Sessant'anni fa il Muro di Berlino, una ferita per il mondo. Lo storico Cardini: "Tutti per l'Occidente, ma con ingenuità". Dagli Usa alla Cisgiordania, i mattoni che ancora ci dividono

di PIERO CECCATELLI -
12 agosto 2021
muro 3

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Il telefono squilla  nell’ovest in piena notte: la polizia di Spandau avverte che un treno dell’S-Bahn, la metropolitana sopraelevata di Berlino, è tornato indietro. "I passeggeri sono dovuti scendere, ed è stato restituito loro il biglietto".  È il primo segnale, alle 2 del mattino, che qualcosa di inedito sta avvenendo nella capitale tedesca. Da AlexanderPlatz, Erich Honecker, ancora sconosciuto, dirige le operazioni quale funzionario della Sed: nel giro di poche ore, le frontiere fra l’est e l’ovest della città, su ordine del presidente Walter Ulbricht, saranno sbarrate con del filo spinato.
Ed è così che nasce il Muro di Berlino, poco prima delle luci dell’alba del 13 agosto 1961, esattamente sessant'anni fa.

La costruzione del Muro

  La decisione dei governi del patto di Varsavia di blindare l’area orientale della città, per evitare un dissanguamento - 1,6 milioni di berlinesi avevano già lasciato l’est per l’ovest - divenne la rappresentazione tangibile della cortina di ferro che divise il mondo nei due blocchi d’influenza sovietica e americana, durante la guerra fredda. Le conseguenze di quella scelta segnarono la storia della Sprea e non solo: la città dal "cielo diviso", nella celebre definizione che titola il capolavoro di Christa Wolf, separò per decenni famiglie e amici, e costò la vita a tanti berlinesi, che tentarono la via della fuga, in un’impresa via via più pericolosa. Furono almeno 140 le vittime del Muro, sotto i «tiri di precisione» esplosi dagli agenti dell’est.   Torri di guardia e cecchini armati Dopo le prime barriere, già il 15 agosto iniziarono ad essere usati gli elementi prefabbricati di cemento e pietra destinati a formare la prima generazione del muro, che poi fu negli anni rinnovato ed ulteriormente fortificato per evitare fughe verso ovest. Quando circondò completamente Berlino Ovest, l’Antifaschistischer Schutzwall - lungo 156 km, alto 3,6 metri - trasformò i tre settori occidentali in un’isola rinchiusa entro i territori orientali. A partire dal 1975 il confine era anche protetto nella “striscia della morte” da recinzioni, 105,5 km di fossato anticarro, 302 torri di guardia con cecchini armati, 20 bunker e una strada illuminata per il pattugliamento lunga 177 km.

 

I martiri del salto

  La storia delle origini di quella frontiera presto convertita in blocchi di cemento - e ben ricostruita da un agevole testo di Thomas Flemming - si può raccontare attraverso immagini divenute iconiche. Come quella di Conrad Schumann, il primo poliziotto che ebbe l’ardire di saltare il filo spinato il 15 agosto. Aveva 19 anni, e la sua foto fece il giro del mondo. O la vicenda amarissima di Peter Fechter, il fuggitivo ferito e lasciato morire a Check Point Charlie, provocando un nuovo schock nei berlinesi. Nelle prime settimane di quel terribile agosto, in molti saltarono all’ovest dai palazzi della Bernauer Strasse: lo racconta Peter Schneider, in un altro romanzo cult sulla materia, "Il saltatore del Muro". Ma superare la barriera, poi cementificata e sollevata fino ai 3,60 metri, diventò sempre più difficile. Presto, come è noto, i berlinesi non ebbero più la possibilità neppure di salutarsi con le mani sollevate in alto, per raggiungere gli sguardi affranti dei parenti dall’altra parte della città.  

Filo spinato sul Muro

Kennedy, dalla barca a vela alla storia

  E c’è un museo oggi a Berlino, al Check Point Charlie, che rievoca le avventure di tutti coloro che provarono a scappare: per vie sotterranee, nei bagagli, in volo. Meno nota, invece, è la reazione di chi, nella contrapposizione politica del tempo, di fatto subì questa decisione, senza muovere un dito: "L’ovest non fa nulla", titolò la Bild Zeitung il 16 agosto. E l’allora sindaco Willy Brandt, nella disperazione del momento, osò inviare di persona una lettera a Kennedy. Nell’apprendere del muro, affidata una reazione indignata alla stampa, il presidente degli Stati Uniti non aveva rinunciato neppure alle ore di vela. Anzi. La reazione non nascose un certo sollievo, racconta Flemming: "Krusciov non avrebbe lasciato costruire un muro, se avesse davvero voluto prendersi Berlino ovest. Non è una soluzione particolarmente piacevole, ma un muro è dannatamente meglio di una guerra", esclamò il leader, che nel ‘63 avrebbe dichiarato «ich bin ein Berliner!».  

