A fuoco le immagini di Giorgia Meloni, Matteo Salvini ed Enrico Letta nelle piazze bolognesi durante il corteo organizzato venerdì 1° marzo da oltre 300 tra studenti e studentesse. Dopo il fantoccio con le sembianze della premier appeso a testa in giù sotto le Due Torri durante la protesta di novembre 2022, Bologna torna a essere l’epicentro della contestazione nei confronti di un governo definito “fascista”.
Nel mirino dei manifestanti anche il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, considerato responsabile del “genocidio” in Palestina. Dopo l’ultima strage di civili sulla striscia di Gaza, i manifestanti hanno urlato a gran voce il “cessate il fuoco”. Durante la manifestazione, il clima si è surriscaldato davanti alle porte di Palazzo Caprara, sede della Prefettura bolognese, dove gli studenti hanno lanciato delle uova ripiene di vernice rossa contro il capo della Digos felsinea, Antonio Marotta, che ha intimato ai manifestanti di "non commettere reati”.
Il corteo ha sfilato per più di due ore nel centro della città al grido di ‘Palestina libera’. “È la risposta degli studenti bolognesi alla repressione. Destra e sinistra stesso manganello”: è la frase presente sullo striscione che ha guidato la manifestazione. Gli studenti hanno espresso la loro solidarietà nei confronti dei ragazzi che la settimana scorsa a Pisa, durante la protesta per il cessate il fuoco a Gaza, sono stati presi a manganellate dalle forze dell’ordine mentre tentavano di raggiungere piazza dei Cavalieri.
Immagini che hanno suscitano forte indignazione tra l’opinione pubblica, a cui sono seguite anche le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha sottolineato come “l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura con i manganelli”. E intanto a Bologna il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, è stato preso di mira dai manifestanti: “Un’ennesima riforma – le parole urlate al microfono – che vuole trasformare la scuola in un posto in cui le imprese possono fare il bello e il cattivo tempo, in cui le imprese impongono i programmi didattici. Un ministro che a fine gennaio ha detto che non si può parlare di Palestina e di genocidio nelle scuole: così si porta avanti la censura”.
Poco prima di sciogliersi, il corteo si è fermato davanti all’Ufficio scolastico in via de’ Castagnoli, dove sono state incendiate le foto della premier, Salvini e anche quella di Enrico Letta in un’immagine che lo ritrae insieme a Netanyahu. I manifestanti hanno anche lasciato una scritta sul muro dell’istituto ‘contro la scuola gabbia, Palestina libera’, a cui successivamente qualcuno ha aggiunto ‘from Hamas’.
La protesta è continuata poi di fronte alla sede del rettorato in via Zamboni, dove il collettivo Cambiare Rotta ha issato uno striscione contro “la censura di guerra e repressione”, riferendosi sia alle polemiche delle scorse settimane in merito all’incontro con l’attivista palestinese Omar Barghouti, sia alla scelta dell’Alma Mater di non interrompere i rapporti istituzionali con Israele nonostante il conflitto in corso. Al corteo era presente anche l’ex leader delle Sardine e attuale consigliere comunale del Pd, Mattia Santori, a cui i manifestanti hanno chiesto di allontanarsi perché "la parte giusta della storia non è il Partito Democratico, non è il Movimento 5 Stelle, non è Fratelli d’Italia, ma la Palestina libera”.
Le immagini bruciate della presidente Meloni hanno scatenato fin da subito forti reazioni tra le fila di Fratelli d’Italia con il viceministro ai Trasporti, Galeazzo Bignami, che ha condannato duramente il gesto: “Ancora una volta a Bologna – le sue parole – si registra un grave episodio di intolleranza da parte di gruppi di estrema sinistra, i quali, nell’ennesima manifestazione caratterizzata da aggressività e violenza, hanno dato alle fiamme la foto di Giorgia Meloni insieme a quella di altri esponenti politici. Un clima di odio alimentato da chi continua a considerare l’avversario politico come un nemico – conclude – con la compiacenza di alcune forze che continuano a essere ambigue rispetto alla condanna di questi episodi che deve essere, e ancora una volta auspichiamo lo sia”.
Peccato che, guardando l’altra faccia della medaglia, una condanna manchi anche alle cariche della polizia e alle manganellate di una settimana fa: quella della premier, che si è ben guardata dall’esprimersi a difesa di un diritto costituzionale che è stato platealmente violato.