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Home » Attualità » “Falsi fidanzamenti e riti woodoo per spedirle in strada, figli per schiavizzarle di più. E appena una si affranca un’altra è pronta al suo posto”

“Falsi fidanzamenti e riti woodoo per spedirle in strada, figli per schiavizzarle di più. E appena una si affranca un’altra è pronta al suo posto”

Albanesi e rumene costrette con false storie d'amore. Nigeriane con la paura di una potente superstizione: tutte intraprendono una via senza ritorno. Il racconto di Miriam Longhi di Lule, l'associazione che "salva" le ragazze dal loro destino in strada, nelle case, nei locali. "I clienti possono aiutarle prendendo coscienza delle responsabilità che hanno nell'alimentare il sistema"

Claudia Cangemi
17 Ottobre 2021
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Ombra di donna che si prostituisce: da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”

La storia ci racconta di donne usate come bottino di guerra, violentate e uccise, costrette a portare in grembo i figli del nemico. L’attualità ci parla di donne e ragazze sottoposte a ogni sorta di abuso e violenza in Libia, di ragazzine costrette a matrimoni forzati, uccise se osano ribellarsi. Storie dell’orrore che suscitano giustamente la nostra indignazione.
Ma c’è uno “scandalo al sole” che va in scena ogni giorno e ogni notte nella nostra “civile” Italia, nell’indifferenza della stragrande maggioranza delle
persone e con la complicità di un numero impressionante di uomini. È la prostituzione forzata, la tratta delle donne. Se ne parla solo, periodicamente, quando si riaccende per qualche motivo il dibattito sulle case chiuse. O quando, in una minuscola percentuale di casi, viene sgominata un’organizzazione. C’è però chi si impegna tutti i giorni per aiutare le migliaia di donne in condizioni di schiavitù. Tra le onlus più attive in Lombardia c’è Lule.
Della tratta parliamo con l’educatrice professionale Miriam Longhi, coordinatrice dei servizi di emersione per Lule.

Chi sono le vittime della tratta in Italia?

“Le maggior parte delle persone incontrate è di origine romena, albanese, nigeriana e sud americana. Per ciascuna di tali nazionalità i sistemi di reclutamento e sfruttamento sono diversi, così come cambia
l’identikit dell’organizzazione che le schiavizza”.

Anni fa si diceva che quasi tutte le ragazze vengono attirate in Italia con la promessa di un “lavoro onesto” e poi costrette con la violenza alla strada. È ancora così?

“Soprattutto per le albanesi e le romene (non rom) il sistema è diventato più ‘sofisticato’ se così si può dire. L’inganno e la violenza fisica esistono ancora, ma quasi sempre prevale una forma di violenza psicologica. Funziona così: la ragazza di 18 o 20 anni, che vive in provincia, si arrabatta per portare
qualche soldo a casa, in una situazione economica molto simile a quella italiana degli anni ’50. Magari lavora in un bar o in un negozio. Un giovane avventore inizia a corteggiare la ragazza, la invita a uscire, la riempie di attenzioni e complimenti, si finge innamorato. I due si fidanzano in casa. Poi lui la convince ad andare a vivere in una città più grande, dove potrà guadagnare di più e assicurare un futuro migliore a lei e ai figli che verranno. Anche nella città più grande però il lavoro atteso non arriva (o almeno così dice lui) e il ‘fidanzato’ insiste per trasferirsi in Italia”.

E a quel punto scatta la violenza…

“Non ancora quella fisica. In Italia va in scena l’atto secondo della commedia. L’uomo torna a notte fonda con l’aria stravolta, piangendo dice che non riesce a trovare lavoro, che l’unica possibilità è spacciare, che finirà in galera. La ragazza viene avvicinata da un’altra donna, fidanzata magari di un parente del suo compagno. È lei che la lavora ai fianchi per convincerla ad accettare di prostituirsi, ‘solo per qualche tempo, fino a quando lui non troverà qualcosa…’ La ragazza magari fa un po’ di resistenza, ma poi quasi
sempre cede. E a quel punto lui ha un mezzo potentissimo per ricattarla: minaccia di rivelare la sua vera occupazione alla famiglia rimasta nel Paese d’origine, coprendola per sempre di vergogna e togliendole ogni possibilità di sottrarsi tornando a casa. In qualche caso la minaccia è più diretta: fare del male ai familiari. L’organizzazione infatti ha mille tentacoli. Modalità simili si riscontrano per le ragazze romene”.

Immagine tratta da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”

E nel caso delle nigeriane qual è il meccanismo?

