Ancora lui. Il consigliere comunale torinese, Silvio Viale, finito a febbraio scorso al centro di un'inchiesta su presunte molestie sessuali che sarebbero avvenute nel suo studio ginecologico, torna a far parlare di sé. A suscitare indignazione, questa volta, un’uscita fuori luogo fatta in consiglio comunale nei confronti dell'ex compagna di gruppo Elena Apollonio (DemoS).
Nella seduta di ieri, durante la discussione di un atto sulle donne migranti, il consigliere dei Radicali +Europa si è rivolto ad alcune colleghe, in particolare ad Apollonio, dicendo: “se l'aspetto dell'antipatia personale prevale su quello politico avete sbagliato lavoro, tornate nei vostri quartieri a fare le casalinghe”.
Alla richiesta di scuse da parte della vicepresidente Ludovica Cioria, lui ha replicato con “mia moglie è orgogliosamente casalinga, fare la casalinga non è un titolo di demerito”. Una precisazione che non è certo servita a placare gli animi delle colleghe, infastidite non perché la tipologia di mansione sia degradante, ma per il consiglio in sé evidentemente non richiesto e anche per il retaggio culturale che c’è dietro quell’affermazione: Viale poteva scegliere tanti altri tipi di lavoro, invece ha volontariamente invitato le colleghe a prendersi cura del focolare domestico, in quanto donne.
“Non accetto che vengano utilizzate in aula determinate diciture e appellativi rivolte a colleghi e colleghe, come se chi sta qui non avesse titolo a farlo e a parlare, è inaccettabile” ha infatti commentato Cioria, prima di sospendere la seduta. Per Apollonio “è la violenza nelle parole e nei modi esercitata soprattutto nei confronti delle donne a darci la misura di quanto sessismo e misoginia siano ancora presenti in politica”. Contro la frase del consigliere si è schierata tutta la maggioranza, con un comunicato di condanna e richiesta di scuse pubbliche sostenuto anche dalle colleghe M5. “Sentire nel 2025, in un'aula istituzionale, usare parole che mirano a delegittimare il lavoro e i ruoli delle donne, sia che facciano le consigliere nelle istituzioni sia che si occupino di lavori di cura familiare - dicono - è gravissimo e dimostra che tentare di zittire le donne è una pratica ancora in voga”.