorrono su di essi. Nonostante questo però, la ricerca è utile per fornire un’importante dimostrazione di come la pandemia ha cambiato l’uso della tecnologia per i bambini.

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Instagram

  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
Il primo anno della pandemia di Covid-19 ha portato una serie di interrogativi per i genitori, dall'aiutare i loro figli a gestire la tecnologia, all'aumento del tempo davanti allo schermo. I genitori che hanno bambini piccoli hanno lottato contro la mancanza di assistenza all'infanzia e sono preoccupati per la socialità dei loro figli: preoccupazioni che sono tutt'oggi ancora rilevanti.
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Il grafico mostra le percentuali dei genitori statunitensi che credono come i loro figli passino il loro tempo sui videogiochi e sugli smartphone (Fonte Pew Research Center / Statista)
Di conseguenza aumenta tra i genitori la preoccupazione per le troppe ore passate alla schermo. I dati sono impietosi: se nel 2020 il 31% dei genitori dichiarava che il proprio figlio passava troppo tempo ai videogiochi, nel 2021 la percentuale è salita al 51%; la stessa cosa vale per lo smartphone, il cui uso nel 2021 era eccessivo per 4 genitori su 10, contro i 3 su dieci del 2020.

L'(ab)uso della tecnologia fa male

L'abitudine di passare troppo tempo davanti allo schermo non è sano: secondo uno studio canadese l'uso eccessivo di tablet e smartphone rallenterebbe l'apprendimento cognitivo dei piccoli. La tendenza a esagerare, effettivamente, non è da imputare soltanto alla pandemia: secondo una ricerca che ha analizzato le abitudini  di 4000 bambini tra il 2008 e il 2010, nei primi anni di vita il tempo passato davanti allo schermo crescerebbe in maniera esponenziale, da meno di un'ora a due ore e mezza al giorno.

Come cambia la gestione del tempo davanti allo schermo da parte dei genitori verso i propri figli

La maggior parte dei genitori il cui figlio aveva tra i 5 e gli 11 anni all'inizio della pandemia ha confessato di aver controllato i siti Web e le app mobili che visitavano, ne ha limitato le ore al giorno o il periodo di tempo in cui il bambino può stare davanti allo schermo e per finire per punizione gli ha tolto il privilegio di Internet. Al contrario circa il 16% dei genitori con un bambino di questa età ha affermato di non aver limitato il tempo davanti allo schermo nel 2021, nonostante lo avesse fatto nel 2020. I cambiamenti negli approcci genitoriali si sono estesi anche alle ore del giorno in cui i bambini potrebbero usare maggiormente lo schermo. Per esempio, circa la metà dei genitori di un bambino (48%) ha dichiarato che nel 2021 avrebbe concesso la possibilità di usare il dispositivo mobile prima di andare a letto. Dall'altra parte invece, una bassa percentuale (8%) ha inasprito le proprie restrizioni: non dava più la possibilità al proprio figlio di utilizzare lo smartphone prima di andare a letto. Nonostante questo studio non è possibile stabilire con certezza quanti e quali dispositivi vengono utilizzati e nemmeno quanto tempo i bambini trascorrono su di essi. Nonostante questo però, la ricerca è utile per fornire un'importante dimostrazione di come la pandemia ha cambiato l'uso della tecnologia per i bambini.
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