“Quasi sempre le ragazze versano in gravi difficoltà economiche perché fanno parte di famiglie numerose, a volte orfane di padre o di madre. La ragazza viene avvicinata da una donna più anziana che le propone un vero e proprio contratto: le spese del trasferimento in Europa saranno anticipate dalla maman – la cifra può arrivare a 30mila euro – e la ragazza si impegna a restituirla coinvolgendo anche i suoi familiari (che fanno da garanti) nel corso di una cerimonia che spesso comprende riti woodoo. Entrare nel giro è molto facile, difficilissimo uscirne. In questo caso la violenza psicologica è esercitata proprio a partire dalla potentissima superstizione che è parte integrante della cultura locale: le ragazze credono che ribellarsi possa scatenare non solo la vendetta dell’organizzazione ma anche quella degli spiriti woodoo su se stesse o sui propri familiari”.

Stiamo parlando solo di prostituzione di strada? Le donne che “ricevono” in casa hanno un altro identikit?

“Nella stragrande maggioranza dei casi no. La stessa organizzazione gestisce sia la prostituzione di strada che quella in casa che quella nei locali. Addirittura le stesse ragazze vengono ‘fatte ruotare‘ nei vari contesti o nelle zone, anche per evitare che si ‘ambientino’ troppo. L’isolamento è uno degli strumenti che l’organizzazione mette in atto per mantenere la persona all’interno della rete di sfruttamento. Meno contatti con l’esterno si hanno, più si resta vincolati alle informazioni fornite dagli sfruttatori che, di
conseguenza, mettono in atto un’asimmetria informativa: spesso le donne non hanno tutte le informazioni necessarie per essere autonome e integrarsi. Nei luoghi al chiuso è elevata anche la presenza di persone di origine sudamericana e cinese”.

Sono cambiate le cose negli ultimi 18 mesi?

“Il mercato del sesso in genere non conosce crisi, però naturalmente il lockdown completo della primavera 2020 ha costretto le vittime di tratta all’inattività e le ha ridotte alla fame: molte non avevano neanche i soldi per comprare da mangiare o pagare le bollette”.

Capita che le ragazze rimangano incinte?

“Sì, tante non sanno nulla di ‘come nascono i bambini’. Pensano che basti lavarsi o stare in piedi dopo il rapporto per evitare gravidanze indesiderate. Poi, quando scoprono di essere in attesa, sono spesso lacerate dai dubbi: si rendono conto di non essere in condizione di crescere un bambino, ma la loro cultura vive i figli come un dono che non va rifiutato”.

Foto da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”

La gravidanza non crea problemi agli “affari”?

“In realtà le donne incinte sono le più cercate dai clienti (insieme a quelle più giovani, che però dichiarano sempre 18 anni). Quando arriva l’epoca del parto, la ragazza viene mandata a partorire in patria e dopo un paio di mesi torna sulla strada. Il figlio sarà cresciuto dalla famiglia d’origine e diventerà la vera ragione di vita della madre, il motivo per lavorare ancora di più in modo da mandare soldi a casa. Magari si tolgono il pane di bocca per comprare al figlio l’ultimo modello di smartphone. Il sogno è quello di poter un giorno ricongiungersi con quel bambino tanto amato quanto sconosciuto. Una relazione a senso unico dove non c’è spazio per la sincerità. Il figlio o la figlia non dovranno mai sapere che vita e che mestiere fa quella madre”.

Ma uscire dal giro, per quanto difficile, non è impossibile, non è vero?

“No, non è impossibile, ma è un processo lungo e complesso. Proprio perché prima ancora che con la violenza fisica queste persone sono vittime di violenza psicologica. Loro stesse, a volte, sono convinte di non meritare niente di diverso e di non essere in grado di sostenere una vita differente. Aiutarle a cambiare opinione è, insieme all’assistenza sanitaria e ‘pratica’, il principale obiettivo di Lule”.

Denunciano i loro sfruttatori?

“Qualche volta sì, spesso no. Quando sono pronte le aiutiamo a “sparire”, accogliendole nelle case a indirizzo segreto”.

E i protettori le lasciano andare?

“In genere sì, perché in caso contrario il rischio di essere denunciati e di finire nei guai diventa molto alto. Conviene mollare il colpo e reclutare qualche altra ragazza. La crisi economica lo rende sempre più facile”.

Foto da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”

Che cosa servirebbe per cambiare questa terribile realtà?

