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Annunziata Gregori, Nello Ciampi e Aimo Cozzoli: storie di partigiani

In esclusiva per Luce!, in occasione del 25 aprile, due delle testimonianze inedite che il prossimo anno saranno pubblicate nel 3° volume de “La voce dei testimoni - Guerra e resistenza in Lucchesia”, promosso dall’Istituto Storico della Resistenza e dell'età contemporanea e dalla sezione Anpi di Lucca

di CATERINA CECCUTI -
25 aprile 2024
25 aprile: nelle piazze italiane si celebra la Liberazione dal nazifascismo

25 aprile: nelle piazze italiane si celebra la Liberazione dal nazifascismo

Nello Ciampi fu ucciso sul Monte Faeta insieme ad altri 6 compagni di lavoro. Aimo Cozzoli morì assassinato nella strage di Forno. Annunziata Gregori sfamava di nascosto i partigiani. Le loro storie, insieme a quelle di tanti – troppi – patrioti e partigiani della Seconda guerra mondiale, sono state tramandate di generazione in generazione nei racconti dei loro familiari, ma sarebbero certamente state dimenticate se l’Istituto Storico della Resistenza e dell'Età contemporanea e la sezione Anpi di Lucca non avessero deciso di collezionarle in tre volumi, grazie all’impegno di Rosalba Ciucci che le ha raccolte una ad una.

La collana si chiama, non a caso, “La voce dei testimoni - Guerra e resistenza in Lucchesia” e l'ultimo dei tre volumi non andrà alle stampe prima della primavera del 2025. In esclusiva per Luce! e in occasione della ricorrenza del 25 aprile, però, vengono anticipate sulle nostre pagine digitali due testimonianze di martiri, raccontate direttamente dalla voce dei loro parenti ancora in vita.

Aimo Cozzoli

Mio nonno Raimondo Cozzoli – racconta il pro-nipote Alberto Iacopi, nipote del fratello del Partigiano Aimo Cozzoli –, nacque il 04 agosto del 1923 e fu ucciso a 21 anni dai tedeschi nell’eccidio di Forno, il 13 giugno 1944. Era il maggiore di due fratelli, nati entrambi a San Macario. Della resistenza Partigiana in casa si era sempre parlato e mio nonno mi raccontò che dopo l’8 settembre del 1943, suo fratello Aimo entrò a far parte di una formazione partigiana, destando non poche preoccupazioni in famiglia; fecero di tutto per dissuaderlo dal partire, ma era talmente forte la volontà di Aimo di partecipare alla Resistenza che non ci fu verso di fermarlo. Era molto legato a mio nonno, che era il fratello più piccolo, e prima di partire Aimo si fece dare una sua maglietta come ricordo, da portare sempre con sé in quell’avventura che sapeva avrebbe potuto essere l’ultima; perché quando uno prende un oggetto a ricordo, vuol dire che la consapevolezza c’è per forza. So che Aimo partì con Renzo Bianchini di Santa Maria a Colle ma, soprattutto, so come morì. Successe in una foresta, durante una ritirata dai tedeschi; rimase ferito ad una gamba e di conseguenza avrebbe rallentato i compagni. Decise allora di ostacolare il più possibile la risalita dei nemici. Sapendo che non sarebbe potuto scappare perché era impossibilitato nella corsa e nella fuga, scelse di coprire la ritirata dei suoi compagni sparando e cercando di ostacolare il più possibile l’avanzata dei tedeschi. Nel 2021, grazie all’interessamento di Anpi sezione di Lucca e dell’Istituto ISREC di Lucca, è stato finalmente ricordato il grande contributo dato alla lotta di Liberazione del nostro Paese da due cittadini, entrambi partigiani, che sacrificarono la loro vita a Forno: Renzo Bianchini, bruciato vivo, e Aimo Cozzoli, ucciso dai tedeschi nei boschi intorno a Forno”.

