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Home » Attualità » George Floyd, finalmente giustizia Condannato Derek Chauvin: oltre 22 anni per omicidio di terzo grado

George Floyd, finalmente giustizia Condannato Derek Chauvin: oltre 22 anni per omicidio di terzo grado

Inutili i disperati tentativi della difesa di ridurre la pena: "La sentenza è stata emessa dai media ancor prima che dal Tribunale. Le manifestazioni e le opinioni nei salotti tv hanno influenzato il giudice”. Confermata la linea dura

Francesco Lommi
26 Giugno 2021
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Giustizia è stata fatta. A più di un anno di distanza dall’omicidio di George Floyd, il suo carnefice, l’agente di polizia Derek Chauvin, è stato condannato a 22 anni e mezzo di carcere.

Era il 25 maggio di un anno fa. Impossibile dimenticare le terribili immagini del ginocchio di Chauvin sopra il collo di Floyd. Un’istantanea cruda che tuttavia ha aperto gli occhi al mondo su un tema per troppo tempo ignorato: gli abusi di potere degli agenti di polizia contro la comunità afroamericana e, più in generale, i diritti delle persone di colore.

Sul web, il video di George ha fatto il giro del mondo in poche ore facendolo diventare il simbolo di un nuovo movimento globale come il “Black Lives Matter”. Il 20 aprile di quest’anno, era stata emessa la prima sentenza contro Chauvin: 30 anni per omicidio non intenzionale di secondo grado. La difesa però si è appellata alla corte per cattiva condotta della giuria: “La copertura mediatica di questo caso è stata come l’esplosione di una bomba– dice Erik Nelson, avvocato dell’agente di polizia-

Inoltre Nelson, per ottenere una riduzione della pena per il suo assistito, aveva puntato il dito contro il sistema di addestramento dei poliziotti, oltre a sottolineare la condotta “impeccabile” di Chauvin prima di quel tardo pomeriggio di maggio: “La Corte dovrebbe guardare il background dell’agente e la sua mancanza di precedenti penali. Chauvin è il prodotto di un sistema difettoso. Ha commesso un errore facendo affidamento sulla propria esperienza come ufficiale di polizia e sull’addestramento che aveva ricevuto. Non c’era l’intenzione di commettere un reato”

L’agente di polizia Derek Chauvin

Ragioni che però evidentemente non hanno spostato le idee dei giudici che, a distanza di 90 giorni dal primo verdetto, hanno deciso di dare un segnale confermando una pena severa (22 anni e mezzo) per il poliziotto: “Chauvin ha abusato del potere che aveva come agente di polizia il giorno in cui ha ucciso George Floyd” sentenzia Matthew Frank, vice procuratore generale del Minnesota.

“ Se fosse stato un uomo nero a uccidere un uomo bianco non ci sarebbero stati dubbi sul tipo di verdetto che la corte avrebbe emesso”. È l’opinione di Terrence Floyd, fratello di George, che appellandosi al giudice chiedeva la massima pena per Chauvin.

I 22 anni e mezzo a Chauvin sono un segnale particolarmente importante anche per il momento in cui arrivano. Giugno è il mese del Pride, un periodo in cui aprirsi e accogliere le diversità. Da qualche anno infatti nella bandiera ufficiale LGBTQ+ sono state inserite anche strisce nere e marroni per includere la “Black community”.

La sentenza di questo caso sarà un pesante precedente per i futuri casi di abusi di poteri delle forze dell’ordine nei confronti delle persone di colore, oltre che un monito da non scordare mai: nessuna vita vale più di un’altra, siamo tutti esseri umani

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Giustizia è stata fatta. A più di un anno di distanza dall’omicidio di George Floyd, il suo carnefice, l’agente di polizia Derek Chauvin, è stato condannato a 22 anni e mezzo di carcere. Era il 25 maggio di un anno fa. Impossibile dimenticare le terribili immagini del ginocchio di Chauvin sopra il collo di Floyd. Un’istantanea cruda che tuttavia ha aperto gli occhi al mondo su un tema per troppo tempo ignorato: gli abusi di potere degli agenti di polizia contro la comunità afroamericana e, più in generale, i diritti delle persone di colore. Sul web, il video di George ha fatto il giro del mondo in poche ore facendolo diventare il simbolo di un nuovo movimento globale come il “Black Lives Matter”. Il 20 aprile di quest’anno, era stata emessa la prima sentenza contro Chauvin: 30 anni per omicidio non intenzionale di secondo grado. La difesa però si è appellata alla corte per cattiva condotta della giuria: “La copertura mediatica di questo caso è stata come l’esplosione di una bomba- dice Erik Nelson, avvocato dell’agente di polizia- Inoltre Nelson, per ottenere una riduzione della pena per il suo assistito, aveva puntato il dito contro il sistema di addestramento dei poliziotti, oltre a sottolineare la condotta “impeccabile” di Chauvin prima di quel tardo pomeriggio di maggio: “La Corte dovrebbe guardare il background dell’agente e la sua mancanza di precedenti penali. Chauvin è il prodotto di un sistema difettoso. Ha commesso un errore facendo affidamento sulla propria esperienza come ufficiale di polizia e sull’addestramento che aveva ricevuto. Non c’era l’intenzione di commettere un reato”
L'agente di polizia Derek Chauvin
Ragioni che però evidentemente non hanno spostato le idee dei giudici che, a distanza di 90 giorni dal primo verdetto, hanno deciso di dare un segnale confermando una pena severa (22 anni e mezzo) per il poliziotto: “Chauvin ha abusato del potere che aveva come agente di polizia il giorno in cui ha ucciso George Floyd” sentenzia Matthew Frank, vice procuratore generale del Minnesota. “ Se fosse stato un uomo nero a uccidere un uomo bianco non ci sarebbero stati dubbi sul tipo di verdetto che la corte avrebbe emesso”. È l’opinione di Terrence Floyd, fratello di George, che appellandosi al giudice chiedeva la massima pena per Chauvin. I 22 anni e mezzo a Chauvin sono un segnale particolarmente importante anche per il momento in cui arrivano. Giugno è il mese del Pride, un periodo in cui aprirsi e accogliere le diversità. Da qualche anno infatti nella bandiera ufficiale LGBTQ+ sono state inserite anche strisce nere e marroni per includere la “Black community”. La sentenza di questo caso sarà un pesante precedente per i futuri casi di abusi di poteri delle forze dell’ordine nei confronti delle persone di colore, oltre che un monito da non scordare mai: nessuna vita vale più di un’altra, siamo tutti esseri umani
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