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Antonella Bellutti, prima donna candidata al Coni in 107 anni: "Mi batto per i diritti dei lavoratori dello sport" #atletaemamma

di VALENTINA BERTUCCIO D'ANGELO -
10 maggio 2021
BelluttiConi-Apertura

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Tutto fermo, tutto da rifare. La riforma del lavoro sportivo di Spadafora slitta al 31 dicembre 2023. "Finalmente avevamo l'occasione per rincorrere la civiltà, per essere al passo coi tempi e invece si continua a negare la dignità a coloro che fanno dello sport il proprio lavoro". È delusa Antonella Bellutti, prima donna candidata al Coni nella sua storia pluricentenaria (si vota il 13 maggio), quando parla dell’ultima novità che riguarda il mondo dello sport: tre giorni fa, nelle pieghe del maxi emendamento del Governo Draghi al decreto Sostegni, la riforma approvata in extremis è stata posticipata. Rinviando ancora la tutela di persone, donne e uomini, che dedicano la vita allo sport e che si ritrovano senza diritti se non quelli concessi in scritture private, a volte persino citate per danni in caso di maternità, come è successo alla pallavolista Lara Lugli (che sarà in tribunale il 18 maggio).  "Non sono solo distante da questo sistema di gestione dello sport. Me ne vergogno", sottolinea Bellutti.

Antonella Bellutti oro nell'individuale a punti alle Olimpiadi di Sydney 2000

Bolzanina, ciclista su pista due volte campionessa olimpica, ad Atlanta nel 1996 e a Sidney nel 2000, ma con un passato anche nell’atletica e nel bob, nella sua sfida a Giovanni Malagò, Franco Chimenti e Renato Di Rocco, ha fatto della battaglia per i diritti dei lavoratori sportivi il centro della sua candidatura.

Però purtroppo parliamo del niente… "Purtroppo sì. La riforma andava a disciplinare il professionismo e metteva fine alla discriminazione delle donne, che sono dilettanti pure in quelle discipline, come il calcio, che per gli uomini prevedono il professionismo. È un problema di tutele per tutte quelle persone che hanno una disciplina sportiva come attività (di lavoro) esclusiva. Penso per esempio alle atlete donne, che si ritrovano vincolate da contratti che addirittura scoraggiano la maternità, come nel caso di Lara Lugli. Clausole che hanno conseguenze pesanti sulla vita privata".

C'è un'enorme fetta di lavoratori che vive nel falso dilettantismo. "Ed è una vergogna. Lo sport, con tutto il suo enorme potenziale valoriale, sociale, culturale, educativo, è e rimane l'unico ambito in cui l'interesse del datore di lavoro, e la sua capacità di sostenerne i costi, prevalgono sui diritti e le tutele dei lavoratori e delle lavoratrici".

È molto facile obiettare che le società sportive non hanno i mezzi per "pagare più diritti". Perché disciplinare il lavoro sportivo con contratti di lavoro vuol dire, per le società, metterci più soldi. Cosa risponde a questo? "Che bisogna partire dalla natura della prestazione per qualificare un lavoratore. Non è che se entra in vigore la riforma, tutti quelli che fanno sport sono professionisti. Nella stessa società possono coesistere professionisti e atleti che stanno iniziando e che nella vita, per esempio, studiano. Certamente le società devono pagare di più, ma è anche vero che si può lavorare sui compensi: sono certa che gli atleti accetterebbero compensi più bassi in cambio di più diritti, di una certa sicurezza a fine carriera".

L'Italia ha trovato una "soluzione" con i corpi sportivi militari. "La loro esistenza è solo la conferma di questo problema: lo Stato spende 34 milioni all’anno per garantire stabilità agli sportivi d'eccellenza. Bisogna sviluppare altri tipi di modelli virtuosi, tipo i centri universitari sportivi, dove l’atleta possa anche studiare e quindi crearsi una carriera dopo quella sportiva".

Lei è la prima donna candidata al Coni in 107 anni di storia. Com'è nata la candidatura e come è stata recepita la sua discesa in campo? "La candidatura è nata perché c'era un gruppo di persone convinte che ci volesse un cambiamento in questo sistema, che ci volesse una candidatura femminile e che hanno pensato a me, grazie al mio attivismo di lungo corso. Già cinque anni fa se ne parlò, ma non ero pronta. Ora sì, c'è stata subito una bella risposta mediatica. All’inizio è stata percepita come una candidatura di testimonianza, a volerla dire in modo elegante. O di folkore, a voler essere più crudi. Ma col tempo lo stupore ha lasciato spazio a un dibattito sullo sport che non c’era mai stato. Costringe tutti a trattare temi che finora erano inascoltati”.

Antonella Bellutti sul campo di atletica degli Assi Giglio Rosso di Firenze (foto Germogli)

Questo sarà valido a prescindere dall’esito del voto?

“Di certo siamo riusciti a creare un movimento di persone che non si riconosce nel modo di gestire lo sport. Spero che si possano portare queste voci fuori dal coro nella dirigenza. Vediamo… Anche la politica è importante, anche se a volte le si chiede di restarne fuori, come è successo per la riforma Spadafora, fortemente osteggiata da tre federazione, Calcio, Basket e Pallavolo. A volte invece le si chiede di intervenire”.

In che modo la sua candidatura porta innovazione nello sport?

“Lo sport è un fenomeno complesso, con molte sfaccettature. E ha bisogno di una visione globale, come sanno bene o manager che gestiscono realtà complesse. L’innovazione sta nel saper creare connessioni tra i vari aspetti, nel sapere introdurre il lavoro specifico nel quadro globale. Più concretamente, è vero che il Coni deve interessarsi dello sport ad alto livello, ma non è che gli atleti di alto livello vengono dallo spazio! Ci sono società sul territorio, ci sono bambini che incontrano il proprio talento e quando questo succede, in Italia, è un miracolo. Solo nel momento in cui associazionismo e scuole saranno al centro del sistemo sportivo e lo sport sarà un diritto di cittadinanza, avremo tanti talenti che potranno riempire le caselline del medagliere".