Giù i mattoni, fra la gioia di tutti

  Il Muro di Berlino cadde 28 anni dopo, il 9 novembre del 1989: ad aiutare l’abbattimento di quella maledetta frontiera, poi a lungo rimasta «nella testa», secondo l’efficace formulazione di Schneider, fu anche la domanda del corrispondente dell’Ansa dell’epoca, Riccardo Ehrmann. In una storica conferenza stampa, all’annuncio del portavoce della Repubblica democratica tedesca Guenter Schabowski di un cambio di regime dei viaggi, chiese: «ab wann?», «da quando?» Il politico rimase spiazzato e tentennando rispose: «da subito». Bastò a scatenare la gioia dei berlinesi, che si avventarono sul Muro in massa, per raderlo al suolo e liberare finalmente la loro città.  

2003: murale per il 42° anniversario della costrizione del Muro

 

L'intervista: Franco Cardini: "Eravamo tutti americani. Ingenuamente"

 

Franco Cardini, scrittore e storico (foto Roberto Serra / Iguana)

Professor Franco Cardini, docente emerito di storia, saggista e scrittore. Nell’agosto del 1961 lei aveva appena compiuto 21 anni. Come accolse la costruzione del Muro? “Nella maniera sbagliata. Lo dico con l’esperienza dei miei 81 anni (li ha festeggiati il 5 agosto ndr). Eravamo la generazione della Guerra fredda, oggetti e non soggetti di scelte che passarono sopra le nostre teste. Senza nemmeno accorgersene, fummo indotti a pensare che appartenere al blocco occidentale, un sistema difettoso, ma che comunque garantiva giustizia e libertà fosse la scelta obbligata e migliore. Perché dall’altra parte c’era una tirannia. Ed era vero“.   Però? “La costruzione del Muro da parte dei tedeschi dell’Est su decisione del Patto di Varsavia apparve l’ennesimo atto dispotico del blocco comunista. Ma non riflettevamo - non solo io che a quell’età leggevo Salgari e non trattati di politica, ma l’intera opinione pubblica occidentale - che il blocco dei ’cattivi’, dei paesi comunisti altro non era che la risposta alle scelte che l’America aveva fatto già in tempo di guerra. A cominciare dalle bombe su Hiroshima e Nagasaki che colpirono e distrussero sì, il Giappone, ma è come se fossero state sganciate direttamente su Mosca. In maniera acritica, pensavamo che gli americani avessero sempre ragione e che gli altri fossero il Male“.   E invece? “In realtà entrambi, Usa e Urss facevano il proprio interesse. Che era anche quello di controllare l'Europa. Coi paesi dell’Est obbligati a obbedire e noi e i tedeschi senza mani libere: Adenauer e De Gasperi, avendo perso la guerra, non avevano margini di movimento. Un po' di più, ma non troppo Francia e Inghilterra“.  

maggio 1990: sei mesi dopo la caduta del Muro, restano alcuni "documenti"

L’America ci conservò liberi. Anche dalle minacce del Comunismo. “A salvare l’Italia dalla rivoluzione non fu Bartali. Fu Stalin, che volle rispettare gli accordi di Yalta. Stalin in Italia era rappresentato da un uomo del quale si potrà dire ciò che si vuole, ma che aveva un intuito politico finissimo“.   Togliatti. “Appunto. Che frenò le smanie di Secchia e Longo, ottusi che vedevano poco oltre i propri occhi e si erano illusi che l’Italia sarebbe passata al Comunismo, seguita da Francia e Spagna. Ma i carri armati a Trieste avrebbero riacceso la guerra e il primo a non volerla fu Stalin“.   Senza l’America, L’Italia dove sarebbe stata? “Lei mi chiede cosa pensavamo allora, io le rispondo cosa penso oggi, rileggendo quegli anni. Allora,  Mosca invadeva l’Ungheria, Pio XII scomunicava il Pci, ma nessuno batteva ciglio se gli Usa s’imbarcavano nella guerra di Corea e quando gli americani si fecero consegnare dai francesi il testimone per combattere in Vietnam, anch’io definivo il loro esercito come i ’nostri soldati’. E lo facevano anche le parrocchie, i cattolici“.  

