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"Chiamatemi assessora, le parole contano": la battaglia sulla targa della neoeletta Romani

di SOFIA FRANCIONI -
3 dicembre 2021
Romani

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Siamo molto contenti di segnalarvi che l'assessora di 25 anni ai Servizi Civici di Milano, Gaia Romani, da neoletta ha dato vita nel suo ufficio a una battaglia linguistica, scegliendo di declinare il potere al femminile ed entrando così nel pieno del dibattito contemporaneo sulla lingua. L'assesora, una volta insediatasi a Palazzo Marino dal suo ufficio ha infatti tolto la targa con scritto "assesore" sostituendola con "assessora" e postando poi il perché su Facebook: "Il cambiamento parte dalle piccole azioni", ha scritto. Un gesto che non sorprende se si guarda al curriculum dell'assessora, che già durante la campagna elettorale nel Pd aveva messo nero su bianco di candidarsi anche "per una Milano più inclusiva e accogliente, per una Milano dei diritti e delle giovani generazioni, delle donne che alzano la propria voce, che lottano ogni giorno per essere semplicemente se stesse". Un impegno stretto con i cittadini che l'assessora Romani oggi  esprime sostituendo una targa per declinare al femminile la parola che nomina il suo ruolo.

Sindaca o sindaco? Assessora o assessora? Il dibattito del comitato scientifico di Luce! per un linguaggio ripulito dagli stereotipi

Consapevole di farlo, l'assessora Romani con questo gesto legittimo tocca e si posiziona all'interno del dibattito linguistico sulla declinazione o no del potere al femminile, tra i più vivi al momento insieme a quello legato a un linguaggio oltre il binario o no binary o ancora gender neutral. Anche Luce! nel suo primo anno di vita ha dedicato all'argomento il 22 settembre un tavolo sul Linguaggio di genere e gli stereotipi, pensando alle parole come alleate per diminuire il divario che ancora esiste fra i Sessi. "Per una donna decidere di farsi chiamare direttrice invece che direttore è una scelta rispetto alla quale serve coraggio: il coraggio di esporsi per annunciare il fatto che le persone devono guardare al suo sguardo differente, da donna", aveva dichiarato la filosofa morale Laura Boella. Mentre la direttrice di Luce! e La Nazione Agnese Pini aggiunge: "Nel 2021 soltanto come le donne scelgono di farsi chiamare è tema di dibattito rispetto al quale serve coraggio, perché quelle donne che decidono di declinare il potere al femminile si espongono ancora a critiche". Mentre la presidente di Diversity Italia Francesca Vecchioni non lascia alternative: "Il femminile ha ancora bisogno di emergere, perché ciò che non si nomina, non esiste: quindi chiamiamo le professioniste con il loro nome, al femminile. La cacofonia poi passa ed è assolutamente secondaria rispetto all’atto politico del gesto".

L'assessora Romani: "Voglio evidenziare la valenza culturale di un gesto tanto semplice come una parola"

Tante le reazioni al gesto dell'assessora, tra cui il "brava" della deputata Laura Boldrini. Commenti per lo più di sostegno anche se tra gli utenti le posizioni sono state disparate, ma principalmente moderate: "Mi aspettavo critiche, ma devo dire che sono molto più sorpresa dal sostegno che sto ricevendo. La battaglia linguistica non viene mai colta come una priorità, io invece credo sia il punto di partenza per un reale processo di inclusione", ha dichiarato dopo la sua scelta a Fanpage.it. "Quello che mi sta a cuore è evidenziare la valenza culturale di un gesto tanto semplice. Se ci pensiamo, in Italia, si fa molto meno resistenza a dire maestra o infermiera, proprio perché si tratta di professioni storicamente ricoperte da donne, mentre quando dobbiamo declinare al femminile incarichi appannaggio degli uomini questo diventa più difficile". A quelli che la vivono come una battaglia secondaria e "fanno benaltrismo o pensano che non siano quisquilie", l'assessora risponde: "andrò avanti con ancora più convinzione. Perché la strada è quella giusta e sono contenta di non essere sola".