Azzurra Rinaldi all'Oxfam Festival: “Le donne comincino a parlare di soldi!”

La direttrice della School of Gender Economics ospite della seconda edizione della manifestazione che riaccende il dibattito sui temi della disuguaglianza in corso a Firenze: “In Italia una donna su due non lavora"

di CATERINA CECCUTI -
12 maggio 2023
Azzurra Rianldi

Azzurra Rianldi

Ospite oggi nella seconda edizione della manifestazione dedicata al tema Creiamo un futuro di uguaglianza, la direttrice della School of Gender Economics spiega a Luce! l’importanza dell’abbattere le barriere culturali che impediscono alle donne di parlare di soldi, in quanto cosa ritenuta poco elegante: “In Italia una donna su due non lavora, dunque non solo non parla di soldi, ma non è neanche in grado di produrne personalmente”.

Azzurra Rinaldi all'Oxfam festival

Se è vero che il mondo, tanto da un punto di vista culturale quanto economico, sembra muoversi rapidamente verso la parità di genere, è pur vero che non può esserci uguaglianza laddove esistano ancora tabù culturali che mantengono ben separato l’emisfero femminile da quello maschile. Per esempio, come sottolinea Azzurra Rinaldi – direttrice della School of Gender Economics e docente di Economia politica all’Università degli Studi di Roma –, le donne tutt’oggi non parlano di soldi, perché considerata una cosa poco elegante e, soprattutto, poco “femminile”. “Invece non è assolutamente così - puntualizza Rinaldi, ospite questa mattina alla seconda edizione dell’Oxfam Festival di Firenze -. Se una donna parla di soldi, nella convinzione comune risulta ambiziosa, materiale, venale. Ma se realmente si vuole aprire l’orizzonte (anche economico) del nostro Paese alla parità di genere, bisogna assolutamente scardinare questo tabù, perché la discriminazione di genere non conviene a nessuno, neanche al portafoglio”. Benché sia una docente di Economia, nel suo ultimo libro Le signore non parlano di soldi (Fabbri Editore) la Professoressa Rinaldi utilizza un linguaggio che lei stessa definisce “pop”, estremamente accessibile e leggero a qualsiasi fascia di pubblico sia interessata a comprendere meglio l’argomento.
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Ospite oggi nella seconda edizione della manifestazione dedicata al tema Creiamo un futuro di uguaglianza, la direttrice della School of Gender Economics

Professoressa, perché questo titolo? “I motivi sono principalmente due. In primo luogo volevo fosse chiaro che non si tratta di un manuale di economia, né di un libro tecnico destinato esclusivamente agli addetti ai lavori. Lo stile di scrittura è volutamente pop, adatto a tutti. In secondo luogo ho inteso sottolineare il fatto che le signore devono iniziare a parlare di soldi, nonostante i canoni culturali di inadeguatezza. La verità è che impedire alle donne di parlare di denaro è un modo per tenerle lontane dal potere, dall’indipendenza personale, perché i soldi significano anche queste cose. Vi racconto un aneddoto divertente: sono una professionista molto attiva sui social e quando nei miei post ho dato annuncio del titolo del libro ho ricevuto molti commenti maschili che sottolineavano quanto in effetti fosse brutto sentire le signore parlare di soldi... insomma proprio non avevano capito il senso della cosa!” Come ha reagito allora? “Inizialmente avevo pensato di non rispondere neanche, ma poi la docente che è in me ha preso il sopravvento e con un accurato “spiegone” ho fatto notare che, per colpa di un tabù culturale, le donne non sono abituate a fare cose come negoziare sul lavoro o addirittura ad avere un conto corrente proprio, eccetera. Da una ricerca condotta da Episteme emerge che il 37% delle donne italiane non ha un conto nominativo, ma al massimo un conto cointestato con il marito. In effetti, poiché nel nostro Paese lavora solo una donna su due, si capisce bene che il problema stia a monte: non solo le signore sono lontane dai soldi, ma anche dalla loro produzione, e sono perciò ridotte allo stato infantile in cui si deve chiedere al marito -piuttosto che ai genitori- il denaro per fare la spesa”. La dipendenza economica può generare anche pericolose dipendenze di altro tipo, giusto? “Purtroppo sì. Statisticamente vediamo che uno dei primi segnali cui si deve prestare attenzione nelle relazioni tossiche è quando il partner potenzialmente violento tenta di allontanare la donna dal denaro e dal lavoro. La violenza economica è una spirale da cui è assai difficile uscire, perché porta una donna a pensare cose del tipo: “Io non ho soldi, non ho accesso al conto, ma allora dove posso andare?”
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Le donne sono ancora svantaggiate nel mercato del lavoro e quando riescono ad essere assunte generalmente guadagnano circa il 20% in meno dei colleghi maschi