12 giugno 1987: Ronald Reagan, presidente americano tiene un discorso di fronte alla Porta di Brandeburgo

Joan Baez, i cantanti marcavano la differenza. “Certo, dissenso ce ne fu. Ma oggi, da europei, dobbiamo riflettere che Usa e Stalin per quanto nemici nella Guerra Fredda, puntavano entrambi a  non far unificare o almeno unire, l’Europa, mantenerla divisa e sotto il loro controllo. Oggi, ne scontiamo gli effetti. Ci ritenevamo figli dell’America ed era vero, ma avevamo una visione ingenua“.   Lei, da giovanissimo simpatizzante di destra, da quale altra parte avrebbe dovuto stare? “Dai tredici ai sedici anni ebbi un momento, di originalità. Mi iscrissi al Msi. Inebriato dai discorsi sociali che ascoltavo in pubblico, ma presto restai deluso dal ruolo di stampella della Dc che quel partito recitava in Parlamento. Il Msi bocciò l’esercito europeo, che la Francia stava propugnando e lasciò che il nostro esercito fosse nella Nato. Anzi, fosse la Nato. Per me una delusione“.   Oggi, la destra italiana è sovranista. “Sempre che abbia un senso parlare di destra e sinistra - penso al Pd - non ci sono spazi, ormai restano margini limitatissimi di sovranità“.  

Una curiosa immagine del Muro di Berlino

Valgono ancora gli schemi del 1945 e del 1961? “Abbiamo in testa una gran confusione. Simpatizziamo per gli ucraini, considerandoli patriottici rispetto alle mire di Mosca e riteniamo secessionisti gli abitanti della Crimea che sono russi figli di russi costretti a vivere sotto l’Ucraina. Parimenti, a parità di sistemi politici, definiamo presidente il leader africano che sta dalla parte che ci piace e dittatore quello che non ci piace. Chiamiamo Maduro dittatore e Bolsonaro presidente. Per Draghi, invece, dittatore è Orban. Le dico cosa penso: se proprio fossi costretto a scegliere fra Orban e Bolsonaro, se proprio non ci fossero alternative, preferire i finire sotto Orban“.   E il Muro? “Preferisco constatare che sia caduto“.    

I tanti muri che restano nel mondo

A sessant’anni dalla costruzione del Muro di Berlino, simbolo della divisione del mondo in due blocchi, est e ovest, barriere di sicurezza e di separazione sono ancora in piedi in vari angoli del mondo, mentre la crisi dei migranti è stata segnata dal ritorno dei muri - oltre che negli Stati Uniti - anche in Europa, da Calais, all’Ungheria alla Slovenia fino alla Lituania. Che - nel quadro delle tensioni con la vicina Bielorussia, che la accusa di aver ospitato diversi esponenti della sua opposizione - ha annunciato che costruirà un muro alla frontiera tra i due paesi per arginare l’arrivo di migranti dall’Africa e dal Medio Oriente, rinfacciando al vicino di “strumentalizzare la migrazione irregolare”. Di seguito tutti i muri nel mondo:  

Arabia Saudita

Riad ha costruito un muro di cemento al confine con lo Yemen, equipaggiato con le più sofisticate e moderne apparecchiature elettroniche di sorveglianza. Il muro dovrebbe ‘proteggere’ il paese dagli immigrati provenienti dallo Yemen. Le autorità saudite hanno anche annunciato la costruzione di quasi 900 chilometri di barriere e posti di controllo a difesa dalle infiltrazioni jihadiste dello Stato Islamico dall’Iraq.  

Cipro

Nei primi anni Sessanta le violenze tra turco e grecociprioti portarono ad un intervento dell’Onu e alla messa a punto di una linea del cessate il fuoco. Le forze turche invasero ed occuparono la parte nord dell’isola nel 1974 dopo il golpe dei grecociprioti appoggiato dalla Grecia. Cio’ che era conosciuta come la linea verde divenne una vera barriera con 180 chilometri di filo spinato, e una ‘no man’s land’ di larghezza variabile, dai 3 metri nel centro della capitale ai 7,5 chilometri nel villaggio di Athienou. Il confine e’ stato riaperto nel 2003.  

