Cosa pensano i giovani dei politici: "Non ci sentiamo considerati, nessuno ci dà voce".

Quello tra i giovani e la politica è un rapporto conflittuale, le nuove generazioni non si sentono rappresentate dai partiti e si sentono ignorate da chi ha potere decisionale. Risultato: disinteresse e astensionismo. L'unica speranza è in un ricambio generazionale

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI -
3 ottobre 2023
Alzi la mano a chi è capitato almeno una volta nella vita di imbattersi nel classico e caustico “nella politica non ci credo, tanto sono tutti uguali”. Un’espressione tanto inflazionata quanto difficile da afferrare nella sua vera essenza. Prendiamo il caso delle nuove generazioni: dalla politica sono delusi, degli eterni conflitti ideologici sono stufi, dalle battaglie per le spartizioni di piccoli o grandi poteri si sentono totalmente estranei.

Il sondaggio: i giovani non si fidano di chi scende in politica

Eppure, della cosa pubblica se ne occupano e si sentono direttamente chiamati in causa quando si parla di futuro. Dai risultati del sondaggio “Il rapporto tra giovani e politica” realizzato dall’Istituto di ricerca Mg Research in esclusiva per L’Espresso su un campione di 500 ragazzi tra i 16 e i 26 anni intervistati con tecnica Cawi, è emerso che a crescere è la sfiducia nel meccanismo elettivo. In buona sostanza, non si fidano di chi si candida e, per logica conseguenza, della politica. Uno scricchiolamento del meccanismo democratico che fa percepire a più della metà degli under 26 le istituzioni lontane dai bisogni reali. I partiti nella loro forma tradizionale non sono più attrattivi.

I partiti non piacciono più

Al contrario, pare riescano benissimo nell’intento di respingere intere generazioni, tanto che il 60% degli intervistati ha dichiarato di non sentirsi rappresentato da quelli presenti in Parlamento. Un disincanto e va a sbattere con una ancora pressoché integra stima nei confronti di azioni dal basso, manifestazioni, dibattiti, approfondimenti, incontri, confronti.
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Il 60% dei giovani ha dichiarato di non sentirsi rappresentato

Un giovane su quattro considera ancora importante parlare di politica e di questioni sociali. Da ciò si evince che, seppur lontani dalla politica praticata nelle stanze di partito, gli under 26 continuano a credere in un "noi" ideale capace di cambiare il corso delle cose.

Il presidente Mattarella è il politico che stimano di più

La figura istituzionale in cui ripongono maggior fiducia? Neanche a dirlo, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. In tutto ciò, nonostante la poca stima nei confronti degli eletti, più del 70% degli intervistati ha ammesso di guardare al futuro con ottimismo, seppur non grazie all’aiuto concreto delle istituzioni. Uno scenario amaro, con più punti interrogativi che punti fermi. Per provare a capirci qualcosa in più, ne abbiamo parlato con alcuni ragazzi, raccogliendo contributi e spunti interessanti su cui provare a costruire un rinnovato pensiero critico collettivo.

Le nostre interviste: "Serve una politica più vicina alla cittadinanza"

Davide Ferraresi, giovane modenese impegnato nell’ambito del terzo settore ha le idee chiare: “La politica - ha spiegato ai lettori di Luce! - ha, anzi dovrebbe avere, un ruolo fondamentale nel garantire la giusta qualità della vita a tutti i cittadini. Rispetto allo scenario attuale, occorre però che la politica sia molto meno condizionata dagli attori economici e molto più vocata a rispondere alle reali esigenze che vengono espresse dai cittadini stessi, dalle organizzazioni che li rappresentano e dal mondo scientifico.
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Davide Ferraresi

Serve una politica decisamente più vicina alla cittadinanza di quanto non sia ora, servono rappresentanti politici che interloquiscano realmente con le persone e che non siano soltanto chiamati a interloquire con i media e i soggetti economicamente più forti. Serve un meccanismo di selezione della classe dirigente che premi la capacità di rappresentare gli interessi collettivi, le conoscenze e le competenze che i rappresentanti dei cittadini possono portare all'interno delle istituzioni.”