Professoressa, nel suo libro lei parla anche di sorellanza tra donne e di varie possibilità per uscire da questa impasse... “Sì, e mi sentirei di porre la via di uscita su tre piani. Il primo sarà sicuramente quello istituzionale, in termini di politica economica, nel quale fino ad ora non è stata compresa l’importanza della situazione: le donne che non lavorano non rappresentano una questione meramente femminile, ma dell’intero sistema economico. La disuguaglianza di genere ha effetti sulla produzione di reddito: se il 50 % della popolazione non lavora, allora non produce reddito. Invece le donne rappresentano un capitale umano di altissimo livello, hanno voti più alti, si laureano prima ecc. Nonostante questo la maggior parte della forza lavoro femminile non ha le condizioni per lavorare. La differenza di genere costa, questo è un punto che deve essere ben chiaro a tutti. Tenere le donne a casa costa. Proprio in questi giorni si sente tanto parlare di natalità, del fatto che nel nostro Pese non nascano più bambini. La mia risposta è che bisogna fare in modo che le donne lavorino, altrimenti come fa una famiglia ad avere le condizioni economiche per mettere al mondo più di un figlio? I Paesi con la più alta natalità, non a caso, sono proprio quelli in cui le donne lavorano”. Le aziende italiane cominciano a capirla questa cosa? “Sì, tante aziende hanno iniziato a capirla e si stanno aprendo, abbandonando l’assetto spietato da “lupo di Wallstreet” - che alimenta una gestione aziendale patriarcale e testosteronica, peraltro inutile a tutti quanti- e adottando una cultura più gentile, inclusiva. Alcune lo fanno per convenienza, altre perché ci credono realmente, ma questo poco importa. Posso toccare con mano questo cambiamento perché un anno e mezzo fa ho creato una società, la Equonomics, che offre consulenza alle aziende per migliorare la parità dei diritti di genere. Già in precedenza svolgevo questo lavoro da sola, ma grazie alla società sono riuscita a mettere su una squadra e in meno di un anno avviare un circolo virtuoso che mi ha permesso anche di assumere una giovane donna a tempo indeterminato”. Dunque le cose nel nostro Paese devono cambiare dal punto di vista istituzionale ed aziendale. E qual è il terzo piano di azione di cui parlava per raggiungere finalmente un più effettiva parità di genere? “Sicuramente il livello personale: abbiamo bisogno che gli uomini siano nostri alleati, che si oppongano a battute sessiste ed a qualsiasi forma di discriminazione. Tra donne non dobbiamo avere paura di usare la sorellanza, che rappresenta una forza molto potente. Inoltre dobbiamo portare il denaro nella narrazione quotidiana, imparare a parlarne anche con le amiche, invece di limitarci a discutere di moda, di libri o di politica. Parlare di soldi ci serve per riconoscerli come un aspetto della nostra vita, di cui non dobbiamo vergognarci, ma che anzi dobbiamo potenziare se vogliamo essere davvero libere”.
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“Oxfam Festival”: a Firenze due giorni di incontri, dibattiti e musica per un futuro di uguaglianza: il 12 e 13 maggio

Al centro del dibattito di oggi all’Oxfam Festival, cui prenderà parte anche la Professoressa Rinaldi, sarà il tema della policrisi che stiamo attraversando, di come accentui e rischi di acuire ulteriormente i divari che attanagliano la nostra società, ponendo dei profondi interrogativi su come ripensare il sistema economico e i modelli di business. Un focus particolare sarà su come sia possibile promuovere politiche pubbliche e imprenditoriali capaci di coniugare crescita e sostenibilità, redditività e solidarietà. A discuterne insieme a Rinaldi saranno Roberto Barbieri, direttore Generale di Oxfam Italia, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, Ugo Biggeri, rappresentante regionale per l’Europa della Global alliance for banking on values e Giuseppe Morici, vice presidente di Feltrinelli, moderati da Cristina Privitera, caporedattrice centrale de La Nazione..