Cisgiordania

La barriera di separazione israeliana è un sistema di barriere fisiche costruito da Israele in Cisgiordania a partire dalla primavera del 2002 sotto il nome di security fence allo scopo d’impedire fisicamente l’intrusione dei terroristi palestinesi dopo la stagione degli attentati suicidi in Israele. Questa barriera, il cui tracciato di circa 700 km è stato ridisegnato più volte a causa delle pressioni internazionali, consiste in una successione di muri, trincee e porte elettroniche. Il progetto ha suscitato grande controversia. Nel 2004 la barriera è stata definita illegale dalla Corte Internazionale di Giustizia all’Aja.

Sahara occidentale

Bimbi saharawi

Il muro marocchino è una struttura difensiva della lunghezza superiore ai 2.720 km, costruita dal Marocco nel Sahara Occidentale, per proteggersi dalle azioni del Fronte Polisario. La struttura difensiva è a tutti gli effetti una zona militare dove sono stati costruiti bunker, fossati, reticolati di filo spinato e campi minati. Ad est del muro, i territori Saharawi che contano migliaia di famiglie che vivono in tendopoli. Famiglie che a metà anni Settanta, dopo il ritiro della Spagna dai territori dell'ex Sahara spagnolo invaso da nord dal Marocco e da sud dalla Mauritania,  si trovarono divise dal muro: fra componenti rimasti a ovest e quelli a est la stessa corrispondenza è avvenuta per anni con mezzi di fortuna. Le popolazioni Saharawi hanno ricevuto aiuti da associazioni e onlus italiane che hanno favorito il gemellaggio fra le tendopoli  e numerosi comuni italiani e i piccoli saharawi hanno trescorso per anni l'estate ospiti di famiglie italiane.  

Irlanda del nord

Le Peace Lines sono una serie di muri di separazione situati principalmente nella città di Belfast e di Derry. Hanno una lunghezza variabile (fino ai 4 km) e separano le zone in cui risiedono i cattolici quelle in cui risiedono i protestanti. I primi tratti di muro furono costruiti nel 1969 in seguito allo scoppio dei cosiddetti Troubles. I residenti di Short Strand, una parte cattolica di East Belfast, per difendersi dagli attacchi dei lealisti crearono dei muri di protezione che furono in seguito rinforzati e ai quali si aggiunsero nuovi tratti di barriere fino a raggiungere gli attuali 15 km di lunghezza. Negli ultimi anni sono diventati una sorta di attrazione turistica.  

Migranti premono al muro in metallo e filo spinato attraverso il quale si accede alla Spagna e all'Unione Europea

Ceuta e Melilla

Nelle due enclavi spagnole situate in territorio africano, oltre lo Stretto di Gibilterra sono state edificate due barriere di filo spinato - rispettivamente di 8,2 chilometri a Ceuta e di 12 chilometri a Melilla - al confine con il territorio appartenente alla Spagna, per bloccare l’accesso in massa degli immigrati che vogliono raggiungere l’Unione Europea, di cui quel lembo dell'Africa nordoccidentale. Costruite alla fine degli anni Novanta, le barriere di filo spinato da allora sono state innalzate fino a raggiungere l’altezza di 6 metri. Anche di recente Ceuta e la "gemella" Melilla sono state teatro di pressioni da parte dei migranti giunti dall'Africa centrale. Con disordini e tensioni (foto a lato) con le forze dell'ordine spagnole che presidiano  territori.  

Thailandia-Malaysia

Negli anni Settanta i due paesi hanno costruito muri e barriere lungo il loro comune confine, ufficialmente per frenare il contrabbando, in realtà anche per motivi di sicurezza rispetto alle attività dei gruppi comunisti della Malaysia e dei gruppi dell’insurrezione in Thailandia. Si trattava di muri di cemento, acciaio e filo spinato o in altri punti barriere di ferro. Nel 2001 i due paesi hanno concordato la costruzione di un unico muro situato in territorio thailandese.  

India-Pakistan

La linea di demarcazione militare che divide India e Pakistan è chiamata ‘’Linea di Controllo’’, si estende per 3300 chilometri e dal 1949 divide la regione del Kashmir in due zone: quella sotto il controllo indiano e quella sotto il controllo pakistano. A partire dal 1990 l’India ha iniziato a costruire dal suo lato una barriera di separazione, completata nel 2004.  

Usa-Messico

Il confine tra i due paesi è lungo 3. 200 km. Il governo americano ha costruito una barriera lungo una parte del percorso per bloccare l’immigrazione dal Messico ed altri paesi dell’America centrale. Le prime barriere sono comparse nel 1991 ma nel 1994 gli Stati Uniti hanno ufficializzato il rafforzamento delle operazioni di sorveglianza ed hanno ampliato il muro nel quadro della Operation Guardian.