Annunziata Gregori

“Voglio raccontarvi la storia di mia nonna – testimonia Giovanna Gregori -, Annunziata Gregori, che mi ha sempre raccontato di essere stata una “partigiana” senza che nessuno lo avesse mai saputo. Lei andava a fare la legna e i ‘pinelli’ – per venderli – in una località chiamata ‘Freghino’, e tutte le mattine alle 4 partiva da casa. Essendo una contadina portava il pane, le patate già cotte ed altre cose per darle ai partigiani nascosti e diceva che nessuno, mai nessuno, aveva saputo quello che faceva. Ha sempre combattuto contro le camicie nere. Aveva un’unica figlia, mia madre, ma non l’aveva mai vestita come volevano i fascisti e non la mandava mai al ‘sabato fascista’; per questo non le davano il pacco, né la Befana e spesso veniva richiamata dal Fascio, ma lei rispondeva: ‘Io non vi ho votato e come vi trovo vi lascio lì’. Non per niente veniva chiamata la Bersagliera. Una donna forte, sola, una ragazza madre: è morta a 103 anni. Io non sono cresciuta con lei perché mia madre, la sua unica figlia, morì a 24 anni di tubercolosi, quando io avevo 11 mesi e non potendo mia nonna allevarmi fui messa in collegio a Firenze, dove ho vissuto fino al 1977. Avevo infatti 17 anni quando nell’ex sanatorio di Carignano (Lucca) fu istituita una struttura aperta solo alle bambine di famiglie disagiate, di qualsiasi età, da piccole fino ai 21 anni. Si diceva che l’Istituto fosse stato aperto per una “scommessa” fra Regione e Stato ed era il 2° istituto migliore in Europa. Lì imparai a suonare il pianoforte. Vi sono stata fino al compimento dei 20 anni, poi incontrai l’uomo che diventò mio marito, Norberto Ciampi, figlio di Nello Ciampi e di De Ranieri”.

Nello Ciampi

“Ora vi racconto di mio suocero Nello Ciampi – continua Giovanna Gregori –, trucidato sul Monte Faeta nel luglio del 1944. Nello lavorava in ferrovia, ma nel ’43 si ritirò sul monte Faeta per fare il partigiano insieme al cognato; furono ammazzati perché detenevano armi in una capanna e qualcuno aveva fatto la spia. Mio suocero andava tutti i giorni a fare il carbone e quel giorno lì andarono in sei, fra cui c’era anche il fratello di mia suocera Mario De Ranieri. Ora, bisogna sapere che il padre di mia suocera, soprannominato Pelino, era un fascista tremendo, cattivo e spietato e morì con questa frase sulla bocca: ‘Se si vince noi, vi s’ammazza tutti’. Ecco perché, il giorno che seppe della fucilazione dei partigiani, mia suocera incolpò immediatamente suo padre dell’uccisione del figlio Mario e di suo genero Nello. Io so che andarono con la cariola a recuperare i corpi, e nello scendere il cervello di Mario gli cascò per la strada e allora lo prendevano e lo rimettevano lì; però quando ritornarono a casa, davanti al cancello, c’erano due tedeschi. Mia suocera l’ha sempre detto che era stato suo padre a compiere un’azione così tremenda, a toglierle il marito di 28 anni e il fratello di 18, e sua madre lo aveva sempre confermato. Mio marito aveva un anno e 24 giorni quando suo padre Nello fu ucciso e lo Stato dette a mia suocera un posto di lavoro prima alla Cantoni e poi in manifattura come ‘vedova di Guerra’, oltre a 7 anni di prepensionamento. Mio marito, dopo la l’uccisione di suo padre, è stato allevato dai nonni, dato che la mamma lavorava in manifattura e quindi è cresciuto col nonno fascista, additato da tutti come mandante di ciò che era successo sul monte Faeta.” Un ringraziamento per la gentile concessione all’Istituto Storico della Resistenza e dell'Età contemporanea e alla sezione ANPI di Lucca. Il terzo volume della raccolta "La voce dei testimoni - Guerra e resistenza in Lucchesia" (Pacini Fazzi editore), a cura di Jonathan Pieri con le note critiche degli storici Moreno Bertolozzi e Francesco Lucarini, sarà disponibile al pubblico a partire dall’aprile del 2025.