“Quello che noi di Lule cerchiamo di fare, accanto all’assistenza alle vittime della tratta, è sensibilizzare sulle condizioni reali di queste persone. Un terzo degli italiani di sesso maschile ammette di avere ‘comprato sesso’ almeno una volta nella sua vita. Non sono mostri, ma persone comuni, che non si
interrogano sui retroscena: questo corpo è in vendita, non è affar mio come ci è arrivato. Io pago e quindi ho diritto a usarlo. Un po’ come chi compra droga: non vuole sapere da dove arriva quella sostanza o a chi finiranno i suoi soldi. Nel primo caso però è molto peggio, perché in vendita non ci sono sostanze ma persone. Ci vuole un enorme lavoro culturale per rendere i potenziali clienti consapevoli della loro responsabilità nell’alimentare questo sistema”.

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  • Stando alle ultime stime, in Italia vivono almeno 88mila donne vittima di mutilazioni genitali femminili, con tutti i gravi problemi fisici, funzionali, psicologici che ne derivano. In base ai dati diffusi dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) e dall’Unicef, nel mondo ammonterebbero ad almeno 200 milioni donne e ragazze che hanno subito mutilazioni genitali. Nel 2023, circa 4,2 milioni di bambine e ragazze nel mondo sono a rischio di subire queste pratiche.

Attraverso la testimonianza di Ayaan Hirsi Ali, autrice de “L’infedele", proviamo a spiegare con le giuste parole in tutta la sua cruda realtà cosa racchiuda veramente:

“Mi afferrò e mi bloccò la parte superiore del corpo… Altre due donne mi tennero le gambe divaricate. L’uomo che era un cinconcisore tradizionale appartenente al clan dei fabbri, prese un paio di forbici. Con l’altra mano afferrò quel punto misterioso e cominciò a tirare… Sentii il rumore, come un macellaio che rifila il grasso da un pezzo di carne.”

Nella Giornata Internazionale contro le mutilazioni genitali femminili il presidente della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva-rigenerativa ed estetica Sicpre, il professor Francesco Stagno d’Alcontres, dichiara: 

“Spesso l’evento della mutilazione viene rimosso dai ricordi, mentre restano i dolori nei rapporti sessuali, le difficoltà nella minzione e durante il parto. La mutilazione genitale è un evento che modifica il corso della vita e noi lo dobbiamo contrastare sul piano della cultura e affrontare sul piano medico e scientifico”.

L’edizione 2023 del Summit Itinerante contro la mutilazioni genitali femminili, l’evento che si svolge in data odierna a Roma, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustininani, sede della Presidenza del Senato della Repubblica, vede il saluto di esponenti del Governo, la testimonianza di una vittima e la partecipazione di importanti personalità, tra cui gli esperti della chirurgia plastica italiana chiamati a raccolta dalla Sicpre.

Letizia Cini ✨

#lucenews #lucelanazione #giornatamutilazionigenitalifemminili #linfedele
  • "Vorrei ringraziare la comunità queer per il vostro amore e per aver inventato un genere". 👑

Con queste parole di ringraziamento, Queen Bay riscrive la storia dei Grammy Awards. Beyoncé ier sera ha battuto tutti i record: con la 32esima vittoria incassata, è la star più premiata della storia degli Oscar della musica.

Con altri quattro grammofoni d’oro, la star americana, icona mondiale e paladina dei diritti civili e della body positivity, ha così superato il primato del direttore d’orchestra Georg Solti scomparso nel ‘97 e che, fino a stanotte, era rimasto imbattuto per due decenni con 31 vittorie. Queen Bay ha voluto dedicare la vittoria alla comunità Lgbtq+.

#lucenews #lucelanazione #qn #beyoncé #grammyawards2023
  • Stava regalando libri alle ragazze quando è stato arrestato a Kabul, giovedì 3 febbraio. Ismail Mashal, un professore universitario afghano, 37 anni, in aperta critica con il bando posto dai Talebani all’istruzione femminile, andava in giro con un carretto pieno di volumi gratuiti che distribuiva a donne e bambine, quando le forze di sicurezza lo hanno accusato di “azioni provocatorie” dalle autorità che lo hanno portato in carcere. Lo riferisce la Bbc.

Alcuni testimoni hanno riferito che il professore è stato schiaffeggiato, preso a pugni e a calci dalle forze di sicurezza locali durante l’arresto. Tuttavia Abdul Haq Hammad, un funzionario del ministero dell’Informazione e della Cultura talebani, ha dichiarato che il docente è stato trattato bene mentre era in custodia. 

