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Home » Attualità » Femminicidi, “le vittime hanno colpa?” Bufera di polemiche social per le parole di Barbara Palombelli

Femminicidi, “le vittime hanno colpa?” Bufera di polemiche social per le parole di Barbara Palombelli

La conduttrice, durante una puntata di Forum, si è posta delle domande irrispettose riguardo le donne uccise nell'ultima settimana, che hanno scatenato l'indignazione del web e sui social. Ma il suo intervento è purtroppo lo specchio di credenze comuni nella società. Da donna a donna, il commento su quali dovrebbero essere invece le domande da porsi

Valentina Bertuccio D'Angelo
17 Settembre 2021
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Barbara Palombelli, davanti a sette donne ammazzate in sette giorni da mariti, ex mariti o fidanzati, ha ritenuto che bisognasse farsi delle domande. Sacrosanto. Ma per non spiccare troppo in originalità, ha deciso di porsi sempre la solita: ma le donne cos’avevano combinato?

“Questi uomini erano completamente fuori di testa, obnubilati, oppure c’è stato anche un comportamento esasperante, aggressivo anche dall’altra parte?“, si chiede un’illuminata conduttrice. 

C’è da saltare sulla sedia: siamo tornati al 1979 del processo per stupro e non ce ne siamo accorti? Quello che ieri è andato in onda nel pomeriggio a Forum è vergognoso ma non stupisce. Ha un nome ben preciso: in inglese è “victim blaming”, in italiano è colpevolizzazione della vittima. Sminuire, minimizzare le responsabilità dell’uomo che aggredisce, abusa, picchia, umilia o uccide. Quando va bene, lo si spoglia della sua normalità e diventa “matto, obnubilato” accecato dalla gelosia, irriconoscibile. Quando va male, si arriva a cercare le cause del femminicidio nel comportamento della vittima. Barbara Palombelli, in appena 40 secondi, è riuscita a fare entrambe le cose. L’assassino o è matto o è stato provocato. 

La sua domanda vorrei farla a Giuseppina Di Luca, uccisa dal marito che non accettava la separazione; ad Alessandra Zorzin, ammazzata dall’amico che forse non accettava un allontanamento; a Sonia Lattari, vittima del marito; a Rita Amenze, presa a pistolettate, e ad Angelica Salis, entrambe uccise dal coniuge; ad Ada Rotini, che ha perso la vita sempre per mano del marito il giorno prima dell’udienza di separazione; Chiara Ugolini, ammazzata dal vicino di casa. Tutte voi, eravate esasperanti?

Tuttavia non mi stupisce: come Palombelli (sempre che questo ‘intervento kamikaze’ non sia stato studiato a tavolino per far parlare di sé) la pensano ancora molte, troppo persone. È un approccio quasi rassicurante ma perverso: se mi comporto bene, se non lo esaspero, se non lo lascio, se non mi trovo l’amante, non mi farà del male. E perché non allargare il discorso? Se non metto la minigonna di sera magari non mi stuprano. Se non do confidenza a sconosciuti nei bar magari non mi aggrediscono. Ancora una volta, si addossa tutta la responsabilità alla vittima, mentre il carnefice sta lì con il suo alibi, in secondo piano, privo di volontà, in balia delle provocazioni delle donne. 

Un ragionamento pericolosissimo. Palombelli ha sbagliato e deve scusarsi. E magari può iniziare a porsi le domande giuste: perché nel 2021 siamo ancora qui a contare un femminicidio al giorno? Come si può educare a una affettività sana, che non parli di possesso ma di rispetto? In poche parole, come fare in modo che la società italiana tratti le donne come persone?

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  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

#lucenews #lucelanazione #camihawke #tricodinia
  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran
Barbara Palombelli, davanti a sette donne ammazzate in sette giorni da mariti, ex mariti o fidanzati, ha ritenuto che bisognasse farsi delle domande. Sacrosanto. Ma per non spiccare troppo in originalità, ha deciso di porsi sempre la solita: ma le donne cos'avevano combinato? "Questi uomini erano completamente fuori di testa, obnubilati, oppure c'è stato anche un comportamento esasperante, aggressivo anche dall'altra parte?", si chiede un'illuminata conduttrice.  C'è da saltare sulla sedia: siamo tornati al 1979 del processo per stupro e non ce ne siamo accorti? Quello che ieri è andato in onda nel pomeriggio a Forum è vergognoso ma non stupisce. Ha un nome ben preciso: in inglese è "victim blaming", in italiano è colpevolizzazione della vittima. Sminuire, minimizzare le responsabilità dell'uomo che aggredisce, abusa, picchia, umilia o uccide. Quando va bene, lo si spoglia della sua normalità e diventa "matto, obnubilato" accecato dalla gelosia, irriconoscibile. Quando va male, si arriva a cercare le cause del femminicidio nel comportamento della vittima. Barbara Palombelli, in appena 40 secondi, è riuscita a fare entrambe le cose. L'assassino o è matto o è stato provocato.  La sua domanda vorrei farla a Giuseppina Di Luca, uccisa dal marito che non accettava la separazione; ad Alessandra Zorzin, ammazzata dall'amico che forse non accettava un allontanamento; a Sonia Lattari, vittima del marito; a Rita Amenze, presa a pistolettate, e ad Angelica Salis, entrambe uccise dal coniuge; ad Ada Rotini, che ha perso la vita sempre per mano del marito il giorno prima dell'udienza di separazione; Chiara Ugolini, ammazzata dal vicino di casa. Tutte voi, eravate esasperanti? Tuttavia non mi stupisce: come Palombelli (sempre che questo 'intervento kamikaze' non sia stato studiato a tavolino per far parlare di sé) la pensano ancora molte, troppo persone. È un approccio quasi rassicurante ma perverso: se mi comporto bene, se non lo esaspero, se non lo lascio, se non mi trovo l'amante, non mi farà del male. E perché non allargare il discorso? Se non metto la minigonna di sera magari non mi stuprano. Se non do confidenza a sconosciuti nei bar magari non mi aggrediscono. Ancora una volta, si addossa tutta la responsabilità alla vittima, mentre il carnefice sta lì con il suo alibi, in secondo piano, privo di volontà, in balia delle provocazioni delle donne.  Un ragionamento pericolosissimo. Palombelli ha sbagliato e deve scusarsi. E magari può iniziare a porsi le domande giuste: perché nel 2021 siamo ancora qui a contare un femminicidio al giorno? Come si può educare a una affettività sana, che non parli di possesso ma di rispetto? In poche parole, come fare in modo che la società italiana tratti le donne come persone?
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