Classifica Eduscopio sulle migliori scuole d'Italia. Ma gli studenti sono veramente preparati?

Come ogni anno, ecco "i voti" di Educospio. Confrontando la scuola italiana con il resto d'Europa, però, emergono: competenze informatiche base, poca padronanza dell'inglese e scarsi investimenti sull'educazione. La preparazione è veramente adeguata ai tempi?

di CATERINA CECCUTI -
22 novembre 2023
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Pubblicata l’edizione 2023 di Eduscopio (www.eduscopio.it), ossia la mappa interattiva delle migliori scuole superiori d’Italia redatta dalla Fondazione Agnelli in base agli esiti universitari e lavorativi nel primo anno post diploma degli studenti. Per stilare la classifica, il gruppo di lavoro coordinato da Martino Bernardi ha analizzato i dati di 1.326.000 diplomati italiani, provenienti da 7.850 scuole, facendo riferimento agli anni scolastici 2017/2018, 2018/2019, 2019/2020, l’ultimo dei quali ha chiaramente risentito della chiusura delle scuole dovuta all’emergenza sanitaria.

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Le migliori scuole d'Italia secondo Eduscopio

Comunque sia, il miglior istituto d’Italia è risultato essere il liceo scientifico delle scienze applicate Nervi-Ferrari di Morbegno, in provincia di Sondrio, con l’informatica al posto del latino. A Roma il liceo Visconti torna in testa alla classifica dei classici, mentre il liceo Righi resta il migliore tra gli scientifici.

A Milano il liceo classico statale Giulio Casiraghi di Cinisello Balsamo ruba la scena ai più rinomati licei del centro, tra gli scientifici la pole position tocca al Liceo Volta, che scalza il Leonardo dalla cima della classifica.

Preparazione scolastica ancora adeguata?

Al di là dei numeri e delle classifiche, però, c’è da chiedersi se in media gli studenti che escono dagli istituti superiori del nostro Paese siano davvero pronti ad affrontare il mondo universitario o quello del lavoro, alla pari dei loro colleghi nel resto d’Europa. Altre statistiche, infatti, che riempiono le pagine delle testate online dimostrano infatti che, gli italiani, sono ben lungi dall’essere quei “cittadini del mondo” che ci si aspetterebbe, in un contesto di globalizzazione, digitalizzazione, e iperconnessione come quello che ormai caratterizza ogni ambito delle nostre vite, da quello professionale a quello privato.

Partiamo proprio dalle competenze informatiche: un’analisi condotta nel 2021 sottolinea come poco meno della metà delle persone tra i 16-74 anni residente in Italia possieda competenze digitali almeno di base (45,7%). Il divario tra i diversi Paesi europei risulta piuttosto elevato, tanto che il Bel Paese occupa le ultime posizioni della graduatoria europea. Strano, perché è di appena pochi giorni fa la notizia che i nostri giovani e giovanissimi sono tra i cittadini europei che passano più tempo davanti agli schermi luminosi di tablet, smartphone ecc.

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Non basta: se quarant’anni fa parlare correntemente l’inglese era auspicabile e molto “cool”, oggigiorno rappresenta una vera e propria necessità, se si è privi della quale difficilmente si potrà essere competitivi nel mondo del lavoro. Eppure, secondo Truenumbers - che ha stilato una classifica dei Paesi in cui si parla meglio l’inglese - l’Italia si trova ad occupare il 26° posto su 35 Paesi europei considerati per conoscenza dell’inglese.

A risultare in pole position sono i Paesi Bassi, l’Austria e la Danimarca, dove i bambini cominciano a familiarizzare con la lingua fin dall’asilo. Come competenze in inglese, il nostro Paese si trova indietro anche rispetto alla Romania, alla Bulgaria e alla Slovenia. Le principali ragioni sembrano essere il fatto che si inizia a studiare la lingua più parlata nel mondo in ritardo rispetto agli altri Paesi (in media intorno agli 8-9 anni) e con insegnanti che non sono madrelingua; vediamo inoltre film doppiati e non nella lingua originale.

Un ultimo commento, in termini statistici, riguarda i dati di Eurostat che mostrano come l’Italia sia il Paese europeo che, in percentuale rispetto alla propria spesa pubblica, investe meno in “educazione”, una categoria che comprende la scuola dell’obbligo, l’università, servizi sussidiari all’educazione e altri tipi di formazione. E se la spesa per la scuola primaria e secondaria sembra in linea con lo standard europeo, i dati peggiorano per quanto riguarda università ed educazione terziaria, per cui l’Italia si trova di nuovo in fondo alla classifica.

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L'idea che si ha sulla scuola

Usciamo dai numeri ed entriamo in quella che è la percezione delle scuole da parte della gente. Nei molti articoli che Luce! ha pubblicato nel corso del tempo sono emerse alcune problematiche condivise e condivisibili, che potrebbero essere così riassunte: la scuola italiana non investe a sufficienza nella valorizzazione dei talenti individuali.

In più occasioni abbiamo denunciato le difficoltà di genitori di studenti delle superiori con certificazione di DSA – Disturbi Specifici dell’Apprendimento – nel vedersi garantita la corretta assistenza al proprio figlio nel suo percorso di studi, con la dovuta attenzione alle proprie difficoltà (che possono essere dislessia, discalculia o altro).

Una parentesi potrebbe essere aperta anche per i giovani sportivi, impegnati a livello nazionale nelle rispettive discipline ma verso i quali la scuola non fa sconti, con il risultato che spesso e volentieri si vedono costretti a scegliere se rinunciare alle proprie attitudini e sogni o perdere un anno di scuola.

A conti fatti lo studente italiano del futuro dovrebbe essere sottoposto a minor stress, maggiori possibilità di sviluppare il proprio specifico talento – che peraltro permetterà sia a lui che al proprio Paese di brillare - ed essere dotato di quelle competenze di base (informatica e lingua inglese ne sono un esempio) che gli permetteranno di essere un cittadino del mondo e di avere gli strumenti indispensabili per abbattere finalmente quelle barriere fisiche che lo separano da gli altri in ogni dove, e che la globalizzazione ha già sconfitto da un pezzo.