Il mondo si divide tra chi riconosce nell’intelligenza artificiale la nuova frontiera del progresso e chi, pensando di poterne fare a meno, la relega a semplice trastullo. Eppure, il legame con l’AI pare essere destinato a diventare sempre più profondo. Non a caso, la corsa alle innovazioni è forsennata. Tra i protagonisti di questo sprint spicca anche l’Italia, con un progetto letteralmente made in Italy dalla A alla Z. Si tratta di Minerva 7B, il primo modello interamente italiano, sviluppato dal gruppo di ricerca Natural Language Processing dell’Università La Sapienza di Roma con l’utilizzo del supercomputer Leonardo di Cineca, nell’ambito del Future Artificial Intelligence Research, finanziato attraverso i fondi PNRR.
Minerva 7B è un modello linguistico all’avanguardia, costruito su una base di 7 miliardi di parametri e addestrato con 500 miliardi di parole in lingua italiana. Per diventare grande, in totale ha “letto” 1,5 trilioni di parole. A differenza di modelli come ChatGPT, non nasce con l’idea di conversare, ma segue un approccio fondazionale, rispondendo con rigore e approfondimento a qualsiasi domanda. Il suo punto di forza è quello di pensare direttamente in italiano, senza traduzioni o adattamenti da altre lingue. Un meccanismo che garantisce una maggiore precisione culturale e la capacità di non risultare fuori contesto. Ciò che distingue Minerva 7B è, dunque, l’ambizione di costruire un sapere radicato nella cultura italiana. Le sue risposte sono figlie di una prospettiva locale, lontane da influenze predominanti di altre matrici valoriali.
Sebbene non possa rappresentare completamente l’identità italiana, Minerva 7B riesce comunque a definire un confine culturale più aderente al nostro sentire, ponendo, tra le altre cose, l’etica e la sicurezza al centro del suo sviluppo e stando alla larga da risposte potenzialmente offensive. E non è certo un caso che il progetto porti il nome di Minerva, dea romana della saggezza, delle molteplici arti e del sapere, che veglia da sempre su studentesse e studenti della facoltà romana. Minerva rappresenta, infatti, la conoscenza in ogni suo aspetto. Un simbolo che ben si presta a incarnare un’intelligenza artificiale nata per rispondere, ma anche per stimolare nuove domande. Tuttavia, affinché l’intelligenza artificiale possa dirsi davvero inclusiva, è fondamentale che venga accompagnata da un grande investimento in formazione e informazione. Serve rendere l’AI accessibile e comprensibile a tutte le persone, indipendentemente dall’età o dal livello di istruzione. Il rischio, altrimenti, è che resti uno strumento esclusivo compreso e utilizzato da pochi, aumentando le disuguaglianze. L’AI deve, al contrario, diventare concretamente patrimonio collettivo, una risorsa condivisa per migliorare le nostre vite, non uno strumento di élite.
Come canta Brunori SAS: “Dividere le cose è gioco della mente, il mondo si divide inutilmente”. Perché l’intelligenza artificiale non diventi l’ennesimo strumento di separazione tra chi la comprende e chi ne resta escluso, è necessario renderla accessibile. Solo così potrà trasformarsi in una risorsa, migliorando le nostre vite senza creare nuove barriere, rendendo il futuro davvero inclusivo. L’auspicio è che Minerva 7B possa essere un bel primo passo in questa direzione.