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Home » Attualità » Censura, dalla Fabbrica di cioccolato a Pinocchio: quale sarà il futuro dei libri?

Censura, dalla Fabbrica di cioccolato a Pinocchio: quale sarà il futuro dei libri?

La rimozione delle parole "brutto" e "grasso" dai romanzi di Dahl inalbera le case editrici: "Essenziale lo spirito critico per educare i bambini"

Ilaria Vallerini
15 Marzo 2023
Pinocchio e i rischi della censura per i libri della tradizione

Pinocchio e i rischi della censura per i libri della tradizione

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“Grasso”, “Brutto”. Sono solo alcune delle parole “scomode” che sembrano far paura a una parte di editori contemporanei. Tanto da provvedere alla loro censura nei libri di Roald Dahl, tra cui la Fabbrica di cioccolato, per far risultare i romanzi dello scrittore accettabili per tutti. Decisione presa dalla casa editrice Roald Dahl Story Company che ne detiene i diritti d’autore. Iniziativa che non è passata inosservata. Anzi. Tanto da far drizzar le orecchie a tante altre case editrici che invece lottano per preservare intatta la bellezza dei capolavori nostrani. Da Pinocchio a Buchettino, classici della letteratura toscana che ora potrebbero davvero essere a rischio censura. Ne abbiamo parlato con l’editrice Sara Ferraioli della casa editrice pisana Mds.

Ferraioli, è una pratica preoccupante?

“Fa sempre un po’ specie la nostra tendenza contemporanea a drammatizzare ogni cosa e al tempo stesso avere poca memoria degli avvenimenti passati. La pratica della cancellazione di termini sgraditi non è affatto nuova: sia nelle Polis greche che nella Roma imperiale erano praticati i roghi dei libri. Nel Medioevo gli amanuensi omettevano le parole o le censuravano perché detentori del potere culturale. Nel caso in oggetto, la riscrittura dei romanzi di Roald Dahl su alcune parole come cicciona, grassona e brutta non tiene conto del contesto che dà senso alle espressioni utilizzate e si applica per non guastare la sensibilità e per educare i più piccoli censurando contenuti (ovvero parole) ritenuti “inadeguati”. E’ chiaro che i libri riscritti cessano di essere quello per cui li conosciamo e amiamo“.

L’editrice di Mds, Sara Ferraioli

Qual è il rischio per i libri della nostra tradizione? 

“Pinocchio trasformato in un asino potrebbe urtare la sensibilità degli animalisti, come gli orchi che mangiano i bambini. Allo stesso modo i toni forti di Buchettino (favola toscana) potrebbero urtare la sensibilità di qualcuno, e via di questo passo. La questione a me pare molto semplice. Ciò che rende accettabili termini che ora appaiono sgradevoli è la funzione significativa che avevano nell’economia del contesto in cui sono stati impiegati, se togliamo anche un solo termine cade tutta la struttura relativa al significato”.

Quindi?

“Viene tradita l’intenzione dell’autore. Diventa pertanto una forma di censura che si può esprimere anche come autocensura o censura preventiva. Per accontentare il pensiero dominante, o per andare incontro ai gusti del pubblico, non scriverò ciò che mi suggerisce la mia intenzione e nel modo suggerito dal mio essere artista, ma in un modo uniformato e piatto e questo può portare perdita della libertà di espressione; ma siamo sicuri che questo non accada già anche senza le cancellazioni?”.

Come venirne a capo? 

“Il nostro è un no secco alla censura. Contestualizzare il testo con delle note a margine invece potrebbe essere una buona alternativa, altrimenti aggiungere una segnalazione come incipit del libro. Del resto tutte le storie dai tempi antichi vedono il confluire delle paure per preparare i bambini ad affrontarle anche attraverso termini violenti o figure che oggi potrebbero essere considerate “scomode”. Edulcorando ciò che si legge si rischia di formare una generazione politicamente corretta ma priva di spessore e senso critico. Le parole hanno una valenza educativa e cancellarle non significa formare una generazione più inclusiva”.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
"Grasso", "Brutto". Sono solo alcune delle parole "scomode" che sembrano far paura a una parte di editori contemporanei. Tanto da provvedere alla loro censura nei libri di Roald Dahl, tra cui la Fabbrica di cioccolato, per far risultare i romanzi dello scrittore accettabili per tutti. Decisione presa dalla casa editrice Roald Dahl Story Company che ne detiene i diritti d'autore. Iniziativa che non è passata inosservata. Anzi. Tanto da far drizzar le orecchie a tante altre case editrici che invece lottano per preservare intatta la bellezza dei capolavori nostrani. Da Pinocchio a Buchettino, classici della letteratura toscana che ora potrebbero davvero essere a rischio censura. Ne abbiamo parlato con l'editrice Sara Ferraioli della casa editrice pisana Mds. Ferraioli, è una pratica preoccupante? "Fa sempre un po' specie la nostra tendenza contemporanea a drammatizzare ogni cosa e al tempo stesso avere poca memoria degli avvenimenti passati. La pratica della cancellazione di termini sgraditi non è affatto nuova: sia nelle Polis greche che nella Roma imperiale erano praticati i roghi dei libri. Nel Medioevo gli amanuensi omettevano le parole o le censuravano perché detentori del potere culturale. Nel caso in oggetto, la riscrittura dei romanzi di Roald Dahl su alcune parole come cicciona, grassona e brutta non tiene conto del contesto che dà senso alle espressioni utilizzate e si applica per non guastare la sensibilità e per educare i più piccoli censurando contenuti (ovvero parole) ritenuti "inadeguati". E' chiaro che i libri riscritti cessano di essere quello per cui li conosciamo e amiamo".
L'editrice di Mds, Sara Ferraioli
Qual è il rischio per i libri della nostra tradizione?  "Pinocchio trasformato in un asino potrebbe urtare la sensibilità degli animalisti, come gli orchi che mangiano i bambini. Allo stesso modo i toni forti di Buchettino (favola toscana) potrebbero urtare la sensibilità di qualcuno, e via di questo passo. La questione a me pare molto semplice. Ciò che rende accettabili termini che ora appaiono sgradevoli è la funzione significativa che avevano nell'economia del contesto in cui sono stati impiegati, se togliamo anche un solo termine cade tutta la struttura relativa al significato". Quindi? "Viene tradita l'intenzione dell'autore. Diventa pertanto una forma di censura che si può esprimere anche come autocensura o censura preventiva. Per accontentare il pensiero dominante, o per andare incontro ai gusti del pubblico, non scriverò ciò che mi suggerisce la mia intenzione e nel modo suggerito dal mio essere artista, ma in un modo uniformato e piatto e questo può portare perdita della libertà di espressione; ma siamo sicuri che questo non accada già anche senza le cancellazioni?". Come venirne a capo?  "Il nostro è un no secco alla censura. Contestualizzare il testo con delle note a margine invece potrebbe essere una buona alternativa, altrimenti aggiungere una segnalazione come incipit del libro. Del resto tutte le storie dai tempi antichi vedono il confluire delle paure per preparare i bambini ad affrontarle anche attraverso termini violenti o figure che oggi potrebbero essere considerate "scomode". Edulcorando ciò che si legge si rischia di formare una generazione politicamente corretta ma priva di spessore e senso critico. Le parole hanno una valenza educativa e cancellarle non significa formare una generazione più inclusiva".
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