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Home » Attualità » GB, Archie Battersbee è morto. Al 12enne era stato staccato il supporto vitale

GB, Archie Battersbee è morto. Al 12enne era stato staccato il supporto vitale

Il bambino era in coma farmacologico da aprile per una sfida online finita male. La famiglia: "Ha combattuto fino alla fine. Distrutti"

Marianna Grazi
6 Agosto 2022
Archie Battersbee

Archie Battersbee

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L’ultimo atto è ormai compiuto. Questa mattina, sabato 6 agosto, alle 11.00 ora italiana, al Royal London Hospital era previsto che i medici staccassero i macchinari che hanno tenuto in vita per mesi Archie Buttersbee, il 12enne in coma farmacologico da aprile. Intorno alle 15 italiane è arrivata la notizia della morte del bambino, avvenuta due ore dopo l’interruzione della ventilazione artificiale. “Un bambino così bello. Ha combattuto fino alla fine“, ha detto la mare, Hollie Dance, ai cronisti fuori dall’ospedale. 

La battaglia legale persa

Archie Battersbee: staccare la spina
Un frame tratto dal profilo Facebook Hollie Dance mostra il 12 enne inglese Archie Battersbee che è in coma da mesi dopo essere stato trovato privo di conoscenza in casa il 7 aprile scorso

La famiglia del ragazzino britannico dichiarato a giugno cerebralmente morto dai medici, nelle ultime ore aveva fatto sapere di essere “distrutta” all’idea di aver esaurito tutte le vie legali per mantenere i meccanismi di respirazione assistita sul minore, ricoverato in un ospedale da quel tragico 7 aprile quando la sua mamma lo aveva trovato privo di coscienza, con un cappio al collo, nella loro casa nell’Essex. Archie è stato probabilmente vittima di una sfida online finita male. La madre, che insieme a tutti i parenti ha ingaggiato un dolorosa battaglia legale perché non venisse staccata la spina, ha dichiarato sconfitta: “Ho fatto tutto ciò che avevo promesso al mio bambino che avrei fatto”. Dopo diversi ricorsi (tutti persi) presso i tribunali britannici e l’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo, la famiglia ha tentato nei giorni scorsi (senza successo) di permettere che Archie fosse perlomeno trasferito in un hospice affinché potesse morire in una situazione serena, con l’affetto dei suoi familiari e lontano dal rumore dei macchinari per il supporto vitale a cui era attaccato all’ospedale di Londra. “Sentirò per sempre quel bip”, ha aggiunto Dance, disperata.

L’iter fino alla morte del 12enne inglese

Archie con la mamma Holly Dance
Archie con la mamma Holly Dance

Hanno chiesto l’intervento della Corte europea dei diritti umani (CEDU), ma è stato detto loro che “non rientrava nel suo campo di applicazione“. Buttersbee ha trascorso anche i suoi ultimi giorni in ospedale, dopo che l’Alta Corte ha stabilito che non poteva essere trasferito in un hospice. In un’intervista a Sky News, Hollie Dance ha dichiarato: “Nelle ultime settimane, da quel 7 aprile, non credo ci sia stato un giorno che non sia stato terribile. È stata davvero dura – ha aggiunto la mamma del bambino –. Nonostante mi sia mostrata forte e si apparsa davanti alle telecamere fino ad ora, sono devastata“. La donna ha spiegato che, secondo l’ospedale, non c’erano più opzioni perché, per i medici, il bambino era cerebralmente morto e non c’erano speranze che si risvegliasse.

La lunga battaglia legale della famiglia per continuare il trattamento si è conclusa quando la CEDU ha dichiarato che “non avrebbe interferito” con le decisioni dei tribunali britannici, aprendo la strada all’interruzione del sostegno. Niente da fare anche sul trasferimento in hospice, visto che i dottori lo ritenevano troppo instabile per essere spostato in ambulanza e che ciò avrebbe “accelerato il deterioramento prematuro”. Un portavoce del gruppo Christian Concern, che sostiene la famiglia Butterbee, ha dichiarato: “Tutte le vie legali sono state esaurite. La famiglia è distrutta e sta trascorrendo del tempo prezioso con Archie”.  Il ragazzo è stato trovato a casa privo di sensi ad aprile: ha subito lesioni cerebrali “catastrofiche” e i medici ritenevano “altamente probabile” la morte del tronco encefalico.

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Instagram

  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
L'ultimo atto è ormai compiuto. Questa mattina, sabato 6 agosto, alle 11.00 ora italiana, al Royal London Hospital era previsto che i medici staccassero i macchinari che hanno tenuto in vita per mesi Archie Buttersbee, il 12enne in coma farmacologico da aprile. Intorno alle 15 italiane è arrivata la notizia della morte del bambino, avvenuta due ore dopo l'interruzione della ventilazione artificiale. "Un bambino così bello. Ha combattuto fino alla fine", ha detto la mare, Hollie Dance, ai cronisti fuori dall'ospedale. 

La battaglia legale persa

Archie Battersbee: staccare la spina
Un frame tratto dal profilo Facebook Hollie Dance mostra il 12 enne inglese Archie Battersbee che è in coma da mesi dopo essere stato trovato privo di conoscenza in casa il 7 aprile scorso
La famiglia del ragazzino britannico dichiarato a giugno cerebralmente morto dai medici, nelle ultime ore aveva fatto sapere di essere "distrutta" all'idea di aver esaurito tutte le vie legali per mantenere i meccanismi di respirazione assistita sul minore, ricoverato in un ospedale da quel tragico 7 aprile quando la sua mamma lo aveva trovato privo di coscienza, con un cappio al collo, nella loro casa nell'Essex. Archie è stato probabilmente vittima di una sfida online finita male. La madre, che insieme a tutti i parenti ha ingaggiato un dolorosa battaglia legale perché non venisse staccata la spina, ha dichiarato sconfitta: "Ho fatto tutto ciò che avevo promesso al mio bambino che avrei fatto". Dopo diversi ricorsi (tutti persi) presso i tribunali britannici e l'intervento della Corte europea dei diritti dell'uomo, la famiglia ha tentato nei giorni scorsi (senza successo) di permettere che Archie fosse perlomeno trasferito in un hospice affinché potesse morire in una situazione serena, con l'affetto dei suoi familiari e lontano dal rumore dei macchinari per il supporto vitale a cui era attaccato all'ospedale di Londra. "Sentirò per sempre quel bip", ha aggiunto Dance, disperata.

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