Mashal è salito alla ribalta dopo aver strappato i documenti accademici in diretta tv per protestare contro il divieto dei talebani all’istruzione universitaria e secondaria per le donne. Il video in diretta televisiva è diventato virale. 

Ex giornalista, il 37enne dirigeva un’università privata a Kabul, frequentata da 450 studentesse che seguivano i corsi di giornalismo, ingegneria e informatica, tutte discipline che il ministro dell’Istruzione afghano sosteneva non dovessero essere insegnate alle ragazze in quanto contrarie all’islam e la cultura afghana. Quando a dicembre i Talebani hanno annunciato che alle studentesse universitarie non sarebbe più stato permesso di tornare a studiare fino a nuovo ordine, il professor Mashal ha chiuso definitivamente la sua scuola, affermando che “l’istruzione o si offre a tutti o a nessuno“.

“L’unico potere che ho è la mia penna, anche se mi uccidono, anche se mi fanno a pezzi, non resterò in silenzio“, ha dichiarato il mese scorso il professore. Ha anche affermato che un maggior numero di uomini deve insorgere per protestare contro le restrizioni imposte alle donne. Durante il loro incontro a Kabul, Mahsal, padre di due figli, ha precisato che non temeva di essere arrestato o ucciso. Si è detto invece certo che alla fine i Talebani avrebbero cercato di metterlo a tacere, ma è rimasto convinto che fosse un prezzo onesto da pagare.

#lucenews #kabul
  • ✨"Sento ancora la vertigine". Si intitola così il primo documentario dedicato a Elodie, la bellissima e talentuosa cantante romana, che la prossima settimana sarà in gara al Festival di Sanremo. Affascinante e ironica, sensuale e pungente, ma anche fragile e con i piedi per terra: la 32enne si mostra a 360 gradi e senza filtri in un documento reale di quello che l
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“Soprattutto per le albanesi e le romene (non rom) il sistema è diventato più 'sofisticato' se così si può dire. L'inganno e la violenza fisica esistono ancora, ma quasi sempre prevale una forma di violenza psicologica. Funziona così: la ragazza di 18 o 20 anni, che vive in provincia, si arrabatta per portare qualche soldo a casa, in una situazione economica molto simile a quella italiana degli anni '50. Magari lavora in un bar o in un negozio. Un giovane avventore inizia a corteggiare la ragazza, la invita a uscire, la riempie di attenzioni e complimenti, si finge innamorato. I due si fidanzano in casa. Poi lui la convince ad andare a vivere in una città più grande, dove potrà guadagnare di più e assicurare un futuro migliore a lei e ai figli che verranno. Anche nella città più grande però il lavoro atteso non arriva (o almeno così dice lui) e il 'fidanzato' insiste per trasferirsi in Italia”.

