Si fa presto a dire green. E si fa presto anche a dire riciclaggio. Il problema è che dietro l’apparenza delle parole spesso la realtà risulta assai meno rosea di quanto ci viene raccontato. Mentre i leader di mezzo mondo si infervorano parlando di sostenibilità e decarbonizzazione, per combattere - viene detto - l’inquinamento e il cambiamento climatico, il primo Global Plastics Outlook dell'Ocse dimostra infatti come l'aumento della popolazione e dei redditi stia determinando una crescita inarrestabile della quantità di plastica utilizzata e gettata via. Allo stesso tempo le politiche per raccoglierla e rigenerarla come materia seconda, per evitare di disperderla nell’ambiente, stanno miseramente fallendo.
Da una parte infatti il mondo sta producendo il doppio dei rifiuti di plastica rispetto a due decenni fa, dall’altra, in mancanza di alternative praticabili o praticate, la maggior parte dei detriti di plastica più grandi (le macroplastiche), di quelli più piccoli (le microplastiche, ovvero polimeri sintetici di diametro inferiore a 5 mm), del pellet di plastica industriale, dei tessuti sintetici, della segnaletica orizzontale e dei residui prodotti dall’usura degli pneumatici, finiscono o in discarica, o negli inceneritori, o, più semplicemente, vengono rilasciati direttamente nell'ambiente. Alla fine, si calcola che appena il 9% del totale venga riciclato con successo.
Purtroppo, da questo punto di vista, nemmeno la pandemia ha portato un cambiamento positivo. Infatti, se nel 2020, a causa del rallentamento dell'attività economica, la crisi generata dal Covid-19 ha portato ad una diminuzione del 2,2% dell'uso della plastica, dall’altro nello stesso periodo si è registrato un aumento dei rifiuti prodotti, dagli imballaggi alimentari da asporto alle attrezzature mediche in plastica come le mascherine. Poi, con la ripresa dell'attività economica nel 2021, anche il consumo di plastica è cresciuto di nuovo ai livelli prepandemici.
Quali sono i Paesi che producono più di rifiuti di plastica?
Ovviamente non tutti i Paesi sono colpevoli alla stessa maniera. Secondo il report, infatti, quasi la metà di tutti i rifiuti di plastica è generata nei Paesi dell'Ocse. Si va dai 221 kg negli Stati Uniti ai 14 kg nei Paesi europei, fino ai 69 kg, in media, per Giappone e Corea. Più nello specifico, i Paesi dell'Ocse sono dietro il 14% delle perdite complessive di plastica. All'interno di questo, i paesi dell'Ocse rappresentano l'11% delle perdite di macroplastiche e il 35% delle perdite di microplastiche.
Inquinamento ambientale, come fare per invertire la tendenza
Come fare per invertire la tendenza? Per l’Ocse servono “azioni e cooperazione internazionale per ridurre la produzione di plastica, anche attraverso l'innovazione” ma anche “una migliore progettazione dei prodotti e lo sviluppo di alternative rispettose dell'ambiente, nonché sforzi per migliorare la gestione dei rifiuti”, compreso un “maggiore utilizzo di strumenti quali i regimi di responsabilità estesa del produttore per imballaggi e beni durevoli, le tasse sulle discariche, i sistemi di rimborso dei depositi e la tariffa puntuale”.
Secondo il report soprattutto occorre fare di più per creare un mercato separato e ben funzionante per la plastica riciclata, che è ancora vista come sostituta della plastica vergine. La maggior parte delle materie plastiche in uso oggi sono infatti plastiche vergini, o primarie, realizzate con petrolio greggio o gas mentre la produzione globale di plastica da plastica riciclata, o secondaria, sebbene sia più che quadruplicata, passando da 6,8 milioni di tonnellate (Mt) nel 2000 a 29,1 Mt nel 2019, rappresenta ancora solo il 6% della dimensione della produzione totale di plastica.