"Non ci sentiamo considerati"

Un disincanto a cui fa da eco il punto di vista di Francesca Sabino, romana di nascita, cittadina del mondo, con in tasca una laurea in geologia e attualmente alla ricerca di un impiego: “Si fa fatica- ha spiegato -a fidarsi della classe politica perché spesso non veniamo stimolati abbastanza e/o tenuti in considerazione dalla classe dirigente. Questo però non vuol dire che non abbiano un’idea chiara di sviluppo o degli ideali da sostenere. Credo che la politica sia fondamentale per il benessere dei cittadini, soprattutto per i più giovani, e penso che fare politica sia importante.
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Francesca Sabino

Al momento, però, non posso dire di sentirmi in linea con le idee dei partiti politici attualmente esistenti, non ho una vera e forte ispirazione e soprattutto non percepisco un vero e pieno appoggio e sostegno nei nostri confronti da parte della politica.”

"Poco interesse sul nostro futuro"

Architetta urbanista ventiseienne di Milano, Rebecca Forte prova addirittura a proporre una soluzione: “Per le nuove generazioni - ha spiegato - credo che il punto cruciale sia la mancanza di fiducia e la speranza che qualcosa possa davvero cambiare. Da ciò, il drastico calo della partecipazione dei ragazzi alla vita politica del Paese. Purtroppo, altro fenomeno da considerare è che, accanto a coloro che dimostrano interesse alle informazioni che arrivano dalla politica, c’è una buona parte totalmente disinformata, come se le decisioni prese dalla classe dirigenziale non li riguardassero. Tale progressivo disinteresse è alimentato dal fatto che, negli ultimi anni, la politica non ha dimostrato di avere profondamente a cuore gli interessi e il futuro dei giovani".
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Rebecca Forte

"Dalle generazioni precedenti abbiamo ereditato non solo precarietà lavorativa, ma anche un mondo sempre più inquinato e crisi climatiche e ambientali da gestire, oltre a una società in cui è sempre più complicato vivere, studiare, acquistare una casa, trovare un lavoro dignitoso, che abbia la giusta retribuzione, ed essere indipendenti in tempi giusti. Per tutto questo, hanno rinunciato a credere negli ideali che hanno accompagnato le generazioni precedenti. Per molti ragazzi la politica è qualcosa di estraneo, a cui non hanno interesse a partecipare attivamente. Non siamo alla ricerca di risposte ideologiche. Abbiamo bisogno piuttosto di una visione nella quale credere, un modello nel quale identificarsi, capace di dare risposte concrete e costruire certezze.” Il quadro è semplice: la politica sembra non essere allineata con le urgenze dei giovani e giovanissimi e, addirittura, pare non essere stata in grado di trovare la chiave per parlare con loro. Un allontanamento progressivo che, complici le crisi che si sono susseguite, ha generato un deserto di incomunicabilità. Sortirne insieme, cambiando molto di quello che c’è, pare essere l’unica via praticabile.

Il Parlamento degli studenti

Magari, partendo da quelli che alla politica, nonostante tutto, hanno provato ad avvicinarsi, seppur con non pochi dubbi e paure. Con la livornese Caterina Gazzetti, studentessa diciottenne del Liceo Niccolini-Palli e rappresentante degli studenti nel Parlamento regionale degli studenti della Toscana (organo democratico di rappresentanza degli studenti degli istituti secondari di secondo grado composto da 60 studenti, in cui si elaborano proposte da presentare ai decisori politici su temi di interesse e di attualità del mondo giovanile), abbiamo provato a capire se la pratica della buona politica possa essere davvero un modo per rimettere in carreggiata la faccenda.
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Caterina Gazzetti

"Educare gli adolescenti al voto, per ridurre l'astensionismo"

