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Lupita Nyong’o è la prima donna nera presidente di giuria al festival del cinema di Berlino

L'attrice premio Oscar nel 2014 per la sua interpretazione in "12 anni schiavo". Chi è Lupita Nyong’o tra cinema, teatro, impegno sociale e #MeToo

di GIOVANNI BOGANI -
13 dicembre 2023
76th Annual Tony Awards

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Sarà la prima donna nera presidente di giuria al festival di Berlino. Lupita Nyong’o, l’attrice kenyota di “12 anni schiavo” e di “Black Panther” guiderà la giuria internazionale che assegnerà l’Orso d’oro alla Berlinale, che avrà luogo dal 15 al 25 febbraio 2024.

Nel 2002 c’era stata, a guidare la giuria della Berlinale, l’indiana americana Mira Nair, la regista di “Saalam Bombay”. Nella lunga storia del festival di Berlino ci sono, poi, presidenti di giuria tedeschi, finlandesi, svizzeri, anche cinesi come la diva Gong Li, l’italiana Gina Lollobrigida e l’italoamericana Isabella Rossellini, persino lo scrittore Ignazio Silone. Ma è la prima volta che un’attrice di origini africane presiede la giuria del festival.

“Lupita Nyong’o incarna ciò che noi amiamo, nel cinema: la versatilità nell’abbracciare progetti diversi, e insieme la coerenza ad un’idea di sé che possiamo ritrovare attraverso tutti i suoi personaggi, per diversi che possano apparire”, hanno detto i condirettori della Berlinale, Mariëtte Rissenbeek e Carlo Chatrian.

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L'attrice Lupita Nyong'o all'Academy Museum of Motion Pictures a Los Angeles (Photo by Michael TRAN / AFP)

Chi è Lupita Nyong’o

Figlia di genitori kenyoti, Lupita Nyong’o è nata nel 1983 a Città del Messico, con i genitori intellettuali – il padre docente universitario e uomo politico – in fuga dal Kenya turbolento degli anni ’80. È tornata in Kenya da bambina e poi ha studiato in Messico e negli Stati Uniti, laureandosi in cinema all’Hampshire College nel Massachusets.

Nel 2009, ad appena 26 anni, ha prodotto, scritto e diretto il suo primo film, “In My Genes”, girato in Kenya. E non è un film banale: è un documentario sulle discriminazioni di cui è vittima, in Africa, la popolazione albina. Il film viene presentato in numerosi festival cinematografici, la ragazza si fa conoscere. Poi il grande trionfo internazionale con “12 anni schiavo”, che la ha portata a vincere l’Oscar come migliore attrice non protagonista nel 2014.

Nel film, alcune scene la vedono vittima di violenze inaudite: lei è la schiava Patsey, in una storia che scuote il pubblico di tutto il mondo. L’Oscar che vince è il secondo della storia assegnato ad un’attrice africana, il primo vinto da un’attrice nera – l’altro era andato alla biondissima sudafricana – di origini olandesi – Charlize Theron. Nello stesso anno, la rivista “People” la nominava “la donna più bella del mondo”.

Donna più bella del mondo, vincitrice di un Oscar... c’è da perdere la testa. Ma Lupita – che diventa anche testimonial di Lancôme – non la perde e la usa per progetti molto mirati. Come “Eclipsed”, la prima pièce di teatro a debuttare a Broadway con tutte attrici donne nere nel cast. Usa la sua popolarità anche per alzare la propria voce: è fra le prime a parlare degli abusi subiti da Harvey Weinstein, il produttore travolto dal #MeToo e condannato per molestie e stupri. Scrive sul “New Yor Times” di esserne stata vittima quando ancora studiava a Yale. Da allora ha rinunciato a girare film prodotti da Weinstein.

La carriera oltre il cinema

Oltre alla sua carriera cinematografica – che comprende l’horror “Noi”, il personaggio di Nakia nel franchise Marvel “Black Panther” e tre episodi di “Star Wars”: “Il risveglio della forza”, “Gli ultimi Jedi” e “L’ascesa di Skywalker” – Nyong’o è molto attiva in teatro, e ha anche scritto un libro per ragazzi, “Sulwe”, nel quale racconta di una bambina bellissima che ha la pelle più scura di tutta la famiglia: dapprima ne soffre, poi scopre quanto questo sia una ricchezza. Il libro nel 2020 finisce in cima alle classifiche di vendita.

Al momento sta lavorando a un podcast di testimonianze dalla diaspora africana, ed è produttrice esecutiva del film sudanese “Goodbye Julia” di Mohamed Kordofani, candidato per il Sudan all’Oscar per miglior film internazionale. Il film racconta l’amicizia fra due donne di differenti comunità, nel nord e nel sud del Sudan. Come sappiamo, il paese è oggi investito da un vasto conflitto: il film è ambientato durante gli ultimi anni del Sudan come paese unico.