E a quel punto scatta la violenza... “Non ancora quella fisica. In Italia va in scena l'atto secondo della commedia. L'uomo torna a notte fonda con l'aria stravolta, piangendo dice che non riesce a trovare lavoro, che l'unica possibilità è spacciare, che finirà in galera. La ragazza viene avvicinata da un'altra donna, fidanzata magari di un parente del suo compagno. È lei che la lavora ai fianchi per convincerla ad accettare di prostituirsi, 'solo per qualche tempo, fino a quando lui non troverà qualcosa...' La ragazza magari fa un po' di resistenza, ma poi quasi sempre cede. E a quel punto lui ha un mezzo potentissimo per ricattarla: minaccia di rivelare la sua vera occupazione alla famiglia rimasta nel Paese d'origine, coprendola per sempre di vergogna e togliendole ogni possibilità di sottrarsi tornando a casa. In qualche caso la minaccia è più diretta: fare del male ai familiari. L'organizzazione infatti ha mille tentacoli. Modalità simili si riscontrano per le ragazze romene”.
Immagine tratta da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”
E nel caso delle nigeriane qual è il meccanismo? “Quasi sempre le ragazze versano in gravi difficoltà economiche perché fanno parte di famiglie numerose, a volte orfane di padre o di madre. La ragazza viene avvicinata da una donna più anziana che le propone un vero e proprio contratto: le spese del trasferimento in Europa saranno anticipate dalla maman – la cifra può arrivare a 30mila euro – e la ragazza si impegna a restituirla coinvolgendo anche i suoi familiari (che fanno da garanti) nel corso di una cerimonia che spesso comprende riti woodoo. Entrare nel giro è molto facile, difficilissimo uscirne. In questo caso la violenza psicologica è esercitata proprio a partire dalla potentissima superstizione che è parte integrante della cultura locale: le ragazze credono che ribellarsi possa scatenare non solo la vendetta dell'organizzazione ma anche quella degli spiriti woodoo su se stesse o sui propri familiari”. Stiamo parlando solo di prostituzione di strada? Le donne che “ricevono” in casa hanno un altro identikit? “Nella stragrande maggioranza dei casi no. La stessa organizzazione gestisce sia la prostituzione di strada che quella in casa che quella nei locali. Addirittura le stesse ragazze vengono 'fatte ruotare' nei vari contesti o nelle zone, anche per evitare che si 'ambientino' troppo. L’isolamento è uno degli strumenti che l’organizzazione mette in atto per mantenere la persona all’interno della rete di sfruttamento. Meno contatti con l’esterno si hanno, più si resta vincolati alle informazioni fornite dagli sfruttatori che, di conseguenza, mettono in atto un’asimmetria informativa: spesso le donne non hanno tutte le informazioni necessarie per essere autonome e integrarsi. Nei luoghi al chiuso è elevata anche la presenza di persone di origine sudamericana e cinese”. Sono cambiate le cose negli ultimi 18 mesi? “Il mercato del sesso in genere non conosce crisi, però naturalmente il lockdown completo della primavera 2020 ha costretto le vittime di tratta all'inattività e le ha ridotte alla fame: molte non avevano neanche i soldi per comprare da mangiare o pagare le bollette”. Capita che le ragazze rimangano incinte? “Sì, tante non sanno nulla di 'come nascono i bambini'. Pensano che basti lavarsi o stare in piedi dopo il rapporto per evitare gravidanze indesiderate. Poi, quando scoprono di essere in attesa, sono spesso lacerate dai dubbi: si rendono conto di non essere in condizione di crescere un bambino, ma la loro cultura vive i figli come un dono che non va rifiutato”.
Foto da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”
La gravidanza non crea problemi agli “affari”? “In realtà le donne incinte sono le più cercate dai clienti (insieme a quelle più giovani, che però dichiarano sempre 18 anni). Quando arriva l'epoca del parto, la ragazza viene mandata a partorire in patria e dopo un paio di mesi torna sulla strada. Il figlio sarà cresciuto dalla famiglia d'origine e diventerà la vera ragione di vita della madre, il motivo per lavorare ancora di più in modo da mandare soldi a casa. Magari si tolgono il pane di bocca per comprare al figlio l'ultimo modello di smartphone. Il sogno è quello di poter un giorno ricongiungersi con quel bambino tanto amato quanto sconosciuto. Una relazione a senso unico dove non c'è spazio per la sincerità. Il figlio o la figlia non dovranno mai sapere che vita e che mestiere fa quella madre”. Ma uscire dal giro, per quanto difficile, non è impossibile, non è vero? “No, non è impossibile, ma è un processo lungo e complesso. Proprio perché prima ancora che con la violenza fisica queste persone sono vittime di violenza psicologica. Loro stesse, a volte, sono convinte di non meritare niente di diverso e di non essere in grado di sostenere una vita differente. Aiutarle a cambiare opinione è, insieme all'assistenza sanitaria e 'pratica', il principale obiettivo di Lule”. Denunciano i loro sfruttatori? “Qualche volta sì, spesso no. Quando sono pronte le aiutiamo a “sparire”, accogliendole nelle case a indirizzo segreto”. E i protettori le lasciano andare? “In genere sì, perché in caso contrario il rischio di essere denunciati e di finire nei guai diventa molto alto. Conviene mollare il colpo e reclutare qualche altra ragazza. La crisi economica lo rende sempre più facile”.
Foto da un progetto fotografico di Ri-Scatti Onlus e Pac Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano”
Che cosa servirebbe per cambiare questa terribile realtà? “Quello che noi di Lule cerchiamo di fare, accanto all'assistenza alle vittime della tratta, è sensibilizzare sulle condizioni reali di queste persone. Un terzo degli italiani di sesso maschile ammette di avere 'comprato sesso' almeno una volta nella sua vita. Non sono mostri, ma persone comuni, che non si interrogano sui retroscena: questo corpo è in vendita, non è affar mio come ci è arrivato. Io pago e quindi ho diritto a usarlo. Un po' come chi compra droga: non vuole sapere da dove arriva quella sostanza o a chi finiranno i suoi soldi. Nel primo caso però è molto peggio, perché in vendita non ci sono sostanze ma persone. Ci vuole un enorme lavoro culturale per rendere i potenziali clienti consapevoli della loro responsabilità nell'alimentare questo sistema”.
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