“L’interesse verso la politica - ci ha spiegato - divide le nuove generazioni. Da una parte, troviamo un numero sempre maggiore di ragazzi e ragazze che si interessano e osservano con occhio critico la situazione contemporanea, cominciando anche a prenderne parte attivamente. Dall’altra, a bilanciare, il progressivo allontanamento dalla politica dei più, che se ne disinteressano o, addirittura, se ne allontanano. Vi faccio un esempio: con il Parlamento regionale degli studenti abbiamo ideato un progetto di educazione al voto dedicato alle scuole superiori della Regione con lo scopo di far acquisire maggiore consapevolezza sul tema e provare a limitare il fenomeno dell’astensionismo. Le lezioni saranno tenute dai membri dell’organo che, dopo essere stati formati da giuristi e costituzionalisti, esporranno agli studenti e alle studentesse il funzionamento dello Stato, le modalità di voto e il sistema elettorale in vigore, con focus sulle tematiche di eventuali referendum e i programmi elettorali di liste e coalizioni, qualora sia periodo di elezioni. Mentre noi tentiamo di avvicinarci e far avvicinare i nostri coetanei al mondo della politica, questo sembra allontanarsi sempre più dalle questioni che ci riguardano. Basti pensare ai numerosi tagli all’istruzione da parte del Governo che deteriorano la qualità della scuola italiana, mettendo a repentaglio il diritto allo studio e persino la salute degli studenti".

I temi che stanno più a cuore alle nuove generazioni

"Le cosiddette classi-pollaio sono sempre più diffuse - continua Caterina - così come le strutture che necessitano di grandi opere di manutenzioni. Esemplare è anche il disinteresse nei confronti del caro affitti. La crisi abitativa rende difficile, se non impossibile, per chi non gode delle disponibilità economiche necessarie, studiare e lavorare lontano dalla propria città. E mentre agli affittuari viene permesso di lucrare sulle spalle degli studenti, molti di questi sono costretti, in parallelo allo studio, a lavorare per non gravare economicamente sulla famiglia. Per non parlare del mondo del lavoro, sempre più precario e quasi una minaccia. Educati al lavoro non retribuito dai percorsi di alternanza scuola-lavoro, i più continuano il percorso di sfruttamento accettando stage non retribuiti per acquisire l’esperienza richiesta e lavorando a nero o con contratti al limite della legalità".
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Un momento della manifestazione di protesta all'esterno dell'Università di Padova, 10 Maggio 2023. ANSA

"A questi elementi problematici che riguardano la vita quotidiana si aggiungono la crisi ambientale e le questioni di genere, entrambe affrontate con un interesse a dir poco limitato. Alla luce di ciò, appare chiaro il motivo per il quale la fiducia nei confronti della politica è ridotta al lumicino. Un ricambio generazionale sulla scena è quindi necessario. Solo chi sperimenta in prima persona il disagio giovanile ha e avrà la volontà di avvicinare la politica alle esigenze delle nuove generazioni e solo quando le azioni politiche si interesseranno a tutto ciò che concerne la nostra comunità, questa sarà invogliata a sua volta ad interessarsi.”

La speranza in un ricambio generazionale

Il ruolo di guida della politica sembra essere andato perduto. Nelle istituzioni non vedono un’ispirazione ma, talvolta, addirittura un inciampo. Gli eletti non sono figure verso cui tendere, da guardare per sperare in un qualsiasi futuro, ma modelli da cui stare alla larga. Eppure continuano a sperare, a desiderare una classe dirigente diversa, che abbia qualcosa in più della media nazionale, che meriti di essere lì, che non sia lo specchio fedele delle banalità della società contemporanea, che li aiuti ogni giorno a farcela, qualunque cosa vogliano fare. Vorrebbero che la politica non dicesse quello che già sanno ma quello che non sanno dire, che fosse speranza, fratellanza, il sogno che ormai non c’è più. Vorrebbero che fosse un “Essere speciale”, per continuare a dirla con le parole di Niccolò Fabi, e che si dimostrasse capace di svegliare coscienze ormai sopite. Un